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gioiafelice
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GIORNATA MONDIALE CONTRO LA PENA DI MORTE. 10 ottobre Oggigiorno la pena di morte è inammissibile, per quanto grave sia stato il delitto del condannato. È un’offesa all’inviolabilità della vita e alla …Altro
GIORNATA MONDIALE CONTRO LA PENA DI MORTE. 10 ottobre

Oggigiorno la pena di morte è inammissibile, per quanto grave sia stato il delitto del condannato. È un’offesa all’inviolabilità della vita e alla dignità della persona umana che contraddice il disegno di Dio sull’uomo e sulla società e la sua giustizia misericordiosa, e impedisce di conformarsi a qualsiasi finalità giusta delle pene. Non rende giustizia alle vittime, ma fomenta la vendetta.
Per uno Stato di diritto, la pena di morte rappresenta un fallimento, perché lo obbliga a uccidere in nome della giustizia. Dostoevskij scrisse: «Uccidere chi ha ucciso è un castigo incomparabilmente più grande del crimine stesso. L’assassinio in virtù di una sentenza è più spaventoso dell’assassinio che commette un criminale». Non si raggiungerà mai la giustizia uccidendo un essere umano.
La pena di morte perde ogni legittimità a motivo della difettosa selettività del sistema penale e di fronte alla possibilità dell’errore giudiziario. La giustizia umana è imperfetta, e il non riconoscere la sua fallibilità può trasformarla in fonte di ingiustizie. Con l’applicazione della pena capitale, si nega al condannato la possibilità della riparazione o correzione del danno causato; la possibilità della confessione, con la quale l’uomo esprime la sua conversione interiore; e della contrizione, portico del pentimento e dell’espiazione, per giungere all’incontro con l’amore misericordioso e risanatore di Dio.
La pena capitale è inoltre una pratica frequente a cui ricorrono alcuni regimi totalitari e gruppi di fanatici, per lo sterminio di dissidenti politici, di minoranze, e di ogni soggetto etichettato come «pericoloso» o che può essere percepito come una minaccia per il loro potere o per il conseguimento dei loro fini. Come nei primi secoli, anche in quello presente la Chiesa subisce l’applicazione di questa pena ai suoi nuovi martiri.
La pena di morte è contraria al significato dell’humanitas e alla misericordia divina, che devono essere modello per la giustizia degli uomini. Implica un trattamento crudele, disumano e degradante, come lo sono anche l’angoscia previa al momento dell’esecuzione e la terribile attesa tra l’emissione della sentenza e l’applicazione della pena, una «tortura» che, in nome del dovuto processo, suole durare molti anni, e che nell’anticamera della morte non poche volte porta alla malattia e alla follia.
In alcuni ambiti si dibatte sul modo di uccidere, come se si trattasse di trovare il modo di «farlo bene». Nel corso della storia, diversi meccanismi di morte sono stati difesi perché riducevano la sofferenza e l’agonia dei condannati. Ma non esiste una forma umana di uccidere un’altra persona.
Oggigiorno non solo esistono mezzi per reprimere il crimine in modo efficace senza privare definitivamente della possibilità di redimersi chi lo ha commesso (cfr. Evangelium vitae, n. 27), ma si è anche sviluppata una maggiore sensibilità morale rispetto al valore della vita umana, suscitando una crescente avversione alla pena di morte e il sostegno dell’opinione pubblica alle diverse disposizioni che mirano alla sua abolizione o alla sospensione della sua applicazione (cfr. Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n. 405).
D’altro canto, la pena dell’ergastolo, come pure quelle che per la loro durata comportano l’impossibilità per il condannato di progettare un futuro in libertà, possono essere considerate pene di morte occulte, poiché con esse non si priva il colpevole della sua libertà, ma si cerca di privarlo della speranza. Ma, sebbene il sistema penale possa prendersi il tempo dei colpevoli, non potrà mai prendersi la loro speranza.
Come ho detto nel mio discorso del 23 ottobre scorso, la pena di morte implica la negazione dell’amore per i nemici, predicata nel Vangelo. «Tutti i cristiani e gli uomini di buona volontà sono dunque chiamati oggi a lottare non solo per l’abolizione della pena di morte, legale o illegale che sia, e in tutte le sue forme, ma anche al fine di migliorare le condizioni carcerarie, nel rispetto della dignità umana delle persone private della libertà».
Cari amici, vi incoraggio a continuare con l’opera che state realizzando, poiché il mondo ha bisogno di testimoni della misericordia e della tenerezza di Dio.
Mi congedo affidandovi al Signore Gesù, che nei giorni della sua vita terrena non volle che ferissero i suoi persecutori in sua difesa, — «Rimetti la spada nel fodero» (Mt 26, 52) — fu catturato e condannato ingiustamente a morte, e s’identificò con tutti i carcerati, colpevoli o meno: «Ero carcerato e siete venuti a trovarmi» (Mt 25, 36). Lui, che di fronte alla donna adultera non s’interrogò sulla sua colpevolezza, ma invitò gli accusatori a esaminare la propria coscienza prima di lapidarla (cfr. Gv 8, 1-11), vi conceda il dono della saggezza, affinché le azioni che intraprenderete a favore dell’abolizione di questa pena crudele, siano opportune e feconde.
vatican.va/…ts/papa-francesco_20150320_lettera-pena-morte.html

L’ergastolo è una “pena di morte coperta”, per questo l’ho fatta cancellare dal Codice Penale Vaticano. L’affermazione a braccio di Papa Francesco si incastona in una intensa, particolareggiata disamina di come gli Stati tendano oggi a far rispettare la giustizia e a comminare le pene. Il Papa parla con la consueta schiettezza e non risparmia critiche a tempi come i nostri in cui, afferma, politica e media incitano spesso “alla violenza e alla vendetta pubblica e privata”, sempre alla ricerca di un capro espiatorio. Il passaggio sulla pena di morte è molto sentito. Papa Francesco ricorda che “San Giovanni Paolo II ha condannato la pena di morte”, come pure il Catechismo, non solo punta il dito contro il ricorso alla pena capitale, ma smaschera in un certo senso anche quello alle “cosiddette esecuzioni extragiudiziali o extralegali”, che lui chiama “omicidi deliberati”, commessi da pubblici ufficiali dietro il paravento dello Stato:

“Tutti i cristiani e gli uomini di buona volontà sono dunque chiamati oggi o a lottare non solo per l’abolizione della pena di morte, legale o illegale che sia, e in tutte le sue forme, ma anche al fine di migliorare le condizioni carcerarie, nel rispetto della dignità umana delle persone private della libertà. E questo, anche, io lo collego con l’ergastolo. In Vaticano, poco tempo fa, nel Codice penale del Vaticano, non c’è più, l’ergastolo. L’ergastolo è una pena di morte coperta”.

it.radiovaticana.va/…/1109274