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"Il mio Cuore è Eucarestia viva." Scrive Maria Valtorta: È da ieri sera alle 18 che ho la vista di un Cuore fulgidissimo. Pare oro liquido, oro reso vetro prezioso e illuminato all'interno da una luce …Altro
"Il mio Cuore è Eucarestia viva."

Scrive Maria Valtorta:
È da ieri sera alle 18 che ho la vista di un Cuore fulgidissimo. Pare oro liquido, oro reso vetro prezioso e illuminato all'interno da una luce potente. Raggi veementi si sprigionano da esso e lo circondano di un'aureola splendidissima. Il Cuore palpita veemente, come quando una emozione, un sentimento profondo lo scuote. A tratti di un oro ancor più folgorante e chiaro si legge in esso la sigla: IHS.
Ma questo Cuore, la cui forma e il cui moto sono proprio in tutto quelli di un cuore, organo umano, mi appare come una viva Ostia, raggiante nel suo ostensorio d'oro, perché il folgorare dei raggi l'arrotonda, direi quasi, nella sua punta, e più che altro perché, là dove è segnata la sigla santa, sembra una grande particola che, luminosissima, viva1 nella luminosa carne del Cuore divino, quasi fosse l'anima di quel benedetto Cuore.
Dico le serali orazioni, dette in comune, così, con gli occhi del mio spirito fissi su questo Sole d'amore che è il Cuore di Cristo… e mi prefiggo di fare le mie ultime offerte mentre gli altri mangiano, perché non mi fu possibile farle durante tutto il giorno o per una causa o per l'altra.
Ma appena sola, mentre metto via i libri che ho sul letto e i lavori per occuparmi di quanto voglio, mi capita fra capo e collo un attacco cardiaco così forte che credo di partire per l'altro mondo. E non posso fare più nulla… posso soltanto dire a Gesù:

"Prendi questa sofferenza che Tu mi dai al posto di quella che mi volevo dare io". E soffro per ore e ore così.

E soffro anche oggi, anche ora. Ma vedo sempre il raggiante Cuore e ne sono sollevata in tutto fuorché nella carne, la quale è in un vero tormento completo.
Ieri sera, credendo proprio di morire, per non morire sola mi ero messa davanti, sulle ginocchia un poco flesse, il mio Gesù, la Vergine di Fatima e Gemma (potrebbe essere santa Gemma Galgani, già menzionata nel "dettato" del 3 febbraio ndr).
Avrei voluto anche S. Giuseppe, ma non mi potevo muovere per prenderlo. Tenevo in mano le mie corone del Rosario e dell'Addolorata e mi sentivo come circondata da infermieri che meglio non ce n'è. Guardavo fisso fisso Gesù, Maria e Gemma; quando sentivo la morsa farsi più viva e il cuore rallentare i suoi battiti fino a sospenderli per dei secondi e pensavo: "Ora me ne vado", li guardavo più ancora e li chiamavo. Non per esser preservata da morte. Ma per morire in un atto d'amore, perché l'ultima parola e l'ultimo sguardo fosse per loro. In Gemma erano tutti i santi. Fra Gesù e Maria collocavo anche S. Giuseppe, ed ero a posto.

Adesso, poi, dice Gesù:
«Il tuo spirito ha visto giusto. Il mio Cuore è Eucarestia viva. Da dove si parte l'amore? Dal cuore. Cosa è l'Eucarestia? È amore. Ecco dunque che, quando pensate all'Eucarestia, potete dirvi: "Ecco il cuore del Cuore di Gesù". E quando pensate al mio Cuore potete dirvi: "Ecco la matrice in cui si formò l'Eucarestia".
Il mio Cuore! L'Ostia che si è immolata anche oltre la morte, volendo essere spaccato anche dopo che aveva tutto sofferto per essere non solo martirizzato dal tradimento, dall'abbandono e dalla tortura, ma anche vilipeso oltre la vita per dare le ultime stille che erano ancora nelle latebre di un Martire svenato.
L'Ostia che fu ostia quando ancora non era che Pensiero. E che divenne, che si fece Cosa per essere Ostia.
Non ti dico di più perché non puoi di più scrivere. Ama il mio Cuore col tuo cuore; fino all'ultimo suo palpito, fra gli spasimi della sua malattia il tuo cuore di amante ami Me, Cuore di Dio.»

Valtorta - Quaderni - 13 giugno 1944 ed. Cev