Don Minutella, un "neo-Savonarola"? Leggendo la storia del frate domenicano le somiglianze non sono poche...
Savonarola nacque a Ferrara nel 1452, entrando nei domenicani, e stabilendosi a Firenze nel convento di san Marco: in questo periodo di corruzione filo-umanistica incomincia una forte predicazione per la riforma dei costumi ma anche della Chiesa. Secondo Savonarola la riforma sarebbe partita da Firenze - in particolare dal rigido convento riformato di san Marco - per arrivare a Roma. In effetti la predicazione di Savonarola non solo riempì il convento domenicano riformato (da 50 frati a 238 in pochi anni) ma attirò molti fiorentini: egli stesso diceva di aver avuto rivelazioni e profezie su catastrofi che si sarebbero avute come punizioni di Dio. Dopo la morte di Lorenzo il Magnifico, la discesa di Carlo VIII dalla Francia nel 1494, è presa come un segno dai fiorentini: la penisola italiana divisa in molti principati rissosi tra loro finì nelle mani dei francesi, in quanto Carlo VIII fu invitato da Ludovico il Moro, duca di Milano, a scendere in Italia. In Carlo VIII Savonarola vide il segno della punizione divina. I fiorentiniribaltarono il regime mediceo e, seguendo lo stesso Savonarola, instaurarono una repubblica e trattarono con Carlo VIII: Savonarola fu mandato come ambasciatore a Carlo VIII perché fosse indulgente con i fiorentini.
Due aspetti che lasciano perplessi di Savonarola sono sia le sue pretese mistiche e profetiche (o pseudo tali) e l’aspetto troppo politico della sua riforma. Firenze sotto la guida del Savonarola si trasforma in una sorta di teocrazia in cui ci sono esagerazioni ascetiche: questo stato spaccò in due la città tra “piagnoni”, seguaci di Savonarola, e “arrabbiati”, suoi oppositori. Era una contesa anche interna all’ordine: mentre il convento di san Marco era a favore dei piagnoni, dall’altra parte quello di santa Maria Novella era avverso, tanto da chiamare un certo padre Domenico di Pinzo da Milano per opporsi dalla predicazione di Savonarola, tacciato di essere un falso profeta. Anche Ludovico il Moro che aveva favorito la predicazione di Savonarola e la discesa di Carlo VIII in Italia in funzione anti.medicea, incomincia a opporsi a Savonarola e scrive al papa perché fermi Savonarola. Alessandro VI scrisse al domenicano, congratulandosi per i buoni esiti della sua predicazione e riforma, ma invitandolo a scendere a Roma per avere più lumi sulle sue presunte visioni: Savonarola si rifiutò di andare a Roma e pubblicò un opuscolo con tutte le sue rivelazioni.
Il papa a questo punto pose il convento riformato sotto diretta dipendenza della provincia lombarda dei predicatori, chiedendo a Savonarola di astenersi dal predicare: i toni del papa furono molto concilianti nonostante le continue disobbedienze, e lo stesso papa lo scusò dal non potersi recare a Roma. Tuttavia Savonarola, dopo un po’ di silenzio, tornò a predicare e a questo punto Alessandro VI convocò un’assemblea di 14 teologi domenicani che sancirono la disobbedienza di Savonarola quasi all’unanimità. Il Papa riorganizzò le province domenicane e il convento di san Marco, il che comportò anche la perdita da parte del frate ferrarese del titolo di vicario generale: anche a questo Savonarola si oppose, dicendo che non poteva opporsi al parere di oltre 200 frati che non volevano unirsi. Savonarola anzi innalzò i toni della sua predicazione, fino ad aperti insulti allo stesso papa, il che gli comportò una scomunica non come eretico ma come ribelle e disobbediente. A questo punto il Papa domandò alla città di Firenze di fermare il frate e impedirgli di predicare, il che fu accettato dalla fazione degli arrabbiati, ma Savonarola scrisse a molti sovrani europei per legarsi in un’alleanza contro il Papa. I francescani sfidarono Savonarola ad un’ordalia, ed egli accettò nominando fra Domenico come suo campione: questi pretendeva di passare tra il fuoco solo con un’ostia consacrata, ma i francescani si opposero a ciò, considerandola un sacrilegio. D’altra parte il francescano pretendeva che fosse prima il domenicano a entrare nel fuoco, ma questi a loro volta rifiutò di entrarvi senza l’ostia.
