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La passione di Gesù vista da alcuni mistici

S. GERTRUDE DI HEFTA
"Verso l'ora terza il Signore Gesù le apparve com'era quando venne legato alla colonna per essere flagellato, in mezzo a due aguzzini di cui uno lo colpiva con due rami spinosi e l'altro con due nodosi flagelli. Tutti e due lo colpivano sul viso, così che il suo santo volto ne era talmente sfigurato da spezzarle il cuore […] Nessuno mai, essa [Gertrude] pensava, era stato ridotto al deplorevole stato nel quale il Signore le appariva in quel momento. La parte infatti del volto che era colpita dalle spine era talmente lacerata che l'occhio stesso appariva ferito ed aperto, mentre l'altra parte era livida e gonfia per i colpi del flagello. Nell'eccesso del dolore il Signore rivolgeva il viso; ma non si sottraeva così ad uno dei carnefici se non per essere colpito più crudelmente dall'altro.
Volgendosi allora verso di lei, il Signore le disse: "Non hai forse letto ciò che è scritto di me: vidimus eum tamquam leprosum? " "Ah, Signore" - essa rispose - "e come potrei calmare i crudeli dolori del tuo dolce volto? " Il Signore rispose: "Chi si sentirà tocco di amore meditando la mia passione e pregherà per i peccatori, lenirà soavemente ogni mia sofferenza"" (Rivelazioni, 1,4, cap. 15).
S. FAUSTINA KOWALSKA
Negli ultimi giorni di carnevale, quando facevo l'ora santa, vidi Gesù mentre veniva flagellato. Che supplizio inimmaginabile! Come soffrì tremendamente Gesù per la flagellazione! O poveri peccatori, come v'incontrerete nel giorno del giudizio con quel Gesù, che ora torturate a quel modo? Il Suo Sangue colava per terra e in alcuni punti cominciava a staccarsi [anche] la carne. Sulla schiena ho visto alcune Sue ossa scarnificate. Gesù mite emetteva flebili lamenti e sospiri.
Quando m'immergo nella Passione del Signore, spesso durante l'adorazione vedo Gesù sotto questo aspetto: dopo la flagellazione i carnefici presero il Signore e Gli tolsero la veste, che si era già attaccata alle Piaghe. Mentre gliela toglievano le Sue Piaghe si riaprirono. Poi buttarono addosso al Signore un mantello rosso, sporco e stracciato, sulle Piaghe aperte. Quel mantello arrivava alle ginocchia solo in alcuni punti. Poi ordinarono al Signore di sedersi su un pezzo di trave, mentre veniva intrecciata una corona di spine, con la quale cinsero la sacra Testa. Gli venne messa una canna in mano e ridevano di Lui, facendoGli inchini come ad un re. Gli sputavano in faccia ed altri prendevano la canna e Gliela battevano in Testa ed altri [ancora] Gli procuravano dolore dandoGli pugni, altri Gli coprivano il Volto e lo schiaffeggiavano. Gesù sopportò in silenzio. Chi può comprenderlo? Chi può comprendere il Suo dolore? Gesù aveva gli occhi rivolti a terra. Sentivo quello che avveniva allora nel Cuore dolcissimo di Gesù. Ogni anima rifletta su quello che ha sofferto Gesù in quei momenti. Facevano a gara per schernire il Signore. Riflettei [per conoscere] da che cosa potesse derivare tanta malignità nell'uomo. E purtroppo questa deriva dal peccato. Si erano incontrati l'Amore ed il peccato.
Giovedì. Adorazione notturna. Quando andai all'adorazione, fui subito investita dal bisogno di raccoglimento interiore e vidi Gesù legato alla colonna, spogliato delle [Sue] vesti e sottoposto subito alla flagellazione. Vidi quattro uomini che a turno sferzavano coi flagelli il Signore. Il cuore mi si fermava alla vista di quello strazio. Ad un tratto il Signore mi disse queste parole: "Ho una sofferenza ancora maggiore di quella che vedi". E Gesù mi fece conoscere per quali peccati si sottopose alla flagellazione: sono i peccati impuri. Oh, che tremende sofferenze morali patì Gesù, quando si sottomise alla flagellazione! Improvvisamente Gesù mi disse: "Guarda e osserva il genere umano nella situazione attuale". E in un attimo vidi cose tremende: i carnefici si allontanarono da Gesù, e si avvicinarono per flagellar[Lo] altri uomini, che presero la sferza e sferzarono il Signore senza misericordia. Erano sacerdoti, religiosi e religiose ed i massimi dignitari della Chiesa, cosa che mi stupì molto; laici di diversa età e condizione; tutti scaricarono il loro veleno sull'innocente Gesù. Vedendo ciò il mio cuore precipitò in una specie di agonia. Quando Lo flagellarono i carnefici, Gesù taceva e guardava lontano; ma quando lo flagellarono le anime che ho menzionato sopra, Gesù chiuse gli occhi e dal Suo Cuore uscì un gemito represso, ma tremendamente doloroso.
+ Il 14. In questo giovedì, mentre si faceva l'adorazione notturna, sin dall'inizio non mi è stato possibile pregare. Una strana aridità si era impadronita di me, non riuscivo a riflettere sulla dolorosa Passione di Gesù. Allora mi stesi sul pavimento a forma di croce ed offrii la dolorosa Passione di Gesù al Padre Celeste in riparazione dei peccati del mondo intero. Quando mi alzai da terra dopo quella preghiera andai al mio inginocchiatoio, ad un tratto vidi Gesù lì vicino. Gesù aveva l'aspetto uguale a quello che aveva durante la flagellazione. Teneva nelle mani una veste bianca, che mi fece indossare, ed un cordone col quale mi cinse i fianchi e mi coprì con un manto rosso, tale e quale a quello con cui fu coperto [Lui] durante la Passione, ed un velo dello stesso colore e mi disse: "Tu e le tue compagne avrete un abito così. La Mia vita, dalla nascita alla morte sulla Croce, sarà la vostra regola. Specchiati su di Me e vivi secondo questo [modello]; desidero che tu penetri più a fondo nel Mio spirito e [tenga presente] che sono mite ed umile di Cuore".
Negli ultimi due giorni, prima della Quaresima, avemmo un'ora di adorazione riparatrice assieme alle educande. Durante entrambe le ore vidi Gesù nell'aspetto che ha dopo la flagellazione [e] fui colpita da un dolore così acuto, che mi sembrava di provare nel corpo e nell'anima tutti quei tormenti.
Giovedì. Durante l'adorazione serale, ho visto Gesù flagellato e torturato, che mi ha detto: "Figlia Mia, desidero che [fin] nelle più piccole cose dipenda dal confessore. I tuoi più grandi sacrifici non Mi piacciono, se li compi senza il permesso del confessore, mentre al contrario il più piccolo sacrificio ha una grande importanza ai Miei occhi, se è [fatto] col permesso del confessore. Le più grandi opere sono senza importanza ai Miei occhi se sono frutto del proprio arbitrio, e spesso non s'accordano con la Mia volontà e meritano piuttosto un castigo e non un premio; mentre la tua più piccola azione [fatta] col permesso del confessore, è gradita ai Miei occhi e Mi è immensamente cara. Convinciti bene di questo per sempre. Vigila incessantemente, poiché tutto l'inferno si sta impegnando in tutti i modi contro di te, a causa di quest'opera, poiché molte anime si allontaneranno dalla bocca dell'inferno e glorificheranno la Mia misericordia. Ma non temere nulla, poiché Io sono con te; sappi che da sola non puoi [fare] nulla".
Questa sera ho visto Gesù nell'aspetto che aveva durante la Sua Passione. Aveva gli occhi rivolti al Padre Suo e pregava per noi.
+ Sebbene fossi malata, oggi ho deciso di fare come al solito l'ora santa. Durante tale ora ho visto Gesù flagellato alla colonna. Durante quella tremenda tortura, Gesù pregava [e] dopo un momento mi ha detto: "Sono poche le anime che meditano sulla Mia Passione con vero sentimento. Alle anime che meditano devotamente sulla Mia Passione, concedo il maggior numero di grazie".
13.II. [1937] Oggi durante la [funzione della] Passione ho visto Gesù martoriato, coronato di spine e con in mano un pezzo di canna. Gesù taceva, mentre la soldataglia faceva a gara a torturarLo. Gesù non diceva nulla; guardò solo verso di me [e] in quello sguardo sentii la sua tortura così tremenda, che non abbiamo nemmeno un'idea di quello che ha sofferto Gesù per noi prima della crocifissione. La mia anima è colma di sofferenza e di nostalgia. Sento nell'anima una grande avversione per il peccato e la più piccola infedeltà da parte mia mi sembra un'alta montagna e la riparo con la mortificazione e le penitenze. Quando vedo Gesù martoriato, il cuore mi si fa a pezzi. Penso a quello che sarà dei peccatori, se non approfittano della Passione di Gesù. Nella Sua Passione vedo tutto un mare di misericordia.
