Giosuè
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Perdona, come Dio ha perdonato a te. Domenica 17 settembre

Commento

Nel Vangelo di questa domenica, Gesù ci propone il tema del perdono. Come Dio perdona a noi attraverso il Sacramento della riconciliazione (confessione), altrettanto noi dobbiamo esercitare la facoltà di perdonare verso i nostri fratelli. Se guardiamo al risvolto sociale del perdono, sappiamo che è una delle espressioni più alte di civiltà, e di convivenza civile. Ebbene, questa è anche una delle caratteristiche principali dell’amore. Non si può amare se si è feriti dentro e non si sana questa ferita accordando il perdono a coloro che ci hanno offeso, perché questa ferita interiore invece di rimarginarsi potrebbe rischiare di allargarsi e non tenerci nella pace interiore. E’ duro e difficile perdonare, ma se consegniamo a Gesù il nostro spirito perché sia Lui a guidarci in questa intenzione, che poi si concretizza in gesti esterni, ci riusciremo senz’altro. Quando nella preghiera del “Padre nostro” chiediamo a Dio di rimettere a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo a i nostri debitori, da una parte chiediamo a Dio di perdonare e cancellare i nostri peccati, e dall’altra noi ci impegniamo a fare lo stesso con i nostri fratelli. Se riportiamo questa parabola alla vita eterna, quella futura, è chiaro che se non avremo perdonato in vita, dopo la nostra vita dovremo scontare tutti i nostri peccati e siccome il perdono è una delle forme più alte ed espressive dell’amore, se noi non avremo perdonato, pregiudicheremo anche la nostra salvezza, in quanto avremo poco amato. Gesù ce lo conferma in questo passo: «per questo ti dico: le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato. Invece quello a cui si perdona poco, ama poco» (Lc 7, 47).

Vangelo secondo Matteo (18, 21-35)

In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».

By Giosuè

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