Così la Signoria dovette sciogliere l’enorme assemblea convenuta, il che comportò però un certo crollo della popolarità di Savonarola presso la folla. A questo punto si aprì un processo contro Savonarola: il papa aveva chiesto che fosse consegnato a lui, ma il processo fu condotto dalla stessa Signoria di Firenze. Durante il processo, sotto tortura, Savonarola confessò che le sue profezie erano false e così fu condannato al rogo. Le vicende di Savonarola dimostrano che sicuramente sulla sua condanna pesarono molto delle condizioni politiche e fu sostanzialmente ingiusto, ma ciò non giustifica l’attuale processo di canonizzazione: l’ansia riformatrice di Savonarola, autentica, si espresse anche come forma di aperta ribellione a ordini legittimi di un Papa (certo immorale ma anche dotato di un certo equilibrio di governo) oltre ad attitudini pseudo-profetiche. Le invettive contro Roma furono troppo forti e arrivarono ad accusare Alessandro VI di essere un antipapa, ad appellarsi al concilio contro il Papa, ecc.
CONSIDERAZIONE PERSONALE
Mi sembra che tra Savonarola e don Minutella si possono stabilire diverse analogie e somiglianze; il sacerdote palermitano è a tutti noto, per cui un confronto tra le vicende che lo riguardanocon e quanto riportato sopra dovrebbe risultare abbastanza agevole.
In ogni caso l'accostamento offre materia di riflessione. I due consacrati sembrano accomunati, tra le altre cose, anche da un giudizio controverso (sentore in ogni caso di un segno profondo da loro lasciato) che vede una marcata divisione tra sostenitori e non sostenitori; come nel caso di Savonarola così anche per quello di don Minutella i critici vanno aumentando, almeno dopo le ultime dichiarazioni e prese di posizione.
Una cosa che più delle altre fa riflettere è, a mio avviso, quanto l'ansia di rinnovamento e il coraggio di sferzare il male nella Chiesa da sole non bastino a raddrizzare le situazioni e a evitare che si possa finire per prendere delle direzioni problematiche ed erronee, come anche il caso Savonarola dimostra.
Liberi tutti di formularsi ciascuno il proprio giudizio (si ricordi però che vanno poi assunte anche le conseguenze di ciò): personalmente penso che vi siano diverse tendenze di don Minutella che sono state precorse dal frate domenicano del XV sec. che si rivelano sbagliate, pericolose e dannose, come per es.:
- l'accessivo accentramento e protagonismo;
- l'auto-approvazione delle proprie presunte rivelazioni di cui presuntamente si sarebbe favoriti senza volerle sottomettere al vaglio dell'Autorità che legittimamente ne domanda conto fino a fare di esse il baluardo di nuove direzioni da prendere, sia personalmente che come indicazione per gli altri;
- la presunzione di auto-gestirsi e auto-governarsi che non può essere legittimata neppure dalla situazione di apostasia nella Chiesa altrimenti si finisce almeno implicitamente per scadere nei medesimi errori di chi nel passato contrapponeva una "ecclesia spiritualis" a quella gerarchica (Wyclif, Hus, Lutero, ecc.);
ecc.
Se è vero che "historia docet", l'aforsima potrebbe valere anche per questo caso particolare...
Due aspetti che lasciano perplessi di Savonarola sono sia le sue pretese mistiche e profetiche (o pseudo tali) e l’aspetto troppo politico della sua riforma. Firenze sotto la guida del Savonarola si trasforma in una sorta di teocrazia in cui ci sono esagerazioni ascetiche: questo stato spaccò in due la città tra “piagnoni”, seguaci di Savonarola, e “arrabbiati”, suoi oppositori. Era una contesa anche interna all’ordine: mentre il convento di san Marco era a favore dei piagnoni, dall’altra parte quello di santa Maria Novella era avverso, tanto da chiamare un certo padre Domenico di Pinzo da Milano per opporsi dalla predicazione di Savonarola, tacciato di essere un falso profeta. Anche Ludovico il Moro che aveva favorito la predicazione di Savonarola e la discesa di Carlo VIII in Italia in funzione anti.medicea, incomincia a opporsi a Savonarola e scrive al papa perché fermi Savonarola. Alessandro VI scrisse al domenicano, congratulandosi per i buoni esiti della sua predicazione e riforma, ma invitandolo a scendere a Roma per avere più lumi sulle sue presunte visioni: Savonarola si rifiutò di andare a Roma e pubblicò un opuscolo con tutte le sue rivelazioni.
