Il virus della paura si è diffuso probabilmente a ritmi anche maggiori del celebre coronavirus.
La pandemia del panico ha fatto forse più danni del Covid-19 e le colpe vanno distribuite equamente tra varie figure: dalla comunicazione di massa ai piani alti della scienza mondiale nessuno si può considerarsi immune da responsabilità.

Le opere di prevenzione che si potevano realizzare non sono mai state prese in seria e reale considerazione. Il sistema immunitario delle singole persone non è stato scandagliato a dovere. I riflettori invece si sono concentrati soltanto sulle terapie.

Una schizofrenica confusione che si traduce in comportamenti a dir poco paradossali nella vita di tutti i giorni. Lo ha puntualizzato ai nostri microfoni il Dottor Ivo Pulcini, Medico dello Sport e Direttore Sanitario della S.S. Lazio, intervenuto nel corso di ‘Un giorno speciale’. Ecco cosa ha detto a Francesco Vergovich e Fabio Duranti.

“Covid è un virus del raffreddore. Forse c’è il desiderio di creare confusione per dare spazio a incapaci” ► Dott. Ivo Pulcini

Il coronavirus sta morendo?

Se il virus sta morendo? Secondo me sì perché la manipolazione ha prodotto un danno grave che riguarda non la letalità, perché la letalità come dice il Professor Tarro è dell’1% non è alta, il 90% delle persone affette guarisce spontaneamente; ma dalla contagiosità. L’elevata contagiosità che poteva far affluire nelle strutture sanitarie una quantità esagerata di persone. E’ difficile distinguere il codice rosso dal codice verde rischiando, come è successo purtroppo, di danneggiare le persone che avevano maggiormente bisogno proprio perché non avevano la possibilità. Per la legge dell’incompenetrabilità dei corpi, se un letto è già occupato non può essere occupato da un’altra persona.

Il terrorismo psicologico dei media

La cosa peggiore è stata il terrorismo psicologico della disinformazione e la confusione ha creato del panico. Le persone al minimo accenno di febbre o di tosse si sono sentite ammalate e i vicini le hanno considerate già delle persone pericolose per il contagio. In un momento drammatico non c’è stata tanta chiarezza e la diagnosi non è stata fatta perché ci si è preoccupati più di fare le terapie che di fare la prevenzione, che invece è la cosa principale. Cosa che abbiamo fatto noi fin dall’inizio cercando di rinforzare le difese immunitarie perché in fondo partiamo da un principio: è vero che il virus è stato manipolato, è vero però anche che in questo periodo è mutato 33 volte diminuendo la sua aggressività e quindi ci mette meno paura, ed è altrettanto vero che se avessimo pensato a informare la popolazione su come rinforzare le difese immunitarie, quindi preparala al contatto con questo virus, la paura non esisterebbe. E’ un virus del raffreddore, non voglio banalizzare né mancare assolutamente di rispetto alle persone che hanno perso perfino la vita. Però purtroppo la medicina non è una scienza come vogliono farci credere, perché non sempre 2+2 fa 4.

“Ognuno stia al proprio posto, o il risultato è la confusione”

Non esiste la malattia ma esiste il malato. Bisogna che il medico si riappropri della propria identità, della propria autonomia e della propria libertà. Perché non me lo deve dire il politico quello che devo fare. Ho le ultime linee guida del Comitato Tecnico Scientifico in cui si dice che i tamponi devono essere per la collettività, ma questo non è un problema della scienza, bensì della politica. E’ come un bel mosaico: ogni tessera deve stare al proprio posto, se ci si sposta c’è confusione e il mosaico non si identifica più.

Il Comitato Tecnico Scientifico non ha voluto sentire la voce del medico del calcio che vive sul campo e non vive dietro una scrivania. Vive dove non c’è la scienza pura ma c’è l’evidence based medicine, che cammina parallela a quella scientifica. Se si uniscono vanno a vantaggio della salute e della popolazione.

“Non basta una laurea per essere un’eccellenza”

La medicina non è una scienza; la medicina è un’arte. Per essere un artista purtroppo non basta la laurea. Altrimenti troveremmo tutto sui libri. Questo capita quando si fanno dei protocolli spesso dannosi. Se in qualche caso avessi usato il protocollo, il paziente sarebbe morto.
Oggi la superficializzazione dei titoli è grave. Forse c’è il desiderio di creare questa confusione per dare spazio alle persone incapaci che occupano dei posti sbagliati, e se la domanda è sbagliata capite com’è risposta
“.


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