Intervista / Carlo Maria Viganò: “Possa questa Santa Pasqua spronarci a un ritorno a Dio. Dobbiamo avere fede ed esercitare la virtù della Speranza”

Cari amici di Duc in altum, in vista della Pasqua ho rivolto alcune domande a monsignor Carlo Maria Viganò e l’arcivescovo ha accettato di rispondere. Vi propongo qui l’intervista.

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Eccellenza, attraverso i suoi ripetuti interventi e l’attività di alcuni blog stiamo denunciando in ogni modo l’apostasia che si sta diffondendo nella Chiesa, così come la tirannia imposta dall’ideologia del Nuovo Ordine Mondiale, alla quale la Gerarchia della Chiesa appare in tutto sottomessa.

Rispetto a questi temi si nota una divisione, sempre più accentuata, all’interno delle famiglie stesse e anche tra amici. Sul giudizio rispetto alle vicende del mondo e della Chiesa ci si divide in modo radicale, con una polarizzazione che sembra non ammettere alcuna forma di comprensione reciproca. È come se emergessero due culture, due antropologie e anche due fedi diverse. Dunque, come comportarsi, in questa situazione, salvaguardando l’amore per la verità?

Ha ragione: l’instaurazione del Nuovo Ordine, iniziata con il pretesto della cosiddetta pandemia, rende percepibile a molti la perdita di serenità e pace interiore; ci fa percepire un male che ci sovrasta e dinanzi al quale ci sentiamo impotenti; acuisce le divisioni e i diverbi tra familiari, parenti e amici. Molto spesso restiamo addolorati nel vedere come la menzogna riesca a convincere persone a noi vicine che pure credevamo mature e in grado di discernere il bene dal male. Ci pare incredibile che i nostri amici si siano lasciati ingannare, anzi direi quasi ipnotizzare dal martellamento dei media mainstream: medici che reputavamo coscienziosi sembrano aver cancellato le proprie conoscenze scientifiche abdicando alla razionalità in nome di una sorta di folle superstizione; conoscenti che fino a ieri condannavano gli orrori del Nazismo e del Comunismo non si accorgono di quanto gli orrori di quelle dittature siano riproposti in una forma ancora più disumana e spietata, replicando su vasta scala le sperimentazioni dei lager e la violazione dei diritti naturali sulla popolazione mondiale. Non ci capacitiamo che il nostro parroco ci parli del Covid come se si trattasse di una pestilenza, che il sindaco si comporti come un gerarca, che la vicina di casa chiami i Carabinieri perché una famiglia organizza una grigliata in terrazza. Anziani che hanno combattuto valorosamente rischiando la vita sono letteralmente terrorizzati da un’influenza curabile. Padri di famiglia di solidi principi morali tollerano che i loro figli siano indottrinati al vizio e alla perversione, come se quello che è stato loro trasmesso e in cui hanno creduto non avesse più alcun valore. Parlare di amor di Patria, di difesa dei confini nazionali, di sovranità nazionale è considerato fascista. E ci chiediamo: dov’è l’Italia che abbiamo amato? Dov’è la Chiesa che ci ha istruito nella Fede e fatto crescere nella Grazia di Dio? Possibile che sia stato tutto cancellato in pochi anni?

È evidente che quanto sta avvenendo è stato pianificato da decenni, tanto in ambito civile quanto in ambito religioso. E molti, moltissimi sono stati tratti in inganno, prima convincendoli a concedere diritti a quanti non condividevano né la nostra Fede né i nostri valori; poi facendoli sentire quasi in colpa per il fatto di essere Cattolici, per le loro idee, per il loro passato. Oggi siamo giunti al punto di essere a stento tollerati come retrogradi e fanatici, mentre c’è chi vorrebbe rendere reato ciò che per millenni ha costituito le basi del vivere civile e dichiarare non solo lecito, ma obbligatorio ogni comportamento contro Dio, contro la natura, contro la nostra identità.

