A proposito di Paolo VI - Danilo Quinto - 8 ottobre 2018

Paolo VI, beatificato il giorno dopo la conclusione della prima sessione del Sinodo sulla famiglia, il 19 ottobre 2014. Sarà proclamato santo il prossimo 14 ottobre. Il 27 aprile 2014 sono stati canonizzati Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. La Chiesa del Concilio Vaticano II conquista, con Bergoglio, tutto il campo.
Papa Montini è protagonista della fase finale della vicenda conciliare. Egli stesso percepisce quello che si va a compiere. Dichiara il 7 dicembre 1968: «La Chiesa si trova in un’ora di inquietudine, di autocritica, si direbbe di autodistruzione (…). Come se la Chiesa percuotesse se stessa». L’anno dopo, aggiunge: «In numerosi campi, il Concilio non ci ha dato finora la tranquillità, ma ha piuttosto suscitato dei turbamenti e dei problemi non utili al rinforzarsi del Regno di Dio nella Chiesa e nelle anime». Fino a dire, il 29 giugno 1972, nell’Omelia in occasione del X anniversario della sua incoronazione: «Da qualche fessura è entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio. C’è il dubbio, l’incertezza, la problematica, l’inquietudine, l’insoddisfazione, il confronto. Non ci si fida più della Chiesa; ci si fida del primo profeta profano che viene a parlarci da qualche giornale o da qualche moto sociale per rincorrerlo e chiedere a lui se ha la formula della vera vita. E non avvertiamo di esserne invece già noi padroni e maestri. È entrato il dubbio nelle nostre coscienze, ed è entrato per finestre che invece dovevano essere aperte alla luce. Dalla scienza, che è fatta per darci delle verità che non distaccano da Dio ma ce lo fanno cercare ancora di più e celebrare con maggiore intensità, è venuta invece la critica, è venuto il dubbio. Gli scienziati sono coloro che più pensosamente e più dolorosamente curvano la fronte. E finiscono per insegnare: “Non so, non sappiamo, non possiamo sapere”. La scuola diventa palestra di confusione e di contraddizioni talvolta assurde. Si celebra il progresso per poterlo poi demolire con le rivoluzioni più strane e più radicali, per negare tutto ciò che si è conquistato, per ritornare primitivi dopo aver tanto esaltato i progressi del mondo moderno. Anche nella Chiesa regna questo stato di incertezza. Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. È venuta invece una giornata di nuvole, di tempesta, di buio, di ricerca, di incertezza. Predichiamo l’ecumenismo e ci distacchiamo sempre di più dagli altri. Cerchiamo di scavare abissi invece di colmarli».

Restano, purtroppo, le responsabilità di questo pontefice, che non intervenne per impedire il processo di auto-distruzione che era stato messo in atto. Le descrive il sacerdote anti-massonico e anti-modernista Luigi Villa, uomo di Dio, coraggioso e libero (“Paolo VI beato?”, Editrice Civiltà, Brescia, 1998; “Paolo VI: processo a un papa”, Editrice Civiltà, Brescia, 1999; “La ‘nuova Chiesa’ di Paolo VI”, Editrice Civiltà, Brescia, 2003): «Ci si trova di fronte a un “nuovo cristianesimo”, quello di Paolo VI, che si è sforzato di rendere il cristianesimo più “presente”, più interessante all’uomo d’oggi. Ma la sua fu una strada sbagliata. La Religione fondata da Nostro Signore Gesù Cristo è essenzialmente soprannaturale. Secondo la sapienza umana, però, i Suoi insegnamenti, trasmessi a noi dai Santi Vangeli, sono assolutamente incomprensibili e inaccettabili. Un Dio che si fa “Uomo”, che si lascia insultare, disprezzare fino alla ignominia della Croce!… un Maestro che beatifica il sacrificio e la sofferenza e predica l’annientamento del proprio io, non è certo amato dal mondo per questa sua dottrina, ma Lo è solo con la Fede, con una visuale, cioè, soprannaturale, che sorpassa completamente la visione umana delle cose. Paolo VI e il Vaticano II, invece, hanno spinto le cose in modo che, a poco a poco, quasi è scomparso Dio per lasciare il posto all’uomo. In questo quadro, il cristianesimo si è fatto “religione dell’uomo”, e benchè il nome di Dio resti e la “religione” venga ancora detta “cristiana”, praticamente, però, è nutrita solo del secondo Comandamento, impregnata di “vogliamoci bene!”, di “basta guerre di religione”, di “via ogni barriera che ci separa”… per abbracciare solo quelle cose che ci possono unire. Ma questo è in opposizione radicale col Vangelo, che insegna il “primato di Dio” e del Suo Amore. Quindi, se dobbiamo anche amare e servire il prossimo, lo dobbiamo fare perché Dio-Padre lo ama nella persona di Suo Figlio Gesù Cristo, per cui senza l’amore di Dio, anche l’amore dell’uomo non ha più senso alcuno! Certo, Paolo VI non poteva negare apertamente questa verità dogmatica, ma è arrivato, però, fino a dire che l’amore è “dovuto a ogni uomo per la sua qualità d’uomo” (Messaggio per la Giornata della Pace, 14 novembre 1970”)».