MARIA D'AGREDA
Capitolo XVIII
Pilato, credendo con essa, soddisfare i Giudei e, per avventura, punire Gesù della trasgressione alla legge ed alle cerimonie secondo l'accusa dei Giudei, benché con pena sì sproporzionata, lo condanna alla flagellazione. Ma i Giudei erano pieni di odio implacabile, ed il demonio, non potendo persuaderli a salvare Gesù, li eccitava ad infliggergliela, con smisurata crudeltà.
Gesù spogliato e flagellato.
Condotto nel cortile, fu legato fortemente ad una bassa colonna: gli tolsero con scherni la veste bianca, gli slegarono le corde messegli nell'Orto e che, penetrate nelle carni, gli avevano fatte piaghe ai polsi, e gli comandarono, con durezza e imprecazioni, di spogliarsi della tunica inconsutile, poiché il manto già glielo avevano tolto nell'Orto. Ubbidì, il Figlio dell'Eterno Padre ai carnefici, e cominciò a spogliarsi, per restare alla presenza di tutti, col disonore della nudità. Sembrando troppo lento, gli strapparono la tunica a rovescio, con violenza. Restò Gesù affatto nudo, salvo alcuni panni d'onestà, che sempre aveva portati ed erano cresciuti, come la tunica, con Lui senza che mai se li fosse tolti, come pure i sandali che in Egitto, Maria gli aveva messi. Solo, qualche volta, nella predicazione, se li toglieva. Cercarono di togliergli anche quei panni; ma le loro mani restavano irrigidite, il che attribuirono a magia. Sei complici, lo legarono alla colonna e cominciarono a flagellarlo a due, a due, come invasati dal demonio, con corde indurite e grosse. Si sollevarono nel delicato corpo enfiagioni e livide contusioni, rimanendone sfigurato e presso a schizzare sangue. Seguirono altri due con flagelli di cuoio, che aprendo quelle enfiagioni, coprirono di sangue il suo corpo, se stessi e fino la terra. Altri due, con estremità di nervi di bue, eccitati dal demonio, percossero più crudelmente su quelle piaghe aperte, fino a staccare pezzi di carne e scoprire le ossa. Non trovando più luogo sano, lo flagellarono sul volto, sui piedi, sulle mani con rabbia satanica. Gli occhi del caro Gesù rimasero acciecati dal sangue e dal gonfiore, la faccia coperta di sputi: vero uomo dei dolori e ludibrio degli uomini.
Maria e la flagellazione.
Il cortile e le vicinanze, erano pieni di popolo, che confusamente e diversamente giudicava la cosa. In quella confusione, Maria ricevé incomparabili affronti e tribolazioni per gli obbrobri e le bestemmie dei Giudei e anche dei Gentili contro Gesù. Da un angolo del cortile, vide, in visione chiarissima, come se avesse visto con gli occhi, tutta la flagellazione, sentendo tutti i dolori nel suo corpo. Le piaghe non furono fisiche, ma, pure il dolore la trasfigurò in modo che alle Marie ed a S. Giovanni era irriconoscibile. Tuttavia più grave fu il dolore del cuore per il Figlio, di cui più di tutte le creature poteva conoscere l'innocenza e la dignità, e quindi comprendere la gravità delle ingiurie che riceveva da coloro stessi per cui le soffriva.
Si slega Gesù e gli si comanda di vestirsi.
Uno sgherro, eccitato dal demonio, aveva nascosta la veste, affinché, così nudo, andasse cercandola. Maria allora, ordinò a Lucifero ed ai suoi di allontanarsi di là e comandò agli Angeli di porgere a Gesù la veste. Tutto fu attribuito a magia. Per il dolore cagionato dal freddo sulle piaghe, per il sangue raggrumato, per le forze indebolite, Gesù si vestì a stento. Nessuna di quelle tigri ebbe un po' di naturale compassione per Lui. Ma la rabbia dei Giudei ancora non era sazia. Mistero! Andarono da Pilato a dirgli: "Quel seduttore volle farsi credere Re e, affinché si umili e svanisca la sua presunzione, permetti gli diamo le insegne regali che si merita".
La coronazione di spine.
Condotto Gesù al Pretorio, lo spogliarono di nuovo, con crudeltà, gli posero un lurido cencio di porpora sulle spalle, gli calcarono sul capo le spine fino a ferirgli il cervello e gli occhi. Fu questa una delle maggiori pene di Gesù. Gli posero in mano una canna per scettro e sulle spalle un altro mantello violato scuro come una cappa. Così trattavano da re da burla, Colui che per natura e mille titoli era Re dei Re! Radunati i soldati alla presenza del Pontefice e dei Farisei, lo presero in mezzo e cominciarono a prendersi gioco di Lui genuflettendo davanti a Lui, salutandolo per burla Re dei Giudei, dandogli schiaffi, percuotendo la corona con colpi di canna e coprendogli il volto di sporchissimi sputi.
Gesù non apriva bocca.
Oh! carità incomprensibile; oh pazienza mai veduta! Chi mai potrà obbligare la vostra infinita grandezza a umiliarsi tanto? E ciò per coloro che tutto fecero per disobbligarti dal farlo? E, dopo sì incredibile bontà, che facciamo? Come non essa la nostra ignominia? Alla vista di tanti dolori, cercheremo senza vergogna né timore il diletto, il riposo, le preminenze, la vanità? L'Ecce Homo Pilato presenta con queste parole Gesù al popolo, come se dicesse: "Che posso fargli di più? Non avete più ragione di temerlo. Non trovo in lui colpa alcuna". Così diceva quel vile che pur l'aveva lasciato punire in modo da togliergli non una, ma più volte la vita. A quali delitti non conduce la condiscendenza! Ma il popolo continuava a gridare: Crucifige! Maria vide Gesù e l'adorò, così Giovanni e le Marie, e disse a Gesù parole di compassione e riverenza e per onorare la sua innocenza, ottenne che di nuovo Pilato proclamasse la sua innocenza. Infatti, Pilato provò compassione e rincrescimento l'avessero trattato così. Fu pure mosso ad abboccarsi di nuovo coi Giudei; raccontato da S. Giovanni (Cap. XIX, vv. 5,15), abboccamento che si concluse con la condanna di Gesù. I Giudei allora partirono contenti nel loro orgoglio soddisfatto. Maria SS. quando li vide uscire gridando la sentenza, il suo cuore fu diviso. Non è possibile pensare agli innumerevoli suoi atti di adorazione, di culto, di riverenza, d'amore per Gesù e gli uomini, e di compassione e di uniformità alla volontà di Dio.
S. ANGELA DA FOLIGNO
"Chiesi a Dio che cosa potessi fare per piacergli, ed egli molte volte, mentre dormivo o mentre vegliavo, per bontà sua, mi apparve crocifisso sulla croce, e m'invitò a scrutare nelle sue piaghe aperte e, con mirabile modo, mi mostrò come aveva sofferto tutta la sua passione per me. E, dopo avermi enumerate ad una ad una le sofferenze durate, mi disse: "Che puoi dunque fare tu per ricompensarmi? ". Mi apparve molte volte anche mentre ero desta con un aspetto più sereno e placato di quando lo vedevo nel sonno, sebbene avesse sempre sul viso la sua pena e il suo dolore e, mostrandomi la fronte rigata di sangue ed i sopraccigli aspreggiati sotto la corona di spine e la barba strappata e scomposta, ed enumerandomi le battiture delle quali, ad una ad una ritrovava le sanguinose lividure sul suo puro corpo, mi disse: "Tutte queste sofferenze le ho patite per te".
Allora mi tornarono alla memoria i miei peccati e capii che con essi avevo di nuovo riaperto le piaghe di Gesù Cristo; per ripararvi non mi rimaneva che il mio dolore grande quanto tutta me" (decimo passo).
