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"Ho ucciso un uomo, vengo giustiziato ma andrò in Paradiso" - Jacques Fesch: sembra un Film... un altro Sant'Agostino nel XX sec? Il testimone di cui vi vorrei parlare non è ancora canonizzato né …Altro
"Ho ucciso un uomo, vengo giustiziato ma andrò in Paradiso" - Jacques Fesch: sembra un Film... un altro Sant'Agostino nel XX sec?

Il testimone di cui vi vorrei parlare non è ancora canonizzato né beatificato dalla Chiesa, eppure la sua vicenda terrena ci testimonia una santità raggiunta, in breve tempo, attraverso una via non ordinaria, una via di purificazione che la Divina Provvidenza gli ha posto innanzi e che lui ha saputo accettare.
Questa accettazione gli ha ottenuto la misericordia di Dio e una trasformazione straordinaria e lo ha fatto diventare uno dei più bei capolavori della grazia e della potenza di Dio nel XX secolo.
Sto parlando di Jacques Fesch, di cui adesso vediamo brevemente l'entusiasmante storia.
Jacques Fesch nasce il 6 aprile 1930 a Saint-Germain-en-Laye (Francia) in una famiglia ricca, stimata e temuta. Il padre, dichiaratamente ateo, insegna ai figli che solo nella ricchezza c’è la vera felicità e li allontana progressivamente dalla fede.
A 17 anni è un ragazzo sbandato, che vive di espedienti, sperperando i soldi del padre in macchine di lusso, donne e feste.
A 21 anni è perdutamente innamorato di una ragazza e dalla loro unione nasce una bimba; si sposeranno poi civilmente, ma si rivela una relazione instabile e insoddisfacente, tanto che Jacques avrà un altro figlio dalla relazione occasionale con un’altra donna.
Intanto sogna la Polinesia, nella quale progetta di espatriare; megalomane come sempre, vuole comprarsi un battello per raggiungere la terra dei suoi sogni, ma, non avendo i soldi sufficienti, il 25 febbraio 1954 tenta una rapina a mano armata nel negozio parigino di un cambiavalute. Feritolo gravemente, si dà alla fuga e riescono ad acciuffarlo solo parecchie ore dopo. Arrestato, viene gettato in prigione dove è messo in isolamento e sorvegliato a vista, mentre lui fa il duro e si chiude in un mutismo assoluto.
Lunghi mesi di prigione in attesa del processo, la disperazione, il rimorso, intere notti senza dormire e intanto Dio comincia a farsi strada in lui, comincia a tormentarlo, a fargli sentire come la sua vita fino ad allora è stata vuota, sbagliata, ribelle. Il suo avvocato è un uomo religiosissimo e mentre tenta di difenderlo cerca anche di dirgli una buona parola.
Il cappellano del carcere lo aiuta a capire che con Dio nulla è perduto, si può sempre ricominciare. E Jacques, il delinquente, l’assassino, il ragazzo senza fede, poco per volta ritorna a Dio, grazie anche ai libri che il cappellano gli passa da leggere tra cui la vita di Santa Teresa di Lisieux.
La sua vita cambia progressivamente ma radicalmente. In carcere si è organizzato la giornata come se fosse in un convento: al mattino legge la messa dal suo messalino, poi fa la meditazione, quindi il rosario; chiude la giornata con la recita di vespri e con un altro rosario; una volta alla settimana gli permettono di andare a messa e ricevere la comunione.
Scrive tanto, anche per consolare, confortare, aiutare quelli di casa.
Il 6 aprile 1957, giorno del suo 27° compleanno, viene condannato a morte, con la ghigliottina. Ma muore sereno, sapendo vedere ormai anche in questa tragica fine il disegno della divina Provvidenza.
Si sente perdonato da Dio, riconciliato con lui e giustificato dalla sua grazia.
Il suo più grande desiderio è che anche sua moglie si converta e ritorni alla fede. E ottiene la grazia tanto sperata: il 30 settembre lei si confessa, riceve la comunione e la sera di quello stesso giorno i due si sposano religiosamente, ovviamente per procura.
Jacques la mattina dopo è ghigliottinato: è il primo ottobre, festa di Santa Teresa di Gesù Bambino, la santa che ha amato e che lo ha convertito.


Riflessioni...

