Francesco I
2,4K

Lettera aperta a Mons. Carlo Maria Viganò

di Don Francesco Cupello

Eccellenza Reverendissima,

non conoscendo il Suo recapito, sono costretto a scriverLe con una Lettera aperta, per sottoporLe alcuni angosciosi quesiti, che mi turbano alquanto da quando ho letto il testo di una intervista da Lei rilasciata al Washington Post, ove Ella, sulla spinosa questione delle colpevoli coperture, da parte di alcuni Vescovi, dei crimini di abusi sessuali su minori perpetrati da esponenti del clero, ha dichiarato che «quando è divenuto chiaro che il successore di Pietro stesso era uno di quelli che coprivano i crimini, non avevo dubbi che il Signore mi chiamava a parlare, come ho fatto e continuerò a fare».
E ha ancora detto: «Lo ripeto ora con fermezza davanti a Dio: Papa Francesco ha saputo di Mc Carrick da me domenica 23 giugno 2013… dopo che lo stesso Papa, di propria iniziativa, mi ha chiesto di lui».

Eccellenza, il Suo è quasi un solenne giuramento, perché apertis verbis Lei dichiara di muovere i Suoi addebiti a Papa Francesco DAVANTI A DIO e di non aver dubbi che IL SIGNORE LO ABBIA CHIAMATO A PARLARE.

Ora, data l’estrema gravità delle Sue affermazioni, non avendo il Papa dato alcuna risposta, delle due l’una:

1) o il Papa è completamente all’oscuro del Suo “giuramento”, e quindi, per quanto ciò sia altamente improbabile, Lei si dovrebbe sentire costretto a far di tutto perché il Papa ne sia informato;
2) o Bergoglio, pur avendo letto la Sua intervista, mette del tutto in non cale il “giuramento” di un Vescovo, che dichiara di dire la verità davanti a Dio, il che è inaudito e causa di grave scandalo.

Infatti nel primo caso, per quanto assai improbabile e poco attendibile, conoscendo Ella bene (come vescovo, come ex Nunzio, come persona molto addentro nell’ambiente vaticano e nei meccanismi della Curia) i canali per far giungere al Papa le sue gravi accuse, dovrebbe sentirsi obbligato ad attivarsi per rendere il Papa edotto su tutta la scabrosa vicenda.

Nel secondo caso, sia per il grave scandalo causato, sia soprattutto per il fatto che la cosa potrebbe essere interpretata, a ragion di logica, come una accusa alla Sua persona da parte del Papa di essere uno “spergiuro”, Le incorrerebbe l’obbligo di respingere tale infamante accusa e, per conseguenza, a tutela della Sua dignità e del Suo buon nome, di esigere dal Papa un pubblico e chiaro pronunciamento sull’incresciosa vicenda volto a fugare una volta per tutte i sospetti, gli equivoci e le perplessità.

Abbiamo o no tutti il diritto di sapere come stanno esattamente le cose? Il Papa sa o non sa delle Sue gravi denunce? E se sa, non è scandaloso che Lui ignori che Lei ha dichiarato di aver formulato le sue accuse davanti a Dio, anzi di essere stato addirittura chiamato dal Signore a parlare, e quindi di avere in pratica giurato di dire soltanto la verità? E davanti a un giuramento in materia così grave, il silenzio dell’accusato non corrisponde a un’accusa di spergiuro verso l’accusatore?
E se Lei, Eccellenza, di fronte a tale accusa tace, non può significare una ammissione di essersi ingannato? E se lo ammette, non dovrebbe pubblicamente ritirare le Sue accuse? E se invece le ribadisce, non dovrebbe insistere nella Sua denuncia, affinché sia fatta piena chiarezza su tutta la vicenda?
In questo impasse chi tace commette un grave errore: sbaglierebbe il Papa, perché il suo silenzio equivarrebbe a un’accusa di spergiuro nei Suoi confronti; sbaglierebbe Lei, Eccellenza, perché tacendo avallerebbe tale accusa, il che sarebbe di grave scandalo.

Eccellenza, non ci lasci nel dubbio e nello smarrimento, rinunciando a continuare a chiedere al Papa, nelle modalità più opportune, a rispondere con la massima chiarezza alle Sue accuse, affinché sia fugato ogni sospetto e nessuno sia indotto a pensare che Egli non risponde perché non sa come rispondere, macchiando indelebilmente il suo Pontificato.

La ringrazio fin d'ora, esprimendoLe i sensi del mio più religioso ossequio.

Don Francesco Cupello

25 giugno 2019

unavox.it