Non più "Dio" ma Padre (Mt 6,9)

Nella lingua ebraica non esiste il termine genitori ma solo un padre e una madre con compiti differenti. Mentre il padre è colui che genera, la madre si limita a partorire il figlio (Is 45,10). Il figlio riceve la vita esclusivamente dal Padre e la prolunga assomigliandogli nel comportamento mediante la pratica dei valori ricevuti. Figlio di... non significa tanto nato da... ma assomigliante nel comportamento. Poco prima di insegnare questa preghiera Gesù ha parlato di Dio come un Padre invitandoli ad assomigliargli nell'amore, ad essere come lui perfetti nella capacità di voler bene: "Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli " (Mt 5,48). Invitando i discepoli a rivolgersi a Dio chiamandolo Padre la relazione con Dio alla quale Gesù chiama è quella dell'assomiglianza al suo amore. Quando si prega un Dio vendicativo e bellicoso è inevitabile finire per diventare come lui. Per questo l’iroso autore del salmo 109 può trasformare in preghiera i suoi istinti omicidi e chiedere a Dio che il suo nemico muoia, e i suoi figli vadano raminghi, mendicando, e siano votati allo sterminio. Per poi finire piamente con “Alta risuoni sulle mie labbra la lode del Signore” (Sal 109,30). Oppure trasformare una strage in lode (“Percosse l’Egitto nei suoi primogeniti, perché eterna è la sua misericordia”, Sal 136,10; “Figlia di babilonia devastatrice, beato chi ti renderà quanto ci hai fatto. Beato chi afferrerà i tuoi piccoli e li sfracellerà contro la pietra” Sal 137,8-9). Nel vangelo di Giovanni, Gesù constaterà amaramente che “viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio” (Gv 16,2). Culto a Dio e intenti omicidi convivono, l’uno accanto l’altro, nella sinagoga: i fedeli, a forza di chiedere a Dio di ammazzare i nemici, diventano nemici e assassini di Dio. L'immagine di Dio che Gesù presenta quale Padre è completamente nuova nel panorama religioso dell'epoca. Per la prima volta veniva presentato un Dio che non premiava i buoni e castigava i malvagi ma a tutti indistintamente dirigeva il suo amore. Tutti coloro che accolgono l'amore incondizionato di Dio e lo prolungano attraverso gesti concreti di misericordia, di condivisione e di perdono possono essere considerati i figli di questo Padre, nel senso che in essi scorre la stessa vita divina, indistruttibile. Con questo Gesù scalza le fondamenta stesse della religione dove l'uomo veniva presentato quale un servo chiamato a servire il suo Signore. Nella nuova relazione con Dio alla quale Gesù invita, dalla “servitù” nei confronti di Dio si passa alla “figliolanza” verso il Padre. Mentre la prima sottolineava la distanza tra Dio e l'uomo, la seconda l'annulla. Non più l'uomo è chiamato a servire la divinità, ma è Dio stesso che si fa servo degli uomini per innalzarli al suo stesso livello: “Il Figlio dell’uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mt 20,28; Lc 22,27). Paolo insiste molto sull'adozione a figli (Rm 8,15): Dio in Gesù “ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù cristo, secondo il suo disegno d'amore” (Ef 1,4). Con Gesù la distanza tra Dio e l'uomo viene definitivamente eliminata. La relazione tra l'uomo e Dio, una volta posta su un piano di figlio-Padre, non toglie Dio dall'ambito del sacro ma vi immerge l'uomo, e cambia completamente il carattere del culto (cf Gv 4,23-24; Rm 12,1). Mentre dio abita in un tempio, il padre in una casa. Mentre dio ha bisogno di sacerdoti, il padre di figli. Mentre i sacerdoti devono rispettare tempi e luoghi sacri per comunicare con la divinità, per i figli la relazione col padre è continua e sempre possibile prescindendo da luoghi e tempi. Le situazioni esistenziali che permettono questa nuova relazione con Dio quale Padre, sono state presentate da Matteo nelle beatitudini. La scelta della condivisione generosa dei propri beni e della propria vita (cf Mt 5,3) permette a Dio di manifestare pienamente la sua regalità/paternità, e ai credenti di situarsi in una relazione figli-Padre. L'attività dei "costruttori di pace" (Mt 5,9) a favore della felicità degli uomini consente non solo di essere riconosciuti quali "figli di Dio", ma di assicurarsi la protezione che il Padre garantisce ai suoi figli (cf Sap 2,18).

(Continua...)
ISTRUZIONE CATTOLICA