ANNA KATHARINA EMMERICK
Flagellazione di Gesù
Pilato - giudice vile e indeciso - aveva pronunciato più volte le insensate parole: "Non trovo colpa in lui: per questo lo faccio prima flagellare e poi lo farò mettere in libertà". E gli Ebrei, dal canto loro, continuavano a gridare: "Crocefiggetelo! crocefiggetelo!".Pilato tentò ancora di far prevalere la sua volontà e diede ordine di flagellare Gesù alla maniera dei Romani.Allora gli arcieri, sospingendo e bastonando Gesù con le loro aste, lo condussero sul foro attraverso le onde in tumulto di un popolo in furia, fino alla colonna destinata alla flagellazione, che si trovava a nord del Palazzo di Pilato, poco discosta dal corpo di guardia, davanti a uno dei portici che circondavano il foro. Sopraggiunsero subito gli esecutori, con fruste, verghe e funi, che gettarono a pie' della colonna. Erano sei uomini bruni, più piccoli di Gesù, dai capelli crespi e irti, dalla barba corta e scarsa e portavano, vestito primitivo, una cintura intorno al corpo di non so quale stoffa ordinaria che, aperta ai lati come uno scapolare, copriva solamente il petto e il dorso: avevano le braccia nude e un paio di sandali in cattivo stato completavano il loro costume. Erano costoro malfattori delle frontiere dell'Egitto, condannati ai lavori forzati nei canali, nei pubblici edifici: i più crudeli e i più ignobili di essi compivano le funzioni di esecutori nel pretorio ed avevano già più volte legato a quella colonna e flagellato a morte altri poveri condannati. Somigliavano a bestie selvaggie o a demoni e sembravano per metà ebbri.Incominciarono a colpire il Salvatore a pugni, trascinarlo con le corde, benché non opponesse la minima resistenza e lo legarono brutalmente alla colonna. Questa colonna era totalmente isolata e non serviva di sostegno ad alcun edificio; non era molto alta e un uomo alto avrebbe potuto, stendendo il braccio, toccarne la parte superiore, che era arrotondata e provvista d'un anello di ferro: a metà di essa, nella parte posteriore, si trovavano ancora altri anelli e uncini. Non è possibile descrivere le barbarie di quei cani furiosi contro Gesù: gli strapparono di dosso il mantello derisorio di Erode, gettandolo a terra. Gesù tremava e rabbrividiva davanti la colonna e, benché si reggesse appena, si affrettò a togliersi da solo le vesti, con le sue povere mani gonfie e insanguinate. Mentre i carnefici lo colpivano e lo urtavano Egli pregava nel modo più commovente, volgendo per un istante lo sguardo verso la Madre sua che se ne stava, trapassata dal dolore, nell'angolo d'una sala del mercato: e siccome era obbligato a togliere anche l'ultimo lino che gli cingeva le reni, Egli disse, mentre si volgeva verso la colonna per nascondere la sua nudità: "Distogliete gli occhi da me".Non so se pronunciasse davvero queste parole o se le dicesse interiormente, ma so che Maria le intese: perché nello stesso istante, Ella cadde priva di sensi fra le braccia delle pie donne che la circondavano. Gesù, abbracciò la colonna: gli arcieri gli legarono alte le mani all'anello di ferro e gli tesero talmente le braccia, che i piedi, legati fortemente alla base della colonna, toccavano appena terra. Il Santo dei Santi, nella sua nudità umana, fu steso così sulla colonna dei malfattori e due di questi forsennati, assetati del suo sangue, cominciarono a flagellare il suo sacratissimo corpo da capo a piedi. Le prime verghe di cui si servirono sembravano di legno bianco durissimo; ma erano forse nervi di bue, o forti striscie di cuoio bianco.Il nostro Salvatore, Figlio di Dio, vero Dio e vero Uomo, fremeva e si torceva come un verme sotto i colpi di quei miserabili; i suoi gemiti soavi e chiari erano come preghiera affettuosa sotto il sibilo delle verghe dei carnefici e di quando in quando il grido del popolo e dei Farisei veniva, come nuvola cupa d'uragano, a coprire i gemiti suoi dolorosi e pieni di benedizione. Intanto si gridava: "Fatelo morire! Crocefiggetelo!".Perché Pilato era ancora a disputare col popolo e quando voleva dire qualche parola in mezzo al tumulto faceva suonare una trombetta per domandare un istante di silenzio. Ma i rumori prendevano poi subito il sopravvento: e si udivano i colpi di scudiscio, i singhiozzi di Gesù, le imprecazioni degli arcieri e i belati degli agnelli pasquali, che venivano lavati a poca distanza, nella piscina delle pecore.Quand'erano lavati, venivano portati in braccio, fino alla strada che conduce al Tempio, per evitare che si sporcassero e condotti poi fuori dalla parte occidentale dove ancora venivano sottoposti a un'abluzione rituale. Questi belati avevano qualche cosa di particolarmente commovente: erano le sole voci che si univano ai gemiti del Salvatore.Il popolo ebreo sostava a qualche distanza dal luogo di flagellazione; e i soldati romani erano invece collocati in diversi posti ed erano però più fitti in prossimità del corpo di guardia. Molte persone andavano e venivano, chi silenziosamente, chi con l'insulto sulla bocca: alcuni si commossero e sembrò allora che un raggio partisse da Gesù e si posasse sopra di loro. Vidi uomini infami, quasi nudi, che allestivano verghe nuove accanto al corpo di guardia ed altri che andavano in cerca di rami di spine.Alcuni arcieri dei Principi dei Sacerdoti s'erano avvicinati ai carnefici e avevano regalato loro del denaro. Costoro venivano anche riforniti con brocche piene d'un liquido rosso, del quale bevevano fino ad ubriacarsi. Trascorso un quarto d'ora, i due carnefici che flagellavano Gesù vennero sostituiti da altri due. Il corpo del Salvatore era coperto di macchie nere, livide e rosse, da cui il sangue colava fino a terra: tremava tutto ed era scosso da movimenti convulsivi. Ingiurie e scherni si incrociavano intorno a Lui.Quella notte era stata fredda e dal mattino fino a quel momento il cielo era stato coperto: a intervalli, cadeva un po' di grandine, con grande meraviglia del popolo. Verso mezzodì il cielo si rasserenò e brillò il sole.La seconda coppia di carnefici si avventò contro Gesù con nuovo furore; essi erano muniti di un'altra specie di verghe, specie di bastoni spinosi con nodi e punte. I loro colpi laceravano tutto il corpo di Gesù per modo che il sangue ne sprizzò a distanza irrorando anche le braccia dei flagellatori.Gesù gemeva, pregava e tremava. Intanto passarono per il foro parecchi forestieri, portati da cammelli e guardarono con spavento e tristezza il doloroso quadro, mentre il popolo dava spiegazioni. Erano viaggiatori, di cui alcuni avevano ricevuto il battesimo da Giovanni e altri avevano udito il sermone di Gesù sulla montagna.Accanto alla casa di Pilato il tumulto e le grida non cessavano. Nuovi carnefici colpirono Gesù a scudisciate, servendosi di cinghie munite all'estremità di uncini di ferro, che ad ogni colpo, strappavano interi pezzi di carne. Ah! chi potrà mai rendere questo terribile e doloroso spettacolo? Ma la loro rabbia infernale non era ancora soddisfatta: Gesù venne slegato e nuovamente attaccato, ma questa volta col dorso volto alla colonna; e siccome non poteva più reggersi, gli passarono delle corde sul petto, sotto le braccia, e sotto le ginocchia, legandogli poi anche le mani dietro la colonna. Tutto il suo corpo si contraeva dolorosamente ed era coperto di sangue e di piaghe. Allora si precipitarono sopra di Lui come cani furiosi; uno di essi aveva una verga più flessibile, con la quale gli colpiva il viso. Il Salvatore aveva il corpo ridotto tutto una piaga: Egli guardava i suoi carnefici con gli occhi pieni di sangue e sembrava implorar grazia; ma il loro furore raddoppiava e i gemiti di Lui si facevano sempre più flebili.L'orribile flagellazione durava da tre quarti d'ora, quando uno straniero d'infima classe, parente del cieco Ctesifone guarito da Gesù, si precipitò verso il retro della colonna con un coltello in forma di falce e gridò con voce indignata: "Fermatevi! non colpite questo Innocente fino a farlo morire!".I carnefici, che erano ebbri, si fermarono stupiti; egli allora recise rapidamente le corde che tenevano legato Gesù, e poi fuggì, perdendosi tra la folla.Gesù cadde quasi privo de' sensi ai piedi della colonna, sul terreno tutto bagnato del suo sangue, e i carnefici lo abbandonarono là per andar a bere, dopo aver richiamato dei subalterni, che erano occupati, nel corpo di guardia, a intrecciar la corona di spine. E mentre Gesù, coperto di piaghe sanguinanti, si agitava convulsamente ai piedi della colonna, vidi alcune ragazze di malavita, dall'aria sfrontata, avvicinarsi a Lui tenendosi per mano, fermarsi un momento e guardarlo con disgusto. In quel momento, il dolore delle sue ferite si fece più vivo, ed Egli alzò verso di loro il suo viso ferito: le ragazze allora si allontanarono mentre i soldati e gli arcieri indirizzavano loro parole indecenti.Vidi a più riprese, durante la flagellazione, molti angeli in pianto circondare Gesù, e udii la sua preghiera per noi peccatori salir costantemente al Padre in mezzo al grandinare dei colpi che cadevano sopra di Lui. Mentre Gesù giaceva nel suo sangue a piè della colonna, vidi un angelo presentargli qualche cosa di luminoso che lo ristorò e gli fece riprender forza. Gli arcieri tornarono, e a calci e a bastonate lo fecero rialzare, perché non avevano ancora finito. Gesù si protese strisciando per riprendere la fascia che gli cingeva i fianchi, ma quei miserabili la spingevano sempre più lontana, ridendo sfacciatamente, per modo che il povero Gesù doveva torcersi sul terreno nella sua sanguinosa nudità, come un verme calpestato onde raggiungere la sua cintura e servirsene per coprire i suoi laceri lombi.Quando l'ebbero rimesso in piedi, non gli diedero il tempo di rivestirsi, ma gli gettarono solo la veste sulle spalle nude, ed Egli si serviva di quella veste per detergere il sangue che gli colava dal viso, mentre, a gran passi, veniva sospinto verso il corpo di guardia, per vie traverse.Avrebbero potuto guidarlo per una strada più diretta, perché i portici e gli edifici in faccia al foro erano aperti, tanto che si poteva vedere il passaggio sotto il quale i due ladroni e Barabba stavano imprigionati, ma vollero farlo passare invece davanti al luogo ove sedevano i Principi dei Sacerdoti, i quali gridavano: "Lo si faccia morire! Lo si faccia morire!" volgendo il capo con disgusto. Lo condussero allora nel cortile interno del corpo di guardia.Quando vi entrò Gesù, non c'erano soldati, ma schiavi, arcieri, furfanti, e ogni rifiuto della società.Siccome il popolo era in grande agitazione, Pilato aveva fatto venire un rinforzo di guarnigione romana dalla cittadella Antonia. Queste truppe circondavano in buon ordine il corpo di guardia: potevano parlare, ridere e beffarsi di Gesù, ma era loro proibito sciogliere le file. Con questo apparato di forze Pilato intendeva tenere il popolo in pugno: saranno stati circa un migliaio di uomini.
