Al vescovo (non all’economo diocesano) di Rimini sulla chiesa del Suffragio

Al vescovo (non all’economo diocesano) di Rimini sulla chiesa del Suffragio

Il destino di una chiesa radicata in una comunità non è prima di tutto un affare da amministratore dei conti. La poco fraterna risposta che è stata fornita ad un consigliere comunale e i tanti temi generati a cascata dalla necessità di risorse per completare i lavori in corso sulla Collegiata, chiedono un po' di cattolico confronto. Abbiamo domandato al Comune qual è ad oggi la concreta volontà sulla possibile acquisizione della chiesa. E rivolgiamo a mons. Lambiasi l'appello a metterci del suo.

«Nell’ambito di un piano di dismissioni, la Diocesi ha preso in considerazione la possibilità di alienare la chiesa del Suffragio a Santarcangelo. La proposta è al vaglio dell’Amministrazione comunale che sta effettuando delle valutazioni sia di carattere economico sia rispetto alla destinazione dell’immobile». A precisa domanda, è questa la risposta che Rimini 2.0 ha ottenuto oggi dal Comune di Santarcangelo.
E’ il primo passo per mettere un po’ di ordine nella vicenda che ha riscaldato gli animi dei santarcangiolesi. Il capogruppo della Lega, Marco Fiori, ha inviato la ormai nota lettera aperta al vescovo, che è stato l’unico tentativo di portare nel confronto pubblico una questione che altrimenti sarebbe rimasta confinata fra le quattro mura della parrocchia e negli uffici della Curia.
Fiori ha chiesto spiegazioni, ha posto delle domande e ha fatto delle affermazioni, molto lecitamente sia per un cattolico che per un rappresentante dei cittadini e pubblico amministratore. Si è visto rispondere dall’economo diocesano, e non dal vescovo, che l’ha redarguito utilizzando toni poco fraterni: «Anche io sono devoto a Santa Rita, la santa degli “impossibili”, e la prego spesso per uno scopo umanamente impossibile: donare un po’ di saggezza a chi non perde occasione per dire sciocchezze». E poi: «La Chiesa non intende prestare il fianco a nessuna strumentalizzazione: né di chi è al governo, né di chi è all’opposizione. Eppure c’è sempre qualche personaggio che ci prova, soprattutto quelli che per anni e anni mai si sono coinvolti in nessuna attività ecclesiale. Non è un po’ sospetto che personaggi che non si sono mai coinvolti in nessuna attività ecclesiale saltino fuori solo in sede di polemica e mai in sede di proposte costruttive? Qual è, per esempio, la soluzione che lei propone per non far vendere il Suffragio ma anche per non dover chiudere la Collegiata? Ci abbiamo pensato a lungo, ma non è emersa alcuna altra strada percorribile». Verrebbe da dire “mettete dei Fiori nei vostri cannoni”. Ma che Chiesa sinodale è questa? Si riempie solo la bocca di comunione e poi prende a schiaffi chi pone domande e avanza critiche? Sorge anche un sospetto cattivo: se l’interlocutore della Diocesi fosse stato un esponente del Pd, avrebbe ottenuto lo stesso trattamento? Molti dubbi.
La lettera aperta e la risposta sono uscite sul Ponte, settimanale diocesano, che fin dal nome si è dato il compito di gettare ponti, dialogare con tutti.
Altri elementi sono stati forniti dall’economo diocesano, ma con molta approssimazione: «Il primo step di lavoro ha avuto una previsione di costi per quasi un milione di euro». Quasi? Si parla di soldi e bisognerebbe essere precisi. Sono 700mila, 800mila, 900mila?
Lo stesso dicasi per il budget previsto per i lavori alla Collegiata: 1.500.000 o 2 milioni? Balla mezzo milione di differenza, non bruscolini.