Il papa a questo punto pose il convento riformato sotto diretta dipendenza della provincia lombarda dei predicatori, chiedendo a Savonarola di astenersi dal predicare: i toni del papa furono molto concilianti nonostante le continue disobbedienze, e lo stesso papa lo scusò dal non potersi recare a Roma. Tuttavia Savonarola, dopo un po’ di silenzio, tornò a predicare e a questo punto Alessandro VI convocò un’assemblea di 14 teologi domenicani che sancirono la disobbedienza di Savonarola quasi all’unanimità. Il Papa riorganizzò le province domenicane e il convento di san Marco, il che comportò anche la perdita da parte del frate ferrarese del titolo di vicario generale: anche a questo Savonarola si oppose, dicendo che non poteva opporsi al parere di oltre 200 frati che non volevano unirsi. Savonarola anzi innalzò i toni della sua predicazione, fino ad aperti insulti allo stesso papa, il che gli comportò una scomunica non come eretico ma come ribelle e disobbediente. A questo punto il Papa domandò alla città di Firenze di fermare il frate e impedirgli di predicare, il che fu accettato dalla fazione degli arrabbiati, ma Savonarola scrisse a molti sovrani europei per legarsi in un’alleanza contro il Papa. I francescani sfidarono Savonarola ad un’ordalia, ed egli accettò nominando fra Domenico come suo campione: questi pretendeva di passare tra il fuoco solo con un’ostia consacrata, ma i francescani si opposero a ciò, considerandola un sacrilegio. D’altra parte il francescano pretendeva che fosse prima il domenicano a entrare nel fuoco, ma questi a loro volta rifiutò di entrarvi senza l’ostia.
Così la Signoria dovette sciogliere l’enorme assemblea convenuta, il che comportò però un certo crollo della popolarità di Savonarola presso la folla. A questo punto si aprì un processo contro Savonarola: il papa aveva chiesto che fosse consegnato a lui, ma il processo fu condotto dalla stessa Signoria di Firenze. Durante il processo, sotto tortura, Savonarola confessò che le sue profezie erano false e così fu condannato al rogo. Le vicende di Savonarola dimostrano che sicuramente sulla sua condanna pesarono molto delle condizioni politiche e fu sostanzialmente ingiusto, ma ciò non giustifica l’attuale processo di canonizzazione: l’ansia riformatrice di Savonarola, autentica, si espresse anche come forma di aperta ribellione a ordini legittimi di un Papa (certo immorale ma anche dotato di un certo equilibrio di governo) oltre ad attitudini pseudo-profetiche. Le invettive contro Roma furono troppo forti e arrivarono ad accusare Alessandro VI di essere un antipapa, ad appellarsi al concilio contro il Papa, ecc.
CONSIDERAZIONE PERSONALE
Mi sembra che tra Savonarola e don Minutella si possono stabilire diverse analogie e somiglianze; il sacerdote palermitano è a tutti noto, per cui un confronto tra le vicende che lo riguardanocon e quanto riportato sopra dovrebbe risultare abbastanza agevole.
In ogni caso l'accostamento offre materia di riflessione. I due consacrati sembrano accomunati, tra le altre cose, anche da un giudizio controverso (sentore in ogni caso di un segno profondo da loro lasciato) che vede una marcata divisione tra sostenitori e non sostenitori; come nel caso di Savonarola così anche per quello di don Minutella i critici vanno aumentando, almeno dopo le ultime dichiarazioni e prese di posizione.
Una cosa che più delle altre fa riflettere è, a mio avviso, quanto l'ansia di rinnovamento e il coraggio di sferzare il male nella Chiesa da sole non bastino a raddrizzare le situazioni e a evitare che si possa finire per prendere delle direzioni problematiche ed erronee, come anche il caso Savonarola dimostra.
Liberi tutti di formularsi ciascuno il proprio giudizio (si ricordi però che vanno poi assunte anche le conseguenze di ciò): personalmente penso che vi siano diverse tendenze di don Minutella che sono state precorse dal frate domenicano del XV sec. che si rivelano sbagliate, pericolose e dannose, come per es.:
- l'accessivo accentramento e protagonismo;
- l'auto-approvazione delle proprie presunte rivelazioni di cui presuntamente si sarebbe favoriti senza volerle sottomettere al vaglio dell'Autorità che legittimamente ne domanda conto fino a fare di esse il baluardo di nuove direzioni da prendere, sia personalmente che come indicazione per gli altri;
- la presunzione di auto-gestirsi e auto-governarsi che non può essere legittimata neppure dalla situazione di apostasia nella Chiesa altrimenti si finisce almeno implicitamente per scadere nei medesimi errori di chi nel passato contrapponeva una "ecclesia spiritualis" a quella gerarchica (Wyclif, Hus, Lutero, ecc.);
ecc.
Se è vero che "historia docet", l'aforsima potrebbe valere anche per questo caso particolare...