Maria durante la flagellazione
La Santa Vergine, in estasi continua durante la flagellazione del nostro divin Redentore, vide e sofferse interiormente, con amore e dolore indicibili, tutto quanto doveva soffrire il Figlio suo. Spesso gemiti sommessi prorompevano dalle sue labbra; i suoi occhi erano infiammati per il gran piangere. Essa giaceva velata tra le braccia della sua maggiore sorella Maria di Heli, donna in età ormai avanzata e che aveva molta rassomiglianza con sua madre Anna. Maria Cleofe, figlia di Maria Heli era presente anch'essa, e stava per lo più appoggiata al braccio di sua madre. Le sante amiche di Maria e di Gesù erano tutte avvolte e velate, tremanti di dolore e d'angoscia, strette intorno alla Vergine ed esalanti deboli gemiti come se stessero aspettando la loro propria condanna di morte.Maria portava una lunga veste, azzurra quasi quanto il cielo, coperta da un lungo mantello di lana bianca e da un velo bianco, tendente al giallo. Maddalena era tutta sconvolta e addirittura annientata dal dolore e dal pianto, e i suoi capelli, sotto il velo, s'erano tutti sciolti.Quando Gesù, dopo la flagellazione, era caduto a terra a piè della colonna, vidi Claudia Procla, moglie di Pilato, inviare alla Madre di Dio un pacco di grandi teli di lino. Non so più bene se essa credesse nella liberazione di Gesù e se destinasse quei teli alla fasciatura delle ferite di lui, oppure se la pietosa pagana li inviasse per lo scopo al quale vennero poi impiegati da Maria.La Santa Vergine, riacquistati i sensi, vide il Figlio suo con le carni tutte lacerate, trascinato e sospinto dagli arcieri: egli si deterse il sangue dagli occhi con un lembo del suo vestito, per poter guardare sua Madre, ed Ella stese dolorante le mani verso di Lui, guardando poi a terra le tracce sanguinose lasciate dai suoi piedi. Ma ben presto vidi Maria e Maddalena, mentre il popolo si spostava da un'altra parte, avvicinarsi al posto dove Gesù era stato flagellato: nascoste dalle altre donne e da alcune buone persone che le circondarono, si prosternarono a terra presso la colonna e asciugarono dappertutto il sangue sacratissimo di Gesù coi teli inviati da Clauda Procla. Giovanni non si trovava in quel momento con le pie donne, che erano quel giorno in numero di venti. Il figlio di Simeone, quello di Veronica, quello di Obed, Aram e Themeni, nipote di Giuseppe di Arimatea, erano occupati nel Tempio pieni di tristezza e d'angoscia.Quando finì la flagellazione erano circa le nove del mattino.
Coronazione di spine
Quando la Suora ricominciò ad avere le sue visioni sulla Passione fu presa da febbre fortissima e da sete sì ardente che la sua lingua era come contratta e interamente inaridita. Il lunedì dopo la Domenica Laetare, era tanto spossata e tanto sofferente che non cominciò quanto segue se non con fatica e senza ordine alcuno, perché, disse, le era impossibile, in quello stato, narrare tutti i maltrattamenti subiti da Gesù nell'incoronazione senza vedersi passare nuovamente davanti agli occhi le scene dolorosissime e soffrirne ancora in modo straziante.
* *
Durante la flagellazione di Gesù, Pilato parlò di nuovo più volte al popolo, che rispose ancora una volta col grido: "A morte! Dovessimo noi tutti esser travolti insieme" e quando Gesù venne condotto all'incoronazione, i suoi nemici gridarono ancora: "A morte! Uccidetelo!". Perché gli emissari dei Principi dei Sacerdoti continuavano a giungere per mantenere l'eccitazione nel popolo.Vi fu poi una sosta, e Pilato diede degli ordini ai suoi soldati, mentre i Principi dei Sacerdoti e i loro consiglieri, seduti su dei banchi ai due lati della via davanti alla terrazza di Pilato, protetti da alberi e da teloni distesi, si facevano portar da mangiare e da bere dai loro servitori. Pilato poi, ripreso dalle solite superstizioni, che lo turbavano, si ritirò alcuni istanti per consultare gli Dei e render loro omaggio di incenso.La Vergine santissima, e i suoi amici, lasciarono il foro, dopo aver asciugato le tracce del sangue di Gesù, ed entrarono coi loro teli di lino intrisi di sangue in una casetta poco discosta e costruita a ridosso di un muro. Non so più a chi appartenga la casetta, nè mi ricordo d'aver visto Giovanni durante la flagellazione.La coronazione di spine ebbe luogo nel cortile interno del corpo di guardia di contro al foro, sopra alle prigioni. Questo cortile, tutto circondato da colonne e, con le porte spalancate, era occupato da una cinquantina di miserabili, servi di carcerieri, arcieri, schiavi ed altri uomini di simile bassa specie, che tutti prendevano parte attiva ai maltrattamenti di Gesù. In principio la folla si era avvicinata addensandosi da tutte le parti, ma poi un migliaio di soldati romani circondò l'edificio, isolandolo. Disposti militarmente, ridevano e scherzavano, eccitando l'ardore dei carnefici di Gesù, così come usano fare gli spettatori quando, con gli applausi, eccitano gli attori.Gli esecutori avevano fatto rotolare in mezzo al cortile la base d'una colonna, che sopra era un poco scavata, probabilmente per collocarvi il fusto della colonna stessa; essi riempirono questo incavo con uno sgabello rotondo e basso, munito dietro di una specie di manico, e poi, per malvagità, lo sparsero di pietre aguzze e di cocci.Strapparono poi le vesti di dosso a Gesù, riaprendo così tutte le piaghe del suo povero corpo, e gli buttarono sulle spalle un vecchio mantello rosso da militare, che non gli giungeva neppure ai ginocchi e dal quale pendevano i resti strappati di antiche frange giallognole. Questo mantello si trovava in un angolo della stanza, e con esso venivano coperti i criminali dopo la flagellazione, in parte per fermare l'effusione del sangue, in parte per schernire quei miseri.Trascinarono poi Nostro Signore fino al seggio che gli avevano preparato, e ve lo fecero sedere brutalmente. Allora gli imposero la corona di spine, che era alta due palmi, fittamente intessuta e artisticamente intrecciata, col bordo superiore sporgente.Per collocarla, gliela misero intorno alla fronte a guisa di fascia e la legarono posteriormente. Essa era composta di tre rami di spine grosse un dito, intrecciate con arte, e con la maggior parte delle punte rivolte all'indietro. Questi rami appartenevano a tre diverse specie d'arbusti spinosi, simili al susino e al biancospino. Sormontava questo intreccio un grosso bordone di spine simili ai nostri rovi: per quel bordo i carnefici afferravano la corona e la scuotevano violentemente. Io ho visto il luogo dove avevano raccolto tutte quelle spine. Quando ebbero sforzato la corona sul capo di Gesù, gli posero in mano una grossa canna, assumendo un contegno di gravità derisoria, come se veramente l'avessero incoronato re.Gli strapparono poi di mano quella canna, adoperandola per colpire violentemente la corona di spine, tanto che gli occhi del Salvatore furono inondati di sangue; per continuare la beffa si inginocchiarono davanti a Lui, facendo versacci d'ogni sorta, gli sputarono in viso e lo schiaffeggiarono, esclamando: "Salve, re dei Giudei!". Infine presero a rovesciarlo dal sedile ridendo chiassosamente e rimettendolo poi con mal garbo a sedere.Non posso ripetere tutti i crudeli e volgari maltrattamenti inventati da quegli sciagurati per tormentare il nostro povero Salvatore. Ahimè! Gesù era orribilmente tormentato dalla sete e scosso da fortissima febbre dovuta alle ferite prodotte dalla sua barbara flagellazione.Aveva le carni del petto lacerate fino alle costole, la lingua convulsamente contratta, e soltanto il sacratissimo sangue che scendeva dalla fronte refrigerava un poco la sua bocca, socchiusa, infiammata e ardente.Gesù fu così maltrattato per circa mezz'ora, con somma gioia e divertimento della coorte schierata intorno al pretorio.
