È ufficiale: Paolo VI sostituì, all’ultimo, ‘De nascendae prolis’ con la più moderna 'Humanae vitae’

Cade finalmente il mito del Papa conservatore autore del Concilio.

L’ultimo totem dei conservatori conciliari ha avuto una storia strana. La racconta Avvenire, quotidiano della Conferenza episcopale italiana


[…] Il nuovo sorprendente capitolo nella storia dell’enciclica più controversa e più disattesa del magistero pontificio è condensato in un saggio prezioso, “La nascita di un’enciclica. Humanae vitaealla luce degli Archivi Vaticani” (Libreria Editrice Vaticana) scritto da Gilfredo Marengo, docente di antropologia teologica al Pontificio istituto teologico “Giovanni Paolo II”.

Lo studioso aveva annunciato l’agosto scorso, proprio su queste colonne, l’avvio del suo lavoro di ricerca. In vista dell’anniversario di Humanae vitae il Papa stesso aveva autorizzato l’analisi di documenti, mai indagati perché protetti dalla legge che impedisce ricerche prima dei 70 anni dal compimento degli eventi. Ora quello studio – né segreto né avvolto dal mistero di qualche strano complotto – vede finalmente la luce e dimostra che ne valeva davvero la pena.

L’enciclica bocciata

La novità più clamorosa riguarda come detto un testo già approvato, stampato e di cui era già stata programmata l’uscita per il 23 maggio 1968, solennità dell’Ascensione. Era il risultato di una riscrittura che Paolo VI aveva affidato al padre domenicano Mario Luigi Ciappi, allora teologo della Casa pontificia, poi cardinale. Ciappi aveva lavorato su un progetto preparato dalla Congregazione per la dottrina della fede, nell’autunno-inverno ’67, dopo che l’anno precedente Montini aveva considerato insoddisfacente il documento conclusivo della Commissione pontificia favorevole, com’è noto, all’uso della contraccezione.

Ma cosa non funzionava in quel testo? «Dal punto di vista dell’impianto generale – spiega don Marengo – colpisce l’intenzione di accrescere, per quanto possibile, il profilo dottrinale già dominante in quello della Congregazione». Ne risultava un’enciclica che, eliminato già nei primi paragrafi il richiamo allo specifico cristiano della comprensione dell’amore coniugale, finiva per configurarsi «come un rigoroso pronunciamento di dottrina morale». Ma non solo, padre Ciappi introdusse anche il richiamo all’eccellenza del celibato e della verginità consacrata e una forte sottolineatura del primato del fine procreativo, in linea con la Casti connubi di Pio XI (1931). Un po’ troppo anche per quell’epoca.

La riscrittura del Papa

Quando quel testo, come detto già stampato in latino, arrivò in mano ai traduttori, ecco il colpo di scena. Furono soprattutto i teologi francesi (tra gli altri Paul Poupard) e spagnoli (Eduardo Martinez Somalo) a segnalare l’inaccettabilità di un impianto decisamente preconciliare. Il cardinale Giovanni Benelli, allora sostituto di Stato, segnalò il problema a papa Montini. Breve riesame e l’enciclica venne subito congelata. La patata bollente passò a un altro teologo domenicano, padre Benoit Duroux, consultore della Dottrina della fede. Ma anche quel testo non risultò del tutto agevole. Allora, all’inizio di luglio, fu lo stesso Paolo VI a riprendere tutta la sezione pastorale del testo, con una serie di sottolineature di profonda delicatezza che ancora oggi rivelano la sua impronta. Cambiò anche il titolo. Da Vitae tradendae munus, al più immediato Humanae vitae. Nel nuovo libro di Gilfredo Marengo viene pubblicato il testo dell’enciclica con tutte le correzioni manoscritte del Papa.

Una consultazione “quasi” sinodale

Tra le altre sorprese uscite dagli Archivi Vaticani, quella relativa al primo Sinodo dei Vescovi (autunno 1967) è sicuramente tra le più gustose. In quell’occasione Paolo VI chiese a tutti i padri sinodali di inviargli riflessioni e suggerimenti sul tema della regolazione delle nascite. «La volontà del Papa di consultare tutti i membri della assemblea sinodale – osserva ancora Marengo – è molto importante, perché una delle accuse più ripetute, dopo la pubblicazione di Humanae vitae, fu che la sua decisione era avvenuta in maniera non collegiale».

In realtà proprio collegiale non fu perché risposero però solo 26 presuli (i membri del Sinodo erano quasi 200), in un arco di tempo compreso tra il 9 ottobre 1967 e il 31 maggio 1968. E di questi 19 si espressero per la liceità dell’uso di metodi contraccettivi. Soltanto sette chiesero al Papa di pronunciarsi ribadendone l’illiceità. Sappiamo come andò a finire. Anche se forse per la parola fine bisogna attendere ancora. Siamo lieti in ogni caso che sia uscita un'ulteriore prova che smentisce la visione idilliaca che molti conservatori conciliari hanno della figura di Paolo VI e dell'aura di "cattolicità conservatrice" nei riguardi dell'Humanae Vitae.

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