Dinanzi a questo stravolgimento che coinvolge l’intera società, appare sempre più chiara la divisione che emerge tra figli della luce e figli delle tenebre: è una grazia che ci è concessa da Dio per compiere una coraggiosa scelta di campo. Ricordiamoci le parole di Nostro Signore: «Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada» (Mt 10, 34). Il pacifismo di cui sentiamo parlare da decenni serve solo a disarmare i buoni e lasciar liberi i malvagi di compiere le loro opere inique. Ben venga dunque, se serve ad aprirci gli occhi, anche la divisione e la polarizzazione tra quanti appartengono alla Città di Dio e quanti servono il principe di questo mondo. L’amore per la verità implica necessariamente l’odio della menzogna, e sarebbe sconsiderato e illusorio credere che si possano servire due padroni. Se oggi ci si chiede di scegliere tra il Regno di Cristo e la tirannide del Nuovo Ordine Mondiale, noi non possiamo sottrarci a questa scelta e dobbiamo compierla con coerenza, chiedendo al Signore la forza di testimoniarLo fino al martirio. Chi ci dice che il Vangelo può conciliarsi con l’antivangelo del globalismo mente, così come mente chi ci prospetta un mondo senza guerre in cui tutte le religioni possano convivere in pace. Non vi è pace se non nel Regno di Cristo: pax Christi in regno Christi. Certo, per condurre con successo il nostro combattimento dovremmo poter contare su generali e comandanti che ci guidino: se quasi tutti hanno preferito la diserzione e il tradimento, noi possiamo comunque contare su una Condottiera invincibile, la Vergine Santissima, invocando la Sua protezione sui Suoi figli e su tutta la Chiesa. Sotto la Sua potente guida non dobbiamo temere nulla, perché è Lei che schiaccerà il capo dell’antico serpente, ripristinando quell’ordine che l’orgoglio di Satana ha infranto.

Parliamo di liturgia e di santa Messa. Non tutti i fedeli cattolici, per quanto ben intenzionati, hanno la possibilità di partecipare a Messe Vetus Ordo e devono “accontentarsi” di quelle che si celebrano nelle loro parrocchie, spesso segnate da maleducazione liturgica se non da veri e propri abusi. In queste Messe si riceve la Comunione sulla mano, stando in piedi, si recita il Padre nostro secondo la nuova formula, si è invitati a scambiarsi “lo sguardo di pace”, si ascoltano prediche in linea con il bergoglismo (solo per toccare alcuni aspetti). Finisce che si esce dalla Messa rabbuiati, per usare un eufemismo, anziché rasserenati e riconciliati con Dio e i fratelli. E allora? Come fare?

Ci si dovrebbe chiedere anzitutto come sia possibile che l’atto supremo del culto, istituito da Nostro Signore per perpetuare in modo incruento sui nostri altari le grazie infinite del Sacrificio del Calvario, diventi un ostacolo alla santificazione dei fedeli anziché un’occasione di progresso spirituale e di pace interiore. In altri tempi la Messa offriva uno sprazzo di Paradiso in mezzo alle prove e nel caos del mondo; oggi pare che lo strepito del mondo sia elemento indispensabile per bandire il silenzio, l’adorazione orante, il senso del sacro e della presenza di Dio. Ma se nell’ordine naturale è nostro dovere nutrire il corpo con cibi sani ed evitare quelli avvelenati o adulterati, a maggior ragione nell’ordine soprannaturale è nostro dovere alimentare la nostra anima con un nutrimento sano, tenendoci lontani da quanto può avvelenarci spiritualmente.

Comprendo ovviamente la difficoltà dei fedeli nel frequentare le chiese in cui non si celebra la Santa Messa tradizionale; ma penso che il Signore sappia apprezzare anche la buona volontà di chi è consapevole dell’importanza che ha il Santo Sacrificio per la nostra anima, specialmente in momenti di grande crisi come quelli che stiamo attraversando, e che per questo sa compiere un piccolo sforzo, almeno la domenica, per santificare degnamente il giorno del Signore. Vi sono stati tempi e luoghi in cui i Cattolici erano perseguitati e assistere alla Messa era difficile e pericoloso, eppure i fedeli riuscivano a riunirsi clandestinamente nei boschi, nelle cantine o nelle soffitte per onorare Dio e nutrirsi del Pane degli Angeli: abbiamo il dovere di essere degni di questi nostri fratelli nella Fede, senza accampare scuse o pretesti. D’altra parte, il Motu Proprio Summorum Pontificum riconosce ai fedeli il diritto – un diritto, non un privilegio – di avere la Messa tradizionale e se questo non avviene ovunque è in gran parte perché i fedeli non sanno imporsi. Non è una questione di estetismo, di amore per il latino o per il canto gregoriano o una forma di nostalgia per il proprio passato; qui è in questione il cuore della vita della Chiesa, l’anima della vita soprannaturale dei Cattolici, il bene stesso del mondo.