Ecce Homo
Gesù poi, coperto del rosso mantello, con la corona di spine in capo e lo scettro di canna tra le mani legate, venne ricondotto nel Palazzo di Pilato. Egli era irriconoscibile dal sangue che gli riempiva gli occhi e che gli era scorso giù fino in bocca e nella barba.Il suo corpo era tutto piaghe e lividure ed era ridotto come un cencio intriso nel sangue. Camminava curvo e tremante; il suo mantello era sì corto che lo costringeva a curvarsi profondamente per nascondere la sua nudità, perché durante la coronazione di spine gli avevano di nuovo strappato tutte le vesti.Quando il povero Gesù arrivò ai piedi dello scalone davanti a Pilato, suscitò perfino in quest'uomo crudele un senso di compassione e d'orrore, tanto che costui, volgendosi a parlare a uno dei suoi ufficiali, mentre il popolo e i sacerdoti continuavano a schiamazzare e a schernire, disse: "Se il diavolo dei Giudei è così crudele, non deve esser bello abitare accanto a lui nell'inferno".Quando Gesù si fu trascinato penosamente fino in cima alla scala e si fermò di fronte a Pilato, costui, sporgendosi dalla terrazza, fece suonare la tromba, per attirare la generale attenzione, perché voleva parlare e, rivolgendosi ai principi dei sacerdoti e a tutti i presenti, disse: "Vedete? Lo faccio condurre ancora una volta davanti a voi, perché riconosciate che io lo trovo innocente".Gesù intanto era stato dagli arcieri trascinato più avanti, per modo che tutti, dal foro, lo potevano vedere. Fu uno spettacolo terribile e straziante, che per un momento pietrificò i presenti in cupo orrore e profondo silenzio: il Figlio di Dio appariva loro tutto sanguinante sotto la corona di spine, e chinava sulla folla ondeggiante i suoi occhi spenti, mentre Pilato lo segnava a dito e gridava ai Giudei: "Ecco l'uomo".E mentre Gesù, col capo straziato, coperto col manto di scherno, chinando il capo inondato di sangue e trafitto di spine, tenendo lo scettro di canna tra le mani legate, curvato profondamente per coprire le sue nudità, aumentato di dolore e d'angoscia, eppure spirante solo amore e mansuetudine, stava esposto, sanguinoso fantasma, davanti al Palazzo di Pilato, in faccia ai preti e al popolo che emetteva grida di furore, alcune schiere di stranieri, in veste succinta, uomini e donne, attraversarono il foro, per scendere alla piscina delle pecore ad aiutare nell'abluzione degli agnelli pasquali: i lamenti di queste bestiole si accompagnavano senza posa ai clamori della moltitudine, come a testimonianza di quella verità che si voleva tacere.
ANTONIETTA PREVEDELLO
Il Sangue creato, assunto e versato Quanto Sangue! Esso è la voce del Mistero posto tra Dio e l'uomo, e questa voce ha mille suoni indefinibili.
Il corpo adorabile di Gesù si presenta a me, come al Salmista, tutto piagato, dal vertice del capo all'estremità dei piedi, e con una forza misteriosa, uscente dalle piaghe, attrae l'intelletto e lo purifica, dilata il cuore e lo dispone a ricevere i nuovi tesori, assorbe l'anima e la unisce alla virtù de' suoi Misteri.
Vedo un Volto adorabile rigato di Sangue.
Gli occhi chiusi pieni di Sangue: glieli hanno chiusi gli uomini con la ingratitudine.
La bocca è piena di Sangue, muta: fu tormentata così dagli uomini.
La fronte è trafitta dalle spine: gliele conficcarono gli uomini.
Le orecchie danno Sangue, ferite dalle bestemmie.
Il Corpo così tormentato del mio Gesù non trova riposo; nei cuori non c'è posto: le anime rifuggono dal pensiero della Passione, il Sangue fa ribrezzo, e un morente è un essere che subisce il castigo di Dio.
O Signore, Tu mi attrai nell'oceano del tuo Sangue.
Stamane, mentre il Sacerdote elevava l'Ostia Santa e il Calice di Salvezza, vidi tra le mani sacerdotali, non le Sacre Specie, ma Gesù vivo e vero, straziato e sanguinante. E compresi che rimane sempre così tra le mani sacerdotali per essere consegnato tra le mani dei fedeli, Mistero di vita e di morte, partecipazione della Passione, pegno di Redenzione.
TERESA NEUMANN
Per quanto è stato possibile controllare, queste visioni corrispondevano così bene al paesaggio di Gerusalemme, all'abbigliamento dell'epoca, agli oggetti dell'arredamento usati allora, che anche il resoconto delle visioni ne acquista in verosimiglianza. A ciò si aggiunge che le visioni non comparvero una volta sola, ma si ripeterono tutti gli anni e, quella della Passione, addirittura ogni settimana sempre con lo stesso decorso. Questi elementi, pur tenendo conto dei fattori d'incertezza riguardo alle visioni, nel nostro caso depongono perciò a favore della fedeltà storica di molte visioni.
La visione più impressionante e anche più conosciuta in tutto il mondo, perché per alcuni decenni i visitatori affluirono da ogni parte per assistervi, era la visione del venerdì, la cosiddetta Passione del venerdì.
A differenza delle altre, che si ripetevano nel giro dell'anno liturgico ed erano strettamente legate alla sequenza delle feste, questa contemplazione è stata vista da Teresa Neumann almeno settecento volte. Aveva luogo nella notte tra il giovedì e il venerdì, eccetto in quelli che cadevano nei tempi liturgici gaudiosi (da Natale a Settuagesima, da Pasqua al venerdì dopo l'ottava del Corpus Domini, nelle feste di Maria, degli Apostoli, di S. Giuseppe, di S. Lorenzo, patrono di Konnersreuth, e di S. Wolfango, patrono della diocesi).
Il vincolo liturgico era così rigoroso che, negli ultimi due casi, i patimenti mancavano soltanto se Teresa si trovava a Konnersreuth per la festa di S. Lorenzo e nella diocesi per quella di S. Wolfango. Fin quando lei non si formò un'adeguata esperienza in proposito, le capitò per due volte di essere sorpresa dai patimenti trovandosi fuori sede in quel giorno, capitato di venerdì.
Il primo caso si verificò mentre stava nel castello di Zeil, il secondo mentre era ad Eichstätt.
Le visioni del venerdì si distinguevano dalle altre, per il fatto che Teresa soffriva anche nel corpo. Con la contemplazione del Monte Oliveto il sangue cominciava a scorrere dagli angoli degli occhi sulle guance, sanguinavano le stimmate, le ferite della flagellazione impregnavano la camicia e la giacca da notte, quelle delle spine sulla fronte sanguinavano da nove punti più o meno profondi intridendo il bianco fazzoletto da testa. Durante il trasporto della Croce, nella settimana Santa, la spalla si gonfiava e formava una macchia visibile sulla giacca.
