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L'APPELLO DI VALDITARA

Fare come in Sud Corea. Per non uccidere il Paese assieme al paziente

La Corea del Sud è il Paese che ha più efficacemente frenato il virus, senza paralizzare l'economia. Un appello del senatore Valditara, a cui hanno aderito 100 giuristi, medici, biologi e scienziati, propone l'adozione di misure analoghe per uscire dal blocco. Altrimenti il nostro Paese rischia di morire.

Creato 30_03_2020
Sanificazione in una stazione di Seul

Prima o poi ci stanno arrivando tutti: il modello di lotta all’epidemia che è stato adottato dalle democrazie asiatiche, soprattutto dalla Corea del Sud (di cui avevamo parlato qui), permette di combattere la diffusione della malattia senza paralizzare l’intero Paese. L’Italia avrebbe già la tecnologia necessaria, ma è bloccata da una serie di rigidità burocratiche e probabilmente anche ideologiche che non permettono di usarla al meglio. Da ultimo, è il senatore Giuseppe Valditara (giurista e senatore di An, PdL e infine Fli) a promuovere un appello pubblico per adottare la miglior strategia finora testata sul terreno. All’appello hanno già aderito 100 giuristi, medici, biologi e scienziati.

“La Corea del Sud ha contenuto il virus Covid-19 senza bloccare l'intero Paese – recita il testo dell’appello promosso da Valditara - Da secondo paese al mondo con più contagi ha ora poco più di un decimo di quelli accertati in Italia. La diffusione del virus è tenuta sotto controllo con un grande numero di test mirati, isolamento dei soggetti positivi e loro tracciamento attraverso la geolocalizzazione. Il contenimento attivo della progressione del contagio ha evitato la saturazione degli ospedali limitando la mortalità dei contagiati, con misure solo localizzate di quarantena generalizzata”. In pratica cosa fa di diverso la Corea del Sud rispetto a noi? Invece di mettere in quarantena l’intero Paese, o progettare di spiare i cellulari di tutti i cittadini, ha messo sotto stretta sorveglianza solo le persone infette. Con un gran numero di test ha individuato più contagiati possibili (in Italia abbiamo palesemente perso il polso della situazione, al contrario: si stima che gli infetti siano oltre 10 volte il numero dei positivi). Poi ha messo sotto controllo i contagiati, seguendoli tramite geolocalizzazione e anche tutti i loro contatti più prossimi. Il rischio è evidentemente crollato a livelli accettabili, tanto è vero che i coreani non infetti e coloro che non hanno avuto significativi contatti con i contagiati, hanno potuto continuare a vivere all’aria aperta e lavorare.

Il Veneto è la regione italiana che meglio di altre ha applicato questi sistemi. L’appello cita il professor Crisanti, di Padova, individuando due elementi-chiave: un gran numero di test e l’uso intensivo delle applicazioni per cellulare per l’individuazione e il tracciamento dei contagiati, in modo da avere una realistica mappa del contagio in tempo reale. “Occorrono pertanto tamponi e test sierologici - che sono la risposta più rapida e sono fattibili in qualsiasi laboratorio, anche privato - generalizzati per quelle categorie professionali che operano a contatto con i pazienti ovvero che hanno più contatti con il pubblico. Inoltre tamponi e test sierologici per tutti coloro che manifestano sintomi e da questi allargamento a raggio dei tamponi e dei test, coinvolgendo cioè parenti e persone incontrate negli ultimi giorni”. E poi: “Le app di tracciamento sono sotto questo profilo decisive, è dunque necessario l'avvio di una politica di geolocalizzazione che deroghi temporaneamente alle norme sulla privacy”. Infine, l’obbligo delle mascherine, in tutti i luoghi pubblici, contrariamente allo strano atteggiamento mantenuto finora, di scetticismo quando non di avversione all’uso della mascherina, ritenuta “inutile” o “superflua”.

Il metodo sudcoreano andrebbe adottato quanto prima in Italia per evitare che, all’uscita dai nostri rifugi domestici, il virus torni a circolare come prima, magari anche peggio di prima, contagiando persone indebolite, psicologicamente e fisicamente provate, da questa innaturale pausa forzata in casa. Servirebbe anche a evitare di prolungare la quarantena fino alla significativa riduzione del contagio, che potrebbe impiegare mesi ad arrivare. “Le attuali misure di contenimento – leggiamo nell’appello - sono senz'altro importanti, e vanno fatte rispettare rigorosamente, ma non è pensabile tenere bloccato un paese ancora per diversi mesi, avrebbe conseguenze economiche e sociali devastanti”.