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"Valutare caso per caso"... NO! Così avete distrutto la morale cattolica!

Caro Padre Angelo,
Le scrivo per porgerLe una domanda piuttosto delicata che riguarda un tema scottante, attuale e molto complesso: la vita dell’embrione, la sua tutela e la presenza già in esso dell’anima.
In realtà le domande sarebbero due. Le pongo in ordine di importanza:
Conosco, anche grazie alle Sue risposte, la posizione della Chiesa riguardo la fecondazione artificiale, come la contrarietà ad ogni forma di ricorso a metodi quali la fecondazione eterologa, l’utero “in affitto”, ecc. Ho letto e compreso bene risposte e motivazioni.
Parlando con alcuni amici e studenti di Teologia e di Scienze Religiose, è emersa una questione spinosa che riassumo così: pur considerando sbagliato il ricorso alla fecondazione eterologa, esistono (purtroppo) numerosi embrioni congelati, che mai verranno utilizzati e che, presumibilmente verranno distrutti. Se una coppia o, per questioni puramente biologiche, una donna decidesse di prestarsi (il termine è fuorviante, ma intendiamolo in senso di “mettersi al servizio”) e di portare avanti una gravidanza col solo scopo di evitare la distruzione di una vita, come si configurerebbe questa azione?
Faccio ulteriori precisazioni: escludiamo ogni tipo di mercato degli embrioni (già comunque vietato) così come ogni altra forma di mercificazione della vita umana e consideriamo soltanto l’azione intesa come tentativo di evitare la distruzione di un embrione.
In questo caso, non dovrebbe essere considerata azione lecita in quanto il fine che ci si prefigge è quello di salvare una vita ed è esclusa ogni forma di egoismo?
Assassinare è sbagliato, ma sparare per difendere un innocente non lo è. Dunque un’azione non dovrebbe essere intesa solo in astratto, ma nel contesto in cui si inserisce, o sbaglio?
Naturalmente so che un pronunciamento sulla questione potrebbe spalancare le porte ad altre conseguenze, ma io Le chiederei di valutare la singola azione in sé.
La saluto, Le auguro buon tutto e…un buon cammino verso la Pasqua!

Risposta del sacerdote

Carissimo,
sono due le questioni che sorgono dal tuo quesito.
La prima concerne l’adozione di un embrione crionservato.
La seconda le motivazioni che alla fine adduci.
Veniamo dunque alla prima.

1. Quando si parla di embrioni crioconservati bisogna tenere i piedi per terra, e cioè partire dai rischi gravissimi cui viene sottoposto l’embrione.
È necessario prendere coscienza che le tecniche di crioconservazione sono molto rischiose per l’integrità e la sopravvivenza degli embrioni, la maggioranza dei quali muore o subisce danni irreparabili in fase di congelamento o di scongelamento.
Oltre a questi effetti immediati, studi recenti su modelli animali hanno evidenziato in adulti provenienti da embrioni congelati differenze significative in aspetti morfofunzionali e comportamentali.
Inoltre, a parte i dati di insuccesso, è molto forte il rischio di selezione.
Selezione che diventa ancora più forte qualora le diagnosi prenatali ravvisassero qualche difetto ricorrendo all’aborto.

2. A parte tutto questo, è necessario poi tenere presente il peso psicologico cui si sottopone un bambino esposto non solo ad essere senza padre e senza madre, ma a non sapere nulla di nulla di chi siano i genitori, i loro nonni, i bisnonni, eventuali fratelli, sorelle, cugini…
Questi bambini vengono catalputati in questo mondo del tutto privi e ignari delle loro relazioni parentali.
Non è una violenza gravissima questa che può avere un peso enorme nello sviluppo di quella persona.

3. Come ben si vede, non è un atto di carità darli in affido a qualcuno.
Quale la loro fine allora?
La Donum vitae (l’istruzione della Congregazione per la dottrina della Fede) avverte che gli embrioni congelati rimangono esposti ad una fine assurda, della quale sono colpevoli coloro che hanno fatto o permesso tutto questo.

4. In questa situazione assurda e immorale, la scelta meno grave parrebbe purtroppo essere quella di lasciarli in questa situazione di esseri umani ibernati dalla prepotenza di alcuni.
Sembra brutale dire questo.
Ma fare il contrario – a detta di molti – lo è ancora di più.
Sicché le varie legislazioni dovrebbero proibire del tutto l’ibernazione degli embrioni umani.
È un fatto del tutto deplorevole e disumano.

Adesso invece vengo alla seconda questione, che sollevi senza accorgertene, ma usando un linguaggio che in certi ambienti sembra diventare comune.