Chi ha potuto assistere a quella visione ne ha riportato l'immagine di un martire perfetto e impressionante, ma pur sempre nobile, commovente e composto. Si vedevano le mani muoversi intorno alla fronte, come per allontanare le spine, le dita delle mani contrarsi nello spasimo doloroso dei chiodi della crocifissione, la lingua che cercava di umettare le labbra arse. Non tutti i venerdì la comparsa del sangue era uguale, ma aumentava nella settimana Santa per raggiungere il colmo il venerdì Santo. Nei giorni di giovedì e venerdì Santo le contemplazioni avevano un'estensione più ampia del solito. Mentre abitualmente incominciavano poco prima della mezzanotte con la salita sul Monte Oliveto e finivano all'una dopo mezzogiorno del venerdì con la morte di Gesù, il giovedì Santo incominciavano con i preparativi dell'ultima Cena e finivano il venerdì con la deposizione nel sepolcro. L'ora della morte, cioè l'una dopo mezzogiorno, corrisponde esattamente all'ora della morte di Gesù, cioè le 3, per la differenza del fuso orario. All'epoca dei Romani quella era chiamata "ora nona", perché le ore si contavano incominciando dalle 6 del mattino.
Le ultime visioni della morte di Gesù avvenivano talvolta già prima della domenica delle Palme, cioè il cosiddetto venerdì doloroso (che liturgicamente commemora i sette dolori di Maria). La lavanda dei piedi e l'istituzione del SS. Sacramento si ripetevano non solo il giovedì Santo sera, ma qualche volta anche la mattina del Corpus Domini.
Col passare degli anni le sofferenze del venerdì vennero talvolta a mancare, oltre che nei periodi festivi, anche nell'Avvento, o quando Teresa era ammalata o esausta per le pene di espiazione. Negli ultimi anni di vita, oltre che nella Quaresima, la visione della Passione si verificava solo nel venerdì del S. Cuore di Gesù.
Un'unica volta i patimenti del venerdì si presentarono in modo diverso dal solito e fu il venerdì Santo 1951. (In quel giorno io mi trovavo, come tanti altri venerdì, a Konnersreuth; N.d.A.). Teresa vide allora la Passione come al solito, ma non vi partecipò con sofferenze fisiche, per modo che né gli occhi, né le stimmate, né le altre parti del corpo sanguinarono. Quel giorno migliaia di curiosi (e non curiosi) si presentarono, ma ebbero la delusione di non poter vedere Teresa. La stampa s'impadronì dell'episodio sensazionale, annunciando che lo stato di grazia di Teresa Neumann era evidentemente finito.
30 Visione
Teresa esterrefatta volge il capo da destra a sinistra. Vede la flagellazione. Il Salvatore, spogliato degli abiti, si guarda intorno molto rattristato.
Gli legano di nuovo i polsi e poi, con la faccia rivolta alla colonna, lo legano a questa con la corda che gli stringe i polsi. Le braccia sono così tirate che tocca terra solo con la punta dei piedi. Tre gruppi di sgherri ubriachi (di due uomini ciascuno), cominciano a flagellarlo a tutta forza con sferze di diverse forme. Quando vedono che ogni parte del corpo raggiungibile è gonfia e comincia a lacerarsi, lo voltano e riprendono a flagellarlo sul davanti. Alla fine il Salvatore è tanto spossato che non può neanche chinarsi per raccogliere le proprie vesti. Per beffa un ragazzotto gliele getta lontano con un calcio. Teresa è furibonda contro quel ragazzo e si esprime vivacemente dicendo: "Se potessi acchiapparlo, gliene darei una…!". Durante la flagellazione a Teresa si aprono ferite sul petto e sulla schiena impregnando di sangue la giacca.
31 Visione
La coronazione di spine. Non è la corona di spine che viene rappresentata abitualmente, ma una specie di copricapo chiuso, come quello dei patriarchi orientali; una sorta di cesta con molte spine lunge e acute, che i servi calcano sulla testa del Salvatore con bastoni, per non ferirsi le mani. Da quel momento sanguinano le ferite della fronte di Teresa, intridendo il fazzoletto da testa su cui spiccano, come tutti i venerdì, nove grosse macchie di sangue.
32 Visione
Condanna di Gesù. "L'uomo calvo" (Pilato, che altre volte sarà chiamato "quello che non vuol impicciarsi") si lava le mani. Gesù viene consegnato ai Giudei.
33 Visione
Teresa crede che si carichi sulla schiena del Salvatore legna da costruzione; sono invece i tre pezzi della croce non ancora congiunti, ma legati con una corda. Il tronco più lungo non è squadrato, i due pezzi più corti sì. (Anzi essi appaiono squadrati già da qualche tempo, perché Teresa nota che portano il segno delle intemperie). Le spalle, già lacerate dalla flagellazione, cominciano a sanguinare sotto quel peso. Sulla giacca di Teresa compare una grossa macchia di sangue alla spalla destra.
34 Visione
Gesù va verso il Calvario. Cade sotto il legno della croce e viene rialzato con violenza.
35 Visione
Lungo la strada Gesù vede sua Madre accompagnata da Giovanni e da alcune donne. Teresa lo sente chiamare "Immi" (mia madre). Uno dei monelli che accompagnano i carnefici, scorgendo la Madre di Gesù, toglie dalla cassetta degli arnesi due chiodi da crocifissione e glieli mostra per scherno. Maria sviene ed è sorretta da Giovanni.
ALEXANDRINA MARIA DA COSTA
"Allora Pilato prese Gesù e lo fece frustare" (Gv 19,1)
Fui condotta alla flagellazione.
Vidi i modi bruschi con cui spogliarono Gesù fino alla cintola e Lo legarono poi alla colonna con grosse catene di ferro.
Mi sentii inginocchiata e legata alla colonna.
Una pioggia di flagelli cadde sul mio corpo e una pioggia di brandelli della mia carne e di gocce del mio sangue cadde attorno a me, macchiando il suolo e coloro che mi circondavano.
Il mio corpo fu lacerato con palline di ferro, o cose simili.
Mi pareva che le spalle, le costole e il petto rimanessero scarnificati.
Tutto il corpo era una ferita sanguinante.
Caddi sfinita ai piedi della colonna.
E vidi Gesù dentro di me nella stessa sofferenza.
Sentii i suoi sguardi divini innalzarsi verso il suo Eterno Padre, in un amore indicibile.
Sentii che Gesù inclinava il capo sopra il petto, serrava gli occhi, stava per spirare. Questa scena si ripeté più di una volta.
"I soldati intrecciarono una corona di rami spinosi e gliela misero in testa" (Gv 19,2)
Vidi il capo sacrosanto di Gesù coronato di spine, le quali procuravano al divin corpo un bagno di sangue.
Lo vedevo, ed era in me: io ero, come Lui, flagellata e coronata con la stessa corona di spine.
Sentii il grande casco di acute spine violentemente confitte nel mio capo: qualcuno con verghe le batteva per farle penetrare ancora più profondamente.
La corona non mi cingeva soltanto la fronte: non vi era parte del capo che non ne fosse ferita. I dolori erano insopportabili.
Che pioggia di sangue cadde dal mio capo, coronato di spine! Non ci vedevo per la grande abbondanza di sangue che scorreva sul volto.
Non potevo muovermi perché avevo le carni a brandelli.
Ricoperta con vesti da re, ma per scherno, mi misero in mano una canna.
Quanta barbarie, contro di me! Quanto era grande il numero di coloro che si ingegnavano di inventare maggiori torture! "Gesù venne fuori con la corona di spine e il mantello. Pilato disse: Ecco l'uomo" (Gv 19,5)
In seguito, vidi le scale lungo le quali Gesù salì, dopo essere stato flagellato, e dove lasciò tracce ben visibili del suo sangue divino.
Mi sentii condotta da qualcuno, che mi diede la mano, alla balconata di Pilato.
Avevo l'aspetto dolorosissimo dell'"ecce homo": il capo coperto di spine, il volto intriso di sangue, il corpo tutto ferito e lacerato.
Vidi e udii la grande moltitudine che ad una sola voce, ben lontana dall'avere pietà di me, gridava chiedendo la mia crocifissione.
Le mie orecchie sentivano scandire: "Muoia! Sia condannato!".
Oh, quali grida, quelle della folla! Sentii lo scherno di alcuni che ascoltavano quella numerosa e vile plebaglia che mi voleva condannata a morte.
