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IL CASO

Se la diplomazia vaticana si nutre di menzogne

Un nuovo intervento di monsignor Carlo Maria Viganò riaccende le luci sulla straordinaria carriera di monsignor Edgar Peña Parra, numero 2 della Segreteria di Stato inseguito da accuse di omosessualità, abusi e corruzione. Ma la vicenda va ben oltre il caso personale....

Editoriali 04_11_2020 English Español
Monsignor Pena Parra

Monsignor Carlo Maria Viganò ci riprova: con una lunga lettera pubblicata in italiano dal blog di Aldo Maria Valli, l’ex nunzio apostolico negli Stati Uniti e grande accusatore del Papa nel “caso McCarrick”, prova a riproporre il dossier sul numero 2 della Segreteria di Stato vaticana, il venezuelano Edgar Peña Parra, che nel 2018 ha preso il posto del cardinale Angelo Becciu, ora caduto in disgrazia.

Abbiamo detto ci riprova perché in effetti le accuse di Viganò contro Peña Parra – per omosessualità, abusi sessuali e corruzione - risalgono addirittura al giugno 2019, quando rilasciò dichiarazioni circostanziate all’interno di una intervista al Washington Post. Ma il giornale ritenne di cassare quella parte di intervista non pubblicando quelle rivelazioni ma promettendo di farlo dopo ulteriori approfondimenti. Cosa che non avvenne, quindi nel luglio successivo monsignor Viganò lo fece in proprio pubblicando un lungo articolo su LifeSiteNews.

Per quanto le accuse, molto circostanziate, fossero pesantissime furono sostanzialmente ignorate dalle grandi testate e soprattutto dalla Santa Sede. Ora, a quasi un anno e mezzo di distanza monsignor Viganò le ripropone ancora, ma nella prospettiva di smontare la narrazione ufficiale, creata dalla comunicazione vaticana e volentieri assecondata dai grandi giornali laici, di un Pontefice-Superman che da solo combatte contro il male e la corruzione della Curia Romana. È la narrazione rilanciata alla grande dopo il caso Becciu per giustificare quella sentenza senza processo e ribaltare l’immagine di un Papa tiranno e volubile, più Peron che buon pastore.

La testimonianza di Viganò è interessante anche perché chiama direttamente in causa sia il segretario di Stato cardinale Pietro Parolin, sia il cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga, coordinatore del gruppo dei cardinali che affiancano il Papa nella riforma della Curia Romana. Entrambi vengono accusati di aver coperto e favorito l’ascesa di Peña Parra e – per quanto riguarda Maradiaga – di essere direttamente complice delle sue malefatte.

Ma ecco il punto: «Chi pensa che questa rimozione [del cardinale Becciu, ndr] servirà a contrastare la corruzione della Curia Romana – scrive monsignor Viganò - rimarrà sconcertato dall’apprendere che chi ha preso il posto di Becciu come sostituto e dovrebbe sanare i disastri della malagestione e degli intrallazzi di Becciu è altrettanto, anzi ancor più ricattabile del suo predecessore. Questa ricattabilità è il requisito indispensabile per poter esser manovrabili da chi, pur presentandosi come riformatore della curia e castigatore di un non meglio identificato clericalismo, si è di fatto circondato di personaggi corrotti e immorali, promuovendoli e insabbiando le indagini che li riguardano».

In altre parole, non c’è in corso un’opera di pulizia ma soltanto una lotta interna tra bande con l’avvicendamento tra persone ugualmente compromesse e ricattabili.

In effetti, ha destato una certa impressione il fatto che a spiegare le ragioni morali della cacciata di Becciu e a dettare la linea sull’opera anti-corruzione del Papa la Santa Sede abbia inviato per primo proprio il cardinale Maradiaga – con interviste a Repubblica e Stampa – quando del circolo ristretto degli amici di papa Francesco è il personaggio più chiacchierato: anche qui corruzione e copertura di abusi sessuali nella sua diocesi.

Ma certamente la posizione che maggiormente lascia perplessi è quella del segretario di Stato, il cardinale Parolin. Se lo scritto di monsignor Viganò lo inchioda alle sue responsabilità per la straordinaria carriera di un personaggio discusso come Peña Parra, non si può dimenticare il suo ruolo in vicende attualissime: l’accordo con la Cina e la lettera alle nunziature con la spiegazione delle parole del Papa sulle unioni gay. Per quanto riguarda la Cina basti ricordare le parole del vescovo emerito di Hong Kong, cardinale Joseph Zen, che ha mostrato al mondo le bugie del cardinale Parolin sulla situazione cinese per poter giustificare un accordo capestro. E per quanto riguarda le unioni gay, abbiamo già commentato come la toppa sia stata peggio del buco; ma soprattutto disturba la menzogna sul fatto che l’approvazione di riconoscimenti legali delle unioni omosessuali non intaccherebbe la dottrina.

Nei semplici fedeli cattolici non può non creare imbarazzo l’uso sistematico della menzogna e del sotterfugio per giustificare scelte “politiche” e di persone. In tutte queste vicende si va ben oltre il comprensibile uso di linguaggi e azioni diplomatiche. Ma una cosa di per sé imbarazzante diventa drammatica se si considera che in gioco ci sono i contenuti della fede (vedi le unioni gay) e il significato della testimonianza e del martirio (vedi la Cina).