Comprendo che molti fedeli si trovino in una situazione di difficoltà, quantomeno dal punto di vista umano, nel momento in cui devono decidere se abbandonare la vita della parrocchia per cercare altrove, talvolta a chilometri di distanza, una Messa tradizionale. I fedeli hanno il dovere morale grave quantomeno di cercare una Messa celebrata con decoro e rispetto da un pio sacerdote che amministri la Comunione in bocca.

La pandemia ha dato il pretesto per imporre abusivamente limitazioni alle funzioni liturgiche: non rendiamoci responsabili di questi soprusi con il nostro silenzio e la nostra rassegnazione a lasciarci imporre Messe indecorose o sacrileghe. Dio è offeso anche dall’indolenza e dall’indifferenza con la quale ricambiamo il Suo amore per noi. Un’indolenza che è sempre più percepibile nei fedeli che si lasciano imporre addirittura le vaccinazioni in chiesa il Sabato Santo, sostituendo la meditazione dei Novissimi con la paura infondata della morte fisica. Dinanzi a queste manifestazioni di asservimento del Clero e della Gerarchia ai diktat di un’autorità corrotta e corruttrice, levare alta la voce rappresenta non solo un dovere morale, ma anche un freno agli eccessi di tanti ecclesiastici che hanno dimenticato il senso del loro Sacerdozio e l’anima della loro vocazione. Costoro dovrebbero considerare seriamente quanto sia grave la cooperazione alla narrazione sul Covid, soprattutto quando la superstizione pseudoscientifica diventa l’unica forma possibile di fede, appropriandosi della simbologia, del lessico e della ritualità di una religione. Chi ha orecchi per intendere, intenda.

Chiediamo dunque ai nostri sacerdoti di celebrare la Santa Messa come se fosse la prima e l’ultima della loro vita, di farla finita con questi riti mondanizzati, e di restituirci un tesoro che tengono ostinatamente nascosto. Non dimentichiamo di dare aiuto materiale e spirituale ai sacerdoti che con coraggio e coerenza celebrano la liturgia tradizionale, ricordandoci che un domani saranno loro a ricostruire il tessuto che restaurerà la società cristiana. E se proprio non possiamo assistere con regolarità al Santo Sacrificio nel rito tramandatoci dagli Apostoli, teniamoci alla larga da chi profana il Santissimo Sacramento e usa il pulpito per corrompere la Fede e la Morale. Tengo tuttavia a ribadire, per dovere di coscienza, che laddove sia possibile assistere alla Messa tridentina senza grave incomodo, si deve certamente preferire questa alla Messa riformata.

Avrà visto, Eccellenza, che di nuovo è stata riproposta la questione del “chi è papa e chi non è papa”. Alcuni dicono: visto che Bergoglio è stato eletto in base alle manovre della mafia di San Gallo e forse con irregolarità durante il Conclave, non è papa. E invece lo sarebbe ancora Ratzinger, il quale avrebbe rinunciato al soglio non liberamente, ma perché costretto da forti pressioni, e avrebbe scritto volutamente in modo scorretto il testo latino della rinuncia per renderla invalida. Fantachiesa? O c’è qualche elemento da tenere in seria considerazione?