1. Esaminare le singole azioni come si suol dire caso per caso non significa che in alcuni casi ciò che intrinsecamente male qualche volta diventi buono.
Il Magistero della Chiesa ha ricordato che “le particolari circostanze che accompagnano un atto umano oggettivamente cattivo, mentre non possono trasformarlo in un atto oggettivamente virtuoso, possono renderlo incolpevole o meno colpevole o soggettivamente giustificabile” (26.4.1971).

2. Ora un conto è esaminare un’azione compiuta, e allora si prende in considerazione il soggetto e se ne valuta la capacità di piena avvertenza della mente e deliberato consenso della volontà.
Un altro conto invece è programmarla, sapendo che si va incontro ad “una fine assurda”.

3. Per cui anche esaminando caso per caso va tenuto presente che i precetti morali negativi (e cioè quelli che proibiscono un male) obbligano sempre e in ogni caso(semper et pro semper).
Una bestemmia, analizzata caso per caso, sarà sempre una bestemmia e non diventerà mai una giaculatoria.
Così gli atti impuri, analizzati caso per caso, rimangono sempre atti impuri e non diventeranno mai un atto di lode a Dio.
Giovanni Paolo II in Veritatis splendor ha affermato: “I precetti negativi della legge naturale sono universalmente validi: essi obbligano tutti e ciascuno, sempre e in ogni circostanza.
Si tratta infatti di proibizioni che vietano una determinata azione semper et pro semper, senza eccezioni, perché la scelta di un tale comportamento non è in nessun caso compatibile con la bontà della volontà della persona che agisce, con la sua vocazione alla vita con Dio e alla comunione col prossimo.
È proibito ad ognuno e sempre di infrangere precetti che vincolano, tutti e a qualunque costo, a non offendere in alcuno e, prima di tutto, in se stessi la dignità personale e comune a tutti” (VS 52).
E ancora: “La fermezza della Chiesa, nel difendere le norme morali universali e immutabili, non ha nulla di mortificante…
Di fronte alle norme morali che proibiscono il male intrinseco non ci sono privilegi né eccezioni per nessuno.
Essere il padrone del mondo o l’ultimo “miserabile” sulla faccia della terra non fa alcuna differenza: davanti alle esigenze morali siamo tutti assolutamente uguali” (VS 97).

4. Infine dici che un’azione non dovrebbe essere intesa solo in astratto, ma nel contesto in cui si inserisce, e ti domandi: “sbaglio?”.
Sì, almeno in parte sbagli perché se vuoi valutare un’azione nella sua concretezza devi tenere presente tre elementi: l’obiettivo intrinseco dell’azione, il soggetto e le circostanze.
Ora l’intenzione del soggetto, per quanto buona e sacrosanta, non potrà mai rendere buono “un atto umano oggettivamente cattivo”. Diversamente introduci il principio che il fine (buono e sacrosanto) giustifica i mezzi.
Ma oltre che il diritto naturale, anche San Paolo ricorda che non si può fare il male perché ne venga fuori il bene (Rm 3,8).

5. Infine sbagli quando sembri far capire che la legittima difesa consista nel rendere buono in un determinato caso ciò che è intrinsecamente cattivo.
Mentre per legittima difesa s’intende impedire con mezzi leciti che venga compiuto un male.
Se poi in questo tentativo l’aggressore muore, c’è da dire solo che è lui che si è messo in tale situazione.

6. Hai usato il termine “sparare”: sparare significa anche sparare in alto, intimidire.
E questo di per sé (e non solo “nel contesto”) non è un peccato.
Ed è quanto è lecito fare, ad esempio, alle forze dell’ordine in caso di aggressione o violenza.

7. Nei casi estremi si cercherà di impedire anche con un’arma da fuoco che l’aggressore uccida un innocente.
Ma questo non è l’equivalente che uccidere.
I teologi moralisti ricorrono al principio del volontario indiretto, e cioè di un effetto cattivo concomitante con un buono e inseparabile da esso, ma non raggiunto per mezzo di esso.

8. Per cui, caro Alberto, come diceva quel tale (ma non era poi un “tale” qualunque), salviamo almeno i principi.
Fai attenzione alla dizione caso per caso. Perché il compimento volontario del male non conosce alcuna eccezione.
Non va mai fatto in ogni caso.
Anzi, usando la tua dizione, non va mai fatto “caso per caso”.

Ti auguro di essere sempre aderente alla verità che è infine quella che tutela il bene di tutti, soprattutto dei più deboli.
Contraccambio di cuore gli auguri pasquali, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo Bwllon