Durante la sua prigionia scrive un diario autobiografico, un testo bellissimo, vivo e palpitante, straordinario, una riedizione attuale, si potrebbe dire, delle Confessioni di sant’Agostino, una introspezione psicologica alla luce della fede che ha dello straordinario, ciascun uomo, anche ciascuno di noi, in un senso o nell’altro, potrebbe ritrovarsi almeno in alcune sezioni dei suoi racconti e delle sue riflessioni.

Le sue esperienze toccano al vivo alcune dinamiche dolorose da cui l’esistenza di tanti giovani molto spesso è segnata.

Alla fine Fesch finirà, sotto la mozione della grazia che potentemente agisce in lui e lo conduce alla vette alte della santità, non solo ad accettare la sua condanna a morte ma ad offrire spontaneamente la sua vita per amore di Cristo e per la salvezza di tanti, a partire da quelli della sua famiglia che, prima di morire, vedrà miracolosamente tutti convertiti, compreso il padre, ateo radicale e fiero sprezzatore di Dio.

Straordinario. In particolare mi colpisce una cosa, che condivido con piacere con voi.

Una cosa bella che diventa profondamente istruttiva per noi è che Jacques, ad un certo punto del suo cammino di conversione, capisce che non deve desiderare di cambiare le circostanze della sua vita, ma accettarle, così da rendere la sua vicenda una “riedizione miserabile del Calvario di Cristo”, come scrive nel suo Diario, e rendersi strumento di grazia e salvezza per tanti.

Bello, amici.

Anche noi spesso pensiamo a ciò che non abbiamo più che a quello che abbiamo, ci interroghiamo sul perché di certe cose che succedono nella nostra vita, vorremmo che le cose andassero in un altro modo, ci dispiacciamo e affliggiamo per una esistenza che non riconosciamo nostra, dalla quale vorremmo essere liberati perché la vorremmo differente…

Non è questa la via da seguire, non è questa la via che ci indica il nostro caro Jacques. La via da seguire è diversa: pensare che tutto quello che avviene segue un progetto provvidenziale, che Dio non si è dimenticato di noi.

Giungere a quella maturità spirituale che ci faccia non solo accettare passivamente delle cose che non possiamo cambiare, ma volerle, volerle proprio così unendoci alla volontà di Dio che è vero, spesso è misteriosa, talvolta sembra assurda, ma in realtà è sempre salvifica, per noi e per gli altri. Se riuscissimo a entrare in questa prospettiva ci stabiliremmo nella pace vera, una pace che niente e nessuno avrebbe il potere di scalfire neanche minimamente.

Offrire la nostra vita pensandola come una “riedizione del calvario di Cristo” (dolore, sofferenza, ingiustizie, contraddizioni, ….) destinata a produrre frutti di vita eterna attorno noi e anche lontano da noi, nello spazio e nel tempo. Che bello, amici.

Confidiamo, sempre....

Crediamo, abbiamo fede, sempre meglio e sempre di più.

Ce lo insegna la storia di Jacques Fesch, di cui è in corso la causa di beatificazione.

Questo commovente testimone della Fede è come se ci incoraggiasse e dicesse: “fratello, se solo potessi vedere la bellezza e la salvezza che rinasce dalle ceneri… Non pensare che la tua vita sia una sventura ma, così com’è, è una meraviglia di Dio che dovrà condurre anime al Cuore di Cristo…

Ricorda: "più dura la battaglia, più glorioso il trionfo”.

Sotto, in conclusione, alcune belle sue belle riflessioni tratte dal suo Diario:

«Occorre che io abbatta, adatti , ricostruisca le mie strutture interiori non posso essere in pace. Il mio è tempo di lotta. Ma non mi fermo: se mi fermo, retrocedo. Devo crescere in Cristo».

«Ora so che tutto è grazia e che non verso la morte io vado ma verso la vita. Non c’è pace all’infuori di Gesù, non c’è salvezza senza di Lui. Ogni volta che ricevo l’Ostia santa, ho il cuore che trabocca d’amore e un inno di grazie sale dalle mie labbra. Offrirò la mia morte come un sacrificio, per coloro che amo... e per coloro che mi odiano».
In cammino
Che meraviglia! Grazie per questa condivisione. 😌
unodeitanti
prima la conversione poi il regno dei cieli, "ora và e non peccare più"
Stella cometa
I peccatori e le prostitute vi passeranno davanti nel regno dei cieli
ricgiu condivide questo
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Francesco I
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