Molteplici cause – forti ed indebite pressioni sia esterne alla Chiesa sia da parte di eminenti membri della Gerarchia, come pure la personale indole di Joseph Ratzinger – avrebbero indotto Benedetto XVI a formulare una dichiarazione di rinunzia in modo del tutto irrituale, lasciando la Chiesa in uno stato di grave incertezza e confusione; macchinazioni di un gruppo di cospiratori progressisti avrebbero indicato in Bergoglio il candidato eletto poi nel corso di un conclave segnato da infrazioni alla Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis che regola l’elezione del Romano Pontefice: questi elementi sarebbero tali da rendere nulla l’abdicazione di Ratzinger, nullo il Conclave del 2013 e nulla l’elezione del successore. Tuttavia, ancorché diffusi ed innegabili, questi elementi necessitano di una conferma e soprattutto di una dichiarazione dell’autorità suprema della Chiesa. Ogni pronunciamento formulato da chi non ha l’autorità per farlo sarebbe temerario. Credo inoltre che, allo stato attuale, la disputa su chi sia il Papa regnante serva solo ad indebolire la già frammentata parte sana del corpo ecclesiale, seminando divisione tra i buoni.

Preghiamo con fiducia il Signore di far venire alla luce la verità e di mostrarci la via da percorrere. Per ora, forti della virtù di Prudenza che ordina i mezzi al fine ultimo, conserviamoci fedeli e custodiamo gelosamente quello che ha sempre creduto la Chiesa: quod semper, quod ubique, quod ab omnibus creditum est.

In questa fase che, per tanti aspetti, è così complicata e confusa, qual è la sua preghiera? Vuole suggerirci come rivolgerci a nostro Signore?

Quanto avviene oggi è a causa dei peccati pubblici delle nazioni, dei peccati dei singoli e, per quanto possa suonare terribile, dei peccati degli uomini di Chiesa. Noi non possiamo intervenire per i peccati delle nazioni né per quelli della Gerarchia, ma possiamo iniziare con umiltà e con spirito di vera conversione a emendarci dalle nostre colpe, dalle nostre infedeltà, dalla nostra tiepidezza. Così, mentre i nuovi farisei si compiacciono dell’apprezzamento del mondo, oltre che pregare per la loro conversione, dobbiamo implorare la misericordia del Signore per noi stessi con le parole del Vangelo: «O Dio, abbi pietà di me peccatore» (Lc 18, 13). La società, ed ancor prima la Chiesa, trarranno un gran beneficio dalla nostra fedeltà e dal percorrere, con la Grazia di Dio e la protezione della Santissima Vergine, il cammino di santità che ci è preparato. Non priviamoci del ricorso fiducioso a Colei che sulla Croce Nostro Signore ci ha dato per Madre, e che in quanto tale non ci negherà il Suo aiuto nelle prove.

Ci avviciniamo alla Pasqua: nonostante tutto, il Signore risorge. Vogliamo trovare ragioni di speranza. Impresa difficile, ma possiamo provarci?

Non solo possiamo provarci: dobbiamo avere fede ed esercitare parimenti la virtù della Speranza, secondo la quale sappiamo che il Signore ci accorda le Grazie necessarie ad evitare il peccato, compiere il bene e meritare l’eterna beatitudine del Cielo. Non dimentichiamoci di essere pellegrini in hac lacrimarum valle, e che la nostra patria è la Gerusalemme celeste, assieme agli Angeli e ai Santi, nella gloria della Santissima Trinità. Surrexit Dominus vere, proclama la liturgia pasquale: Egli è risorto una volta per tutte, vincendo Satana e strappandogli quel chirografo che Adamo aveva firmato con il peccato originale. Le prove presenti, il timore di essere abbandonati e soli contro uno schieramento potentissimo che sembra schiacciarci e vincerci non devono intimorirci, ma spingerci a rinnovare la nostra fiducia in Colui che ha detto di Sé: «Vi ho detto queste cose, affinché abbiate pace in Me. Nel mondo avrete tribolazione; ma fatevi coraggio, Io ho vinto il mondo» (Gv 16, 33).

Possa questa Santa Pasqua spronarci ad un ritorno a Dio, offrendo le prove e le tribolazioni con spirito di espiazione e di riparazione per la conversione dei peccatori, così che dopo aver anche noi condiviso l’amaro calice del Getsemani possiamo renderci degni della gloria della Resurrezione.

a cura di Aldo Maria Valli

 

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