Francesco I
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CEI, ASSEMBLEA, NUOVA PRESIDENZA. PERCHÈ MONS. GALANTINO PREFERIREBBE MONS. MARIO MEINI.

Marco Tosatti

www.youtube.com/watchPorque esta vez no se trata de cambiar a un presidente…
recitava una canzone della mia lontana gioventù che Luis Badilla, grande architetto del sito paravaticano di diffusione di notizie ad usum delphini “Il Sismografo” conosce bene. Parliamo della Presidenza della Cei, e dell’Assemblea che si apre oggi.
Il Presidente uscente, Angelo Bagnasco, non riproporrà la sua candidatura (potrebbe farlo in via eccezionale, avendo già svolto due mandati). I vescovi saranno chiamati a votare una terna di candidati, fra cui il Pontefice regnante sceglierà.

Il presidente, per Statuto, deve essere un vescovo diocesano ordinario, cioè avere la responsabilità di una diocesi.

E questo esclude immediatamente l’attuale segretario della Cei, Nunzio Galantino, che avrebbe, qualche tempo fa declinato l’offerta di una importante diocesi meridionale. Certo, questo gli avrebbe permesso di correre per la posta più ambita, e il suo nome era corso con frequenza. Ma lo esponeva anche al rischio di non ricevere abbastanza voti da entrare nella terna; a quanto sembra anche nel suo campo politico i pareri su di lui sono variegati. Se avesse corso per la presidenza, e si fosse trovato fuori della terna, non gli sarebbe rimasto altro che la sua diocesi. Niente più Avvenire, televisione cattolica, contatti politici, scelta dei nuovi vescovi. Troppo rischioso.

Però anche la scelta di restare a fare il Grande Burattinaio presenta dei rischi. Si parla di possibili presidenti. Uno è Gualtiero Bassetti, vescovo di Perugia, ex vice presidente per il Centro Italia. Il Pontefice lo stima, l’ha fatto cardinale, gli ha affidato le meditazioni della Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo del 2016. Ma Bassetti ha già compiuto 75 anni, è in “prorogatio” – annunciata ufficialmente, però, e questo potrebbe essere un segnale – e finirebbe a 80 anno compiuti la sua presidenza.

Ci sono altri due nomi in posizione eccellente. Il primo è quello di Franco Giulio Brambilla, ordinario a Novara, teologo ed ex ausilare di Tettamanzi a Milano, un dei vescovi più progressisti del Paese. E poi c’è Mario Meini, vescovo di Fiesole, e vicepresidente Cei per l’Italia centrale. E’ un uomo mite, che non ama la prima fila, ed è il candidato di mons. Galantino, che lo vede come la persona ideale per quel ruolo. Con Meini presidente, il potere reale – è l’ipotesi – resterebbe saldamente nelle mani dell’attuale segretario generale. Poco cambierebbe rispetto ad ora. Business as usual.

Il che difficilmente accadrebbe invece se Franco Giulio Brambilla risultasse il candidato prescelto nella terna e dal Pontefice. Mons. Brambilla è un uomo deciso e volitivo. La sua elezione porterebbe a equilibri ben diversi a circonvallazione Aurelia.

L’altro candidato eccellente è l’arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori. È una figura storica di riferimento nell’episcopato italiano.
E il Pontefice che cosa vuole? Qualche tempo, quando qualcuno ha toccato con lui questo tema, mi dicono abbia risposto di volere che il nuovo presidente fosse “avanzato, avanzato, avanzato”. Traducendo: progressista. Non un uomo santo; un uomo avanzato.

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