Ricevetti la sentenza di morte.
Vidi la croce che, poco dopo, avrei sentita sulle spalle.
"Pilato disse: Prendetelo e mettetelo voi in croce. Per me, non ha fatto nulla di male" (Gv 19,6)
Il popolo, numerosissimo, come in una festa, aveva aspettato per vedere Gesù e aveva voluto udire la sentenza: ora gioiva all'udire la condanna a morte! Sentii la durezza di tutti quei cuori: non si commossero al vedere Gesù flagellato, coronato di spine, condannato a morte! Gesù, innocentissimo, non ebbe una parola contro quel popolo.
Soffriva in silenzio.
Tutto accettava, mentre il suo divin Cuore amava ancora più follemente.
Taluni Lo fissavano con compassione; altri con odio. Più oltre Gli apparve la Mamma; da un'altra parte la Veronica, poi ancora alcune donne.
La mia anima vide la grande montagna del Calvario e, sulla cima, già eretta la croce su cui dovevo essere crocifissa.
Questa croce giungeva al Cielo: lo obbligava ad aprirsi e lo faceva risplendere.
La salita al Calvario
"Le guardie lo fecero andare fuori della città costringendolo a portare la croce sulle spalle" (Gv 19,17)
Ricevetti la croce.
Non la presi io: sentii che me la collocavano sulle spalle.
Piegata, schiacciata dal suo peso, vi caddi sotto nello stesso posto dove mi trovavo.
Mi pareva di sprofondare sotto il suolo.
Mi fece ricordare le mie crocifissioni: sentivo lo stesso peso della croce che mi faceva svenire.
Sotto quel carico schiacciante, come camminavo io? Come fossi un vermiciattolo della terra, nascosto in essa.
Camminavo per strade tristi. Sì, non c'era luce; erano cupe. Vi si udiva soltanto lo scherno e la gazzarra del popolo.
Tutta l'umanità riempiva quelle strade! La croce, Gesù, io, ci avvolgevamo in essa: era come un rullo che rotola sempre.
Camminavo morta lungo la salita del Calvario. E sopra la mia morte portavo la morte di tutta l'umanità: che peso su di me! Sulle mie spalle non portavo solo la croce, ma il mondo intero: lo sentivo bene.
TERESA MUSCO
Chiese un tale favore, e Gesù l'accontentò. "Fece - dice Teresa - come aveva fatto altre volte. Mi si avvicinò, prese la corona di spine dal suo capo e la passò sul mio, e con le sue luminose mani la pigiò nelle tempie… Sono veramente momenti dolorosi, ma altrettanto felici". E "per due ore", rimase a "soffrire con Gesù". "È bello - esclamava - amare Gesù. Ma è ancora più bello trovarsi sulla sua stessa croce" ("Diario", pp. 1967-1968).
Il 30 novembre 1969 fu, per Teresa, un giorno di particolari sofferenze fisiche e morali; aveva una gran voglia di piangere. Quand'ecco sente bussare alla porta, corre ad aprire e vede Gesù dinanzi a sè il quale, presala fra le sue braccia, le dice: "Figlia, amor mio, piangi sul mio cuore!… Io voglio tenerti stretta al mio cuore. Voglio che tu provi un po' di quell'amore che ho per te". "A questo punto - scrive Teresa - mi sono trovata con un fuoco, come già avevo avvertito un'altra volta". E concludeva: "Grazie, Gesù mio, (perché) Tu tanto mi ami" ("Diario", p. 1978).
Il 10 dicembre il gonfiore delle mani arrossate e il dolore era talmente acuto da non permetterle di lavorare. I dolori le causavano persino vomito e mal di testa fortissimo. "Mi vedo avvilita - scriveva Teresa - perché non so cosa fare". Va a Caiazzo, presso il medico che l'aveva curata per 15 anni; ma non appena il medico vede le mani, esplode in queste parole: "Ma sì, lo dicevo io, che ci doveva essere qualcosa di divino! … Per questo non sapevo spiegarmi". Teresa, ingenuamente, gli chiede una cura…Ma dovette ritornarsene a Caserta portando nel cuore una grande pena e, nello stesso tempo, "una grande gioia" ("Diario", p. 1941-1942).
Rientrata in casa, a causa delle sofferenze insopportabili, si vide costretta a mettersi a letto. Dopo dieci giorni, il giorno di Natale del 1969, riuscì ad alzarsi per rassettare la casa e per cucinare. Mette sul fuoco una pentola nuova, acquistata tre giorni prima, per cuocere la pasta. Ma non appena la ritira dal fuoco - cosa inspiegabile! - il manico si stacca dalla pentola e questa, con tutta l'acqua bollente, le cade sopra l'addome, causandole gravi ustioni e forti dolori. Teresa attribuisce quel brutto scherzo al demonio. Ma non si perde d'animo: offre le sue sofferenze per le anime attraverso le mani di Maria. "Tale è il dolore - scriveva - da non riuscire a formulare nessun pensiero, tranne quello di offrire tutto e tutta me stessa e quello che mi capita, per le anime" ("Diario", pp. 1942-1943).
Nel "Diario", al giorno 20 novembre, Teresa annotava: "Ogni giovedì, venerdì e martedì (Gesù) mi ha fatto un regalino a me caro: mi ha fatto provare qualche colpo della sua flagellazione in tutto il corpo. È stato dolorosissimo!… Ma è nulla in confronto dei dolorosissimi colpi che provò il mio amato Gesù. Posso dire però che questa volta il dolore è stato maggiore delle altre volte, (tale) che io non avrei neppure immaginato. O amor mio Gesù, donami la forza di amarti e di soffrire sempre per amor tuo!…" ("Diario", p. 1981).
È il 15 gennaio 1970. Gesù si presenta a Teresa e le dice: "Figlia mia Teresa, voglio offrirti la ferita del mio costato. Tu che ne dici? … Te la offro per la salvezza delle anime". Teresa, immediatamente risponde: "Sì, amor mio Gesù, l'accetto, e voglio tutto ciò che hai avuto Tu per i miei peccati. Sì sì, la voglio!… E Tu, come mai ti abbassi ad un simile verme? Grande Amore mio, ho sete del tuo amore. Voglio bere alla sorgente del tuo costato per gustare il dolore che hai provato Tu. Me lo fai questo grande regalo? … Che ne dici? …".
Quattro giorni dopo, il 19 gennaio, giovedì, mentre stava "in ginocchio pregando", Teresa ode una voce che la chiama. Si gira di scatto, e pensa tosto che sia Gesù, poiché in casa non vi è nessuno. Vede infatti Gesù il quale, col dito, le indica il suo Cuore. Teresa posa lo sguardo su quel Cuore e vede che da esso "uscivano fiamme di tutti i colori". "Vedi, figlia mia - le dice - guardami!". Teresa posa su di esso il suo sguardo e si sente - dice - "come incantata, come se la testa non l'avesse più". Le pare di trovarsi "sopra una collina molto alta" e si vede "inchiodata sulla croce… con dolori indescrivibili". Ad un tratto "un uomo come un mostro" prende la lancia e le ferisce il cuore. "Ho sentito - dice - lo strappo della carne, e poi un dolore ancora più forte, e non ho capito (più) nulla. Quando mi sono svegliata, mi sono trovata distesa sul letto e tutta insanguinata".
Tre giorni dopo (il 22 gennaio) scriveva: "Nella mia mente vedo ancora (come in) uno specchio, l'accaduto. Ma il cuore, così debole, quasi si rifiuta di accettare quel quadro che, di tanto in tanto, (mi) si affaccia alla mente. La mia mammina spirituale piangendo, dice: "Ci vuole un Prete!… Non è possibile (rimanere) così. Tu hai bisogno di qualcuno che ti guidi. Io posso far poco perché in queste cose ci vuole un Sacerdote". Ma due sue amiche, alle quali zia Antonietta aveva comunicato, imprudentemente, lo straordinario fenomeno, sconsigliarono Teresa a mettere in esecuzione il consiglio. Venne così a trovarsi tra due fuochi. In preda ad un tale stato d'animo, si rivolge al suo Gesù e gli dice: "O Gesù mio adorato, Tu sai cosa voglio chiederti in questa S. Messa: "Fammi conoscere il mio Padre spirituale, il quale mi aiuti a portare la croce, perché altrimenti io, da sola, non ce la faccio più". A questo punto una voce che viene dal profondo del mio cuore mi assicura che, non a lungo, lo conoscerò il Padre spirituale". Ma Teresa replica: "O amore mio Gesù, Tesoro dell'anima mia, dimmi dove lo posso trovare: ho bisogno di farmi una santa Confessione. Ora non ne posso più! Dimmi Tu, Gesù, cosa debbo fare". Ma la voce le risponde e le dice: "Non (andrà) a lungo l'incontrerai. È lui che ti cercherà" ("Diario", pp. 1985-1989).