Di pace, Paolo VI parla alle Nazioni Unite (4 ottobre 1965): «Quanto di più bello c’è nell’Organizzazione delle Nazioni Unite è il suo volto umano più autentico. È l’ideale segnato dall’umanità nel suo pellegrinaggio attraverso il tempo; è la più grande speranza del mondo. Noi osiamo dire: è il riflesso del disegno di Dio - disegno trascendente e pieno d’amore - per il progresso della società umana sulla terra, riflesso ove Noi vediamo il Messaggio evangelico, da celeste, farsi terrestre».

Giovanni XXIII, con la “Pacem in Terris”(11 aprile 1963), aveva prefigurato un “governo mondiale”. Qui, Paolo VI va oltre: le sue parole si richiamano alla trascendenza. «La Chiesa ancella dell’umanità»: così “L’Osservatore Romano” intitola il discorso che Bergoglio tiene a Brescia il 21 giugno 2013. Dice: «Nell’ultima Sessione del Vaticano II, Paolo VI pronunciò un discorso che a rileggerlo colpisce ogni volta. In particolare là dove parla dell’attenzione del Concilio per l’uomo contemporaneo. E disse così: “L’umanesimo laico profano alla fine è apparso nella sua terribile statura ed ha, in un certo senso, sfidato il Concilio. La religione del Dio che si è fatto Uomo s’è incontrata con la religione dell’uomo che si fa Dio. Che cosa è avvenuto? Uno scontro, una lotta, un anatema? Poteva essere, ma non è avvenuto. L’antica storia del Samaritano è stata il paradigma della spiritualità del Concilio. Una simpatia immensa lo ha tutto pervaso. La scoperta dei bisogni umani (…). Dategli merito di questo almeno, voi umanisti moderni, rinunciatari alla trascendenza delle cose supreme, e riconoscerete il nostro nuovo umanesimo: anche noi, noi più di tutti, siamo i cultori dell’uomo” (Omelia 7 dicembre 1965). E con uno sguardo globale al lavoro del Concilio, osservava: ”Tutta questa ricchezza dottrinale è rivolta in un’unica direzione: servire l’uomo. L’uomo, diciamo, in ogni sua condizione, in ogni sua infermità, in ogni sua necessità. La Chiesa si è quasi dichiarata l’ancella dell’umanità”».

Bergoglio fa proprie queste parole e commenta: «Noi in questo tempo possiamo dire le stesse cose di Paolo VI: la Chiesa è l'ancella dell'uomo, la Chiesa crede in Cristo che è venuto nella carne e perciò serve l'uomo, ama l'uomo, crede nell'uomo. Questa è l'ispirazione del grande Paolo VI. Cari amici, ritrovarci nel nome del Venerabile Servo di Dio Paolo VI ci fa bene!».

