Le sette sante parole di Nostro Signore Gesù Cristo sulla croce - “Dio mio, Dio mio, perché mi avete abbandonato?”

LA QUARTA PAROLA.

“Dio mio, Dio mio, perché mi avete abbandonato?”

Dopo di avere il Salvatore soddisfatto a tutte le, più attente sollecitudini del Redentore del mondo, domandato già perdono per i peccatori, ed eletta Madre universale di tutti Maria sua Madre, cominciarono nell’ intimo dell’ anima sua santissima a farsi più vive le pene e gli sconforti più intensi. Esausto già, e consumato per le perdite del sangue, principiano i deliqui e le agonie della morte: più avvalorata la sua fantasia gli avviva la memoria delle ingratitudini degli uomini; se gli rappresentano da una parte le ingiurie gravissime dei malvagi, le tiepidità e le debolezze dei buoni; e dall’altra parte vede intuitivamente l’amore infinito del Padre verso degli uomini, la ribelle ostinazione degli empi, la dimenticanza di finezze sì grandi, lo sprezzo della SS. sua passione, i pochi a profittare della sua croce e della sua morte, gli innumerevoli che si sarebbero dannati, il dolore della sua Madre Santissima, la timidità dei suoi mesti Discepoli, le atroci persecuzioni della sua sposa, la Chiesa: e aggiunti tutti questi motivi a’ suoi tormenti e dolori, con la testa trafitta da una corona di spine, colle tempie penetrate da quelle punte acutissime, con gli occhi ingombrati dal polverio e dal sangue, e con le spalle squarciate, col petto oppresso, con le mani e i piedi traforati, (oh Gesù mio infinito nei dolori, come immenso nella pazienza!) in questo stato domandò al Padre la salvezza di tutto il mondo: ed al vedere che il suo sangue e la sua morte sarebbero stati infruttuosi in anime senza numero, che per colpe loro si sarebbero perdute, cominciò con questo maggior tormento ad agonizzare nell’anima: ed un sì profondo cordoglio più gli si accrebbe, quando vide che il Padre Lo lasciava patire senza conforto, tanti tormenti nel corpo, tanti affanni nell’anima; ed al vedersi abbandonato così fin dall’eterno suo Padre (così meritando i peccati che caricavano la sua croce), per tanto sensibile ed amaro abbandonamento cadde in tanta angustia e travaglio che prorompendo in un tristo e doloroso gemito, se ne lagnò coll’eterno Padre, dicendo; “Dio mio, Dio mio, perché mi avete abbandonato?” O amabilissimo mio Gesù! la cagione, o Signore, del vostro abbandono furono i miei peccati. Ah, Anima traviata! guarda all’orrendo abbandono che soffre il Figlio di Dio per il tuo traviamento: trema pure che Iddio pure non abbandoni te: trema che abbandonato da Dio, non avrai a chi voltar 1’occhio. – E perché dunque, o Anima, ti vuoi perdere? “Ut quid?” Rispondi a Gesù, che agonizzando, te ancora interroga da quella croce: perché vorrai rendere infruttuoso il mio sangue e la mia redenzione? Perché vorrai tu dannarti? “Ut quid?” Per cose della terra tanto vili? Per qualche piacere tanto sozzo? Per qualche interesse tanto caduco che svanisce nell’aria e sgraziatamente finisce? “Ut quid?” Su via rispondi, o Anima, sciolta in dolore ed in pianto. Ah Gesù mio! “Ut quid?” E perché m’avrò io da perdere, o Signore, stando voi in codesta Croce per me? Perché m’avrò io a dannare, spargendo per me cotesto preziosissimo Sangue ? Perché avrò io da mandarlo a male? No, Salvator mio, non sarà così; lo dicano questi miei occhi: il mio dolore e il mio pentimento lo dica: non mi abbandonate, o Gesù mio, pel santissimo vostro abbandono.