Sull'eresia modernista...

La disgustosa farsa cui assistiamo da almeno cinquant’anni si avvia verso l’epilogo. Il modernismo, pur con le sue fasi successive, contiene in se stesso il principio della propria dissoluzione. La sua essenza, infatti, va individuata nello scetticismo radicale di chi nega a priori la possibilità di conoscere la realtà – soprattutto quella divina – e ripiega quindi sull’esperienza e sulla prassi. La fede non è più intesa, in questo contesto, come adesione della coscienza alla verità oggettiva rivelata da Dio, ma come sentimento irrazionale o come opzione puramente volontaristica. La Chiesa si identifica con il proprio divenire storico e non può affatto, di conseguenza, fissarsi nelle sue dottrine e nei suoi riti: in questa visione tutto deve necessariamente evolversi senza posa in conformità allo spirito del tempo. In poche parole, è il cristianesimo reinterpretato con la chiave della gnosi contemporanea, ovvero il suo auto-annullamento.

Inutile dire che le teorie moderniste si confutano da sé a partire dalle loro stesse premesse. Perché bisognerebbe oggi accettare una tesi che domani sarà inevitabilmente superata – e questo non per motivi accidentali, ma per principio? Se oggi non si può piùaffermare che una determinata condotta oggettivamente contraria alla Legge divina è peccato mortale (mentre lo si è potuto fare fino a ieri), chi ci garantisce che domani non lo si possa più dire di un’altra condotta attualmente condannata, per esempio della pederastia? Ma che cosa si può esigere più dalle persone, a partire da presupposti simili? Per quale ragione bisogna biasimare – altro esempio a caso – chi si oppone all’immigrazione selvaggia, ovvero all’invasione pianificata dell’Europa? Nell’odierno contesto culturale ciò è stigmatizzato come un crimine imperdonabile, ma in futuro la percezione socio-politica di questo atteggiamento potrebbe mutare. Non rimane più nulla di moralmente certo, per il semplice motivo che non ci sono più princìpi.

L’esito finale del modernismo, tuttavia, è ancora più radicale. Esso non si limita infatti a svuotare la conoscenza e la morale, ma è intrinsecamente ateo e nichilista. In questo atteggiamento dello spirito Dio è coerentemente ridotto ad opinione o sentimento, la grazia ad effetto sensibile, la vita a un susseguirsi disarticolato di singole esperienze più o meno soddisfacenti. Ogni aspirazione umana si appiattisce disperatamente sull’orizzonte terreno, dato che non si ha più alcuna nozione di un oltre. Poiché la storia contiene in sé il proprio principio come il proprio fine, sparisce dalle coscienze la salutare attesa del giudizio finale; i comportamenti attualmente ritenuti inaccettabili possono essere sanzionati unicamente da mutevoli ordinamenti legislativi tanto più cavillosi quanto meno efficaci, che finiscono col penalizzare gli onesti e premiare i delinquenti. In una simile temperie ideologica, la disperazione attanaglia i cuori e l’esistenza si trasforma in una spaventosa prigione da cui fuggire.

L’ateismo e il nichilismo modernisti, fino a mezzo secolo fa, erano peraltro limitati ad ambienti molto circoscritti; il popolo ne era complessivamente preservato dall’opera della Chiesa. Da quando però una manciata di ecclesiastici rivoluzionari prese surrettiziamente il controllo dell’ultimo Concilio, riuscendo così ad introdurne nei testi i germi letali, gli argini che fino a quel momento ne avevano preservato il popolo cristiano sono rovinosamente crollati e una marea di fango ha travolto con esso l’intera società moderna. Non è stata la cosiddetta secolarizzazione – come ci hanno ripetuto fino alla nausea durante gli studi teologici – a provocare la crisi di fede, ma lo snaturamento della fede a spegnerla nei cuori di moltissimi uomini che credevano con semplicità, fidandosi dei preti e della Chiesa. È ovvio che la propaganda dei nemici di Dio, a quel punto, non ha più trovato ostacoli; anzi, si è potuta avvalere della collaborazione di coloro che, fino allora, erano stati suoi avversari.

Ma i paradossi, purtroppo, non finiscono qui. I modernisti hanno dato la scalata ai più alti vertici della Chiesa Cattolica e li hanno raggiunti; dobbiamo se non altro ammirarne la perseveranza e l’avvedutezza. Con calma e precisione, poi, senza che le masse dei credenti se ne avvedessero, hanno radicalmente trasformato il cristianesimo dando l’impressione che nella sostanza non cambiasse nulla. Oggi un prete, un catechista, un insegnante di religione innamorato del supremo Pastore può essere convinto in totale buona fede di essere un perfetto cristiano: basta avere le sue stesse idee e ripeterne macchinalmente gli slogan. Nella predicazione e nella catechesi non si è mai citato tanto il Pontefice regnante; la stampa non ne ha mai raccolto ogni quotidiana esternazione con altrettanta attenzione e premura. Quei pochi che hanno occhi aperti e orecchie tese gridano allarmati all’eresia; il fatto è che qui – ahimé – siamo ben oltre: il modernismo, come lo qualificò san Pio X, è la sentina di tutte le eresie, la cloaca di tutti gli errori, lo scolo di tutte le aberrazioni, perché è, in una parola, intrinsecamente irreligioso e irrazionale.

La teologia del passato ha ammesso e discusso l’ipotesi di un papa eretico; non ha nemmeno immaginato quella di un modernista che, anziché guidare i fedeli al culto di Dio, li inciti al culto dell’uomo e della terra… Come può essere assistito dalla grazia connessa all’ufficio chi le opponga un insormontabile ostacolo? Più radicalmente ancora, come può detenere nella Chiesa un ufficio legittimo chi di fatto ne rinneghi la fede? Certo, sono questioni gravissime, ma, nostro malgrado, siamo obbligati a porcele dalla nostra coscienza. Preferiremmo illuderci come gli altri che tutto vada a meraviglia, ma non ci è permesso. Con l’aiuto dello Spirito Santo, abbiamo aderito – e perseveriamo nell’aderire – alla verità oggettiva rivelata da Dio e riconosciuta dalla ragione, sforzandoci di ottemperare, sostenuti dalla Sua grazia, ai Suoi immutabili Comandamenti di vita eterna. La nostra fede non è un’interpretazione provvisoria, ma quella trasmessa dagli Apostoli una volta per tutte e professata dai Martiri e dai Santi di ogni tempo e cultura. La nostra mèta non si trova in questo mondo, ma ci attende al di là di esso, se ne saremo giudicati degni.

Tutto il resto è una squallida messa in scena che, avendo ormai raggiunto il culmine, ha già cominciato a implodere. Un “cristianesimo” che, secondo il programma della massoneria, si è lasciato aiutare a cambiare, a evolversi con la storia, a diventare qualcos’altro per essere accetto a quanti militano per Lucifero è una ridicola e insignificante parodia che deve estinguersi per sua stessa natura, lasciando il campo a quei pochi che, per grazia di Dio, hanno conservato una fede autentica. Certo, ci sarà ancora da combattere duramente; ma, per chi vede dentro i fenomeni, la commedia è finita.

Fonte: lascuredielia.it
Maurizio Muscas
Perfetto.
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Sam Gamgee
E' vero che il modernismo e' l' anticamera dell' ateismo ,che non sa affermare nulla , solo nega . Temo pero' che per liberarsene completamente ci vorranno due o tre generazioni , ed in mancanza di trasmissione della Fede all'interno delle famiglie rimarra' probabilmente alla fine solo un piccolo Resto di giusti .