Il venerdì 2 febbraio (1970), Teresa, ad un certo momento, vede Gesù legato alla colonna, mentre lo stanno flagellando. "Ad ogni colpo - così si esprime Teresa - la carne se ne salta a brandelli. Nel vedere trattare Gesù, il mio Sposo, il mio Signore, così, mi sento mancare le forze. È stata una cosa che non so ridire: piaghe da per tutto, ed erano fonde un centimetro. E mentre lo percuotevano, Gesù disse: "Teresa, Teresa, aiutami! aiutami!…". A questa voce - continua a dire Teresa - "mi buttai (nella mischia) ed ebbi la forza di strappare la frusta (il "flagellum") che aveva uno di quei boia e gliele suonai di santa ragione. Tutti scapparono via. Ed io, in compagnia di una donna, prendemmo Gesù e lo adagiammo in un lettino. Era tutto una piaga. Lo medicai, gli rimboccai le coperte e mi sedetti accanto, come se quelle ferite le avessi sentite io. Nel riprendermi da questa visione, ho trovato le mie carni così ferite come quelle che avevo visto in Gesù" ("Diario", p. 1991).
Il martedì santo, 6 aprile, Teresa, nel suo "Diario" annota: "Dolori fortissimi alle mani, ai piedi e al costato: un dolore che mi lascia impazzire: non trovo pace, quasi non capisco più nulla; la febbre sale fortissima; non so dove poggiare la testa; il cuore è come se battesse per conto suo; sulla testa poi mi sento come un cappello di spine, come se trapanassero la nuca e il cervello; tanto, ma tanto sangue vedo davanti ai miei occhi…". Rimane in tale stato per cinque giorni, ossia, fino all'11 aprile. Ma la mattina di Pasqua Teresa si sente "come se fosse in Paradiso". Ed aggiunge: "anche se, nel mio cuore, sento la mancanza dei miei genitori" (Diario pp. 2061-2062).
CAMILLA BRAVI
Gesù nella Comunione era, come in tutti questi giorni, tutto una piaga grondante Sangue. Mi disse ancora, stringendomi a Sé: «Prega e fa' fioretti, perché, ti ripeto, il castigo si fa sempre più vicino, ma sarà mitigato per le anime buone, specialmente per il Papa, il mio dolce Vicario, che per la sua vita di penitenza e preghiera è fatto secondo il mio Cuore. Egli vuole la Messa di domani propiziatrice, e vuole passare il suo Giubileo in preghiera, perché egli sa il castigo che minaccia l'umanità. Voglio preghiere e penitenza».
Pregai Gesù che, se fossi ancora in vita quando manda il castigo, mi desse un atto d'amore perfetto, e sempre, anche in punto di morte. Mi disse: «Non temere; stai in Maria Santissima. Ella è l'arca noetica che in mezzo ai flutti salva tutti quelli che sono in Lei. Vedi com'è addolorata? Piange lacrime di sangue».
Ella mi abbracciò mentre io asciugavo con i miei baci le sue lacrime di sangue.
Passai tutto il giorno unita a Gesù e a Maria. Gesù si presentava a me in tutta la sua passione: dal Getsemani alla prigionia, alle interrogazioni, la flagellazione, l'incoronazione di spine, il viaggio al Calvario, le beffe, gli sputi, le carni scarnificate, tutto coperto di lividure e di sangue sino all'ora della crocifissione. Poi le parole in croce, la morte, la ferita al costato, la Vergine Addolorata ecc.
Ogni ora passavano davanti al mio intelletto i dolorosi quadri della sua passione e morte senza che io facessi sforzi per meditare, perché Gesù stesso io lo vedevo nell'anima mia, in braccio all'Addolorata che mi mostrava la passione in Lui stesso. Era tutto lacero e contuso, ma quale dolcezza spirava da tutto il suo volto!
Mi diceva, stringendomi a Sé: «Non restare ai miei piedi, immergiti in Me, nel mio Sangue prezioso, nel mio dolore, nel mio Amore. Vedi come ti ho amata e come ho amato gli uomini! Per riscattarli da Satana, per non lasciarli cadere all'inferno, Io ho dato la vita. Senti come il popolo di oggi grida come allora: "Toglilo, crocifiggilo, lo vogliamo distruggere!". Sì, proprio così. E mi crocifiggono nuovamente nella mia Chiesa, nel Papa, nei miei sacerdoti che vorrebbero far morire, e tanti li flagellano e li uccidono barbamente. Sono i miei martiri di oggi».
Gesù continuò: «Lascia che Io mi nasconda in te, dal furore dei miei nemici. Vedi, Io continuo a vivere in te la mia passione; Io non posso più soffrire nel mio corpo glorioso, ma soffro nei miei membri, cioè soffro in loro le ignominie, i disprezzi, le torture, le pene fisiche, morali e spirituali. Essi, essendo uniti a Me, ricevono gli effetti e i meriti della mia Divinità, come la mia natura umana riceveva vigore dalla mia natura divina. Così essi completano nella loro carne ciò che mancava alla mia passione. Perché Io, che sono il Capo, soffro e continuo a soffrire la mia passione in loro, miei figli, figli della Chiesa. Questi martiri con il loro sangue germinano nuovi figli nella mia Chiesa. Essi sono la mia gloria».
«L'amo tanto questa povera umanità, che se potessi morire un'altra volta per salvarla, non esiterei un istante. Ma oggi sono più forsennati di allora. Senti come gridano: "Crocifiggilo, crocifiggilo, toglilo di mezzo!". Popolo eletto, che ti ho fatto perché tu mi abbia ad odiare così? Tu vorresti crocifiggermi ancora e prepari la croce ove crocifiggi i miei martiri, e mi fai tanto soffrire misticamente nella mia Chiesa».
«Dimmi, che ti ho fatto di male? T'ho fatto nascere nella mia religione, e tu come Giuda mi tradisci. Ti ho dato i miei sacramenti e tu li calpesti. Ti ho lasciato in dono tutto Me stesso, e tu profani le mie Ostie consacrate, il mio Sacramento d'amore. Sei parte del mio popolo cristiano e vuoi negare la mia esistenza, l'anima, l'aldilà, e segui i miei nemici, i figli di Satana».
«Dimmi, o società tutta, che mi odii, o resti indifferente, o mi neghi: che ti ho fatto di male? Per te ho dato la vita, ho creato le bellezze del cielo e della terra. Ti ho donato la Madre mia divina e la mia Chiesa. E tu tenti di uccidere il Papa! Ma Io lo salverò».
«Tutto ti ho dato, e vorrei darti il Paradiso, la gloria. Ma perché mi odii tanto, perché vuoi distruggermi nella mia Chiesa? Rispondimi: che ti ho fatto di male? Ti ho fatto anche ora tanti miracoli, ma tu non credi. Popolo ingrato, Io ti amo tanto tanto, malgrado tutto, perché sei mio, il mio popolo».
E così lamentandosi, Gesù m'immergeva continuamente in Sé e mi comunicava il suo dolore e il suo Amore. Io provai continuamente un dolore forte dei miei peccati e la solita fiamma d'amore; e mentre Gesù si lamentava, io offrivo continuamente al divin Padre tutto lo strazio di Gesù e di Maria, i loro meriti, il Sangue prezioso, e le lacrime della Madonna.
Stringendomi a Sé, Gesù mi diceva: «Sei mia, lascia che ti offra con Me; voglio viverla tutta in te la mia passione dolorosa; tu mi ami e come la Maddalena conforti il mio Cuore. Lascia che Io mi nasconda in te, per non sentire l'odio dei cattivi».
Io gli dissi: «Gesù, sei tanto buono, perdona ancora a tutti, non castigarci».
Ed Egli: «Devo mandare i castighi per la mia gloria. Ma ti ripeto che saranno mitigati per i buoni e per i miei Martiri, e per l'intercessione di Maria Santissima. Ti ripeto: saranno mitigati e trionferà il mio Amore, perché tanti si salveranno anche se moriranno, perché Io darò a tutti luce per pentirsi».
Quando, alle due del pomeriggio, ascoltavo la parola di Gesù: «Dio mio, perché mi hai abbandonato?», Egli mi disse: «Anche tu proverai questa pena straziante, ma Io ti sosterrò anche se tu non l'avvertirai, perché voglio viverla tutta in te la mia passione; poi avrai parte alla mia gloria».