Paolo VI, oltre a rifiutarsi di consacrare la Russia, nelle forme chieste dalla Madonna a Fatima - il papa insieme a tutti i vescovi - e a divulgare il terzo segreto, seguendo la decisione del suo predecessore - negò a suor Lucia dos Santos il colloquio che gli aveva chiesto, come racconta il libro del Carmelo di Coimbra (“Un cammino sotto lo sguardo di Maria - Biografia di Suor Lucia di Gesù e del Cuore Immacolato di Maria”, Edizioni OCD, 201450]. Accade il 13 maggio 1967: «Al termine della celebrazione eucaristica qualcuno invitò la pastorella ad avvicinarsi al Santo Padre, che le protese le braccia dicendo in italiano: “Vieni figliola mia, vieni”. Suor Lucia, con grande emozione baciò la scarpetta del Santo Padre e poi l’anello. Sua Santità disse che aveva ricevuto la sua lettera di aprile e senza ulteriori spiegazioni le disse di parlare con il suo vescovo dell’argomento trattato e di obbedirgli. Quando chiese di parlargli in privato udì solo un “no” che non ammetteva repliche. Di fianco a lui si trovava il vescovo di Leiria, che pensando che suor Lucia non avesse compreso le parole del Santo Padre, le disse: “Il Santo Padre dice di dire a me quello che vuole dire a Sua Santità e io glielo trasmetto”. Al che, il Santo Padre ribattè: “Proprio così”».

La Chiesa “Ancilla hominis” poteva ascoltare colei che era custode delle parole della Vergine - Madre della Chiesa - che si era dichiarata “Ancilla Domini”? Paolo VI dichiara la sua missione in maniera esplicita (Discorso nella grotta di Betlemme, 6 gennaio 1964): «Noi guardiamo al mondo con immensa simpatia. E se anche il mondo si sente estraneo al cristianesimo, se non guarda a noi, noi continuiamo ad amarlo perché il cristianesimo non può sentirsi estraneo al mondo».

Durante l’Omelia conclusiva del Concilio, pronunciata il 7 dicembre 1965, dice: «La religione cattolica e la vita umana riaffermano così le loro alleanze, la loro convergenza in una sola umana realtà: la religione cattolica è per l’umanità: in un certo senso, essa è la vita dell’umanità (…). L’umanesimo laico profano alla fine è apparso nella terribile statura ed ha, in un certo senso, sfidato il Concilio. La religione del Dio che si è fatto Uomo s’è incontrata con la religione (perché tale è) dell’uomo che si è fatto Dio. Che cosa è avvenuto? Uno scontro, una lotta, un anatema? Poteva essere ma non è avvenuto. L’antica storia del Samaritano è stata il paradigma della spiritualità del Concilio. Una simpatia immensa lo ha tutto pervaso».

Scrive Romano Amerio (“Iota unum. Studio delle variazioni della Chiesa cattolica nel secolo XX”, terza edizione, Riccardo Ricciardi Editore, Milano, 1989): «Come Pio X, citando san Paolo (Seconda Lettera di san Paolo ai Tessalonicesi, 2, 4), vedeva l’uomo farsi Dio e pretendeva l’adorazione, così Paolo VI dice espressamente che “la religione del Dio che si è fatto uomo si è incontrata con la religione (perché tale è) dell’uomo che si è fatto Dio”. E tuttavia egli, trapassando il carattere principale dell’affrontamento, pensa che, grazie al Concilio, l’affrontamento abbia prodotto non un urto, non una lotta, non un anatema, ma una simpatia immensa, un’attenzione nuova della Chiesa ai bisogni dell’uomo».

Sono certo che Dio non potrà permettere la santificazione di Paolo Vi senza far avvertire la Sua presenza. Prepariamoci a ricevere il Suo castigo.