Ci sono altri passaggi ostici nella risposta dell’economo: «Evidentemente tra i frequentatori della parrocchia di Santarcangelo da lei citati come contrari alla alienazione del Suffragio non vi è neanche un membro del Consiglio Pastorale, nè di quello economico… infatti questi in seduta congiunta hanno scelto di esplorare la possibilità della via della alienazione come unica via percorribile per affrontare davvero il problema. Inoltre la parrocchia ha organizzato due assemblee pubbliche in ambito laico chiamando la popolazione a confrontarsi con tali proposte». Come se non essere membri dei due consigli fosse una diminutio e come se tutto il confronto dovesse passare attraverso questi due organismi. Non c’è aria di clericalismo in tutto ciò? Vengono poi citate «due assemblee pubbliche» delle quali però si rinvengono poche tracce… pubbliche. Non si sa a cosa si faccia riferimento, perché date non vengono fornite. Una (ma forse non è fra quelle cui accenna l’economo) la ricordiamo tutti, risale allo scorso novembre e si è svolta in una gremita aula magna dell’Istituto tecnico commerciale, ma a memoria si parlò della Collegiata, non della alienazione del Suffragio. Se si sceglie la strada del dialogo, seppure sul Ponte, allora è bene che tutto venga chiarito e reso trasparente, altrimenti dialogo non è.
Dunque, tornando al punto, al momento l’amministrazione Parma «sta effettuando delle valutazioni» e non ha assunto nessuna decisione, né tanto meno ha elaborato delibere o determine, cioè nessuno di quegli atti amministrativi attraverso i quali un Comune si esprime, tutto il resto essendo solo fumo che annebbia la vista.

Vediamo invece cosa ha comunicato l’economo diocesano con una nota ufficiale nella giornata di ieri:

«In merito al non procrastinabile intervento di restauro della chiesa Collegiata di Santarcangelo di Romagna, e alla strada intrapresa dalla parrocchia di San Michele di ricerca dei fondi necessari a tale urgentissimo intervento, l’Economo diocesano, don Danilo Manduchi, interviene per fornire alcune informazioni utili a riportare il dialogo su un corretto binario.
È al vaglio una proposta di alienazione della chiesa del Suffragio a Santarcangelo per “salvare” la Collegiata, per la quale si registra l’interesse del Comune di Santarcangelo».

Parlare di «interesse» è già un passo ulteriore rispetto a quanto il Comune ci ha ufficialmente segnalato. La Curia potrebbe disporre di certezze che i comuni cittadini non immaginano nemmeno, che però potrebbero essere maturate in segrete stanze visto che, come già accennato, il Comune ufficialmente «sta valutando» e non ha al momento disposto atti amministrativi. Si vedrà dunque.
L’economo diocesano ha anche argomentato che l’ipotesi di alienare al Comune di Santarcangelo «non la chiesa del Suffragio bensì il Centro Giovani di San Bartolo» non sarebbe ragionevole. Ha ricordato quanto è costata la sua realizzazione, che «non ha sforato le previsioni di spesa» ed anzi l’opera è stata edificata con un risparmio di 11.540 euro rispetto al preventivo». Bravi. Resta il «mutuo bancario di 200.000 euro acceso che deve ancora essere saldato per 150.000 (costa circa 10.000 l’anno, costo sostenibile dalla parrocchia)».
Non ha comunque detto una parola sui frequentatori del Centro giovani, quanti sono, cosa fanno, e nemmeno quanto costa annualmente mantenere in vita quella struttura. Nè ha risposto ad una domanda abbastanza cruciale: è necessario oggi un edificio delle dimensioni di quello che si trova in via Morigi a Santarcangelo, nella estrema periferia, fra campi e aziende, per svolgere una pastorale giovanile? Ed è ben posta la scelta fra chiesa e centro giovani? L’economo diocesano l’ha messa così: «La città conta quattro chiese e nessun luogo di aggregazione giovanile, eccettuato il Centro Giovani».

L’economo ha aggiunto che «il Centro Giovani vale più di 2 milioni di euro», ma «in questo momento non trova offerenti: cedere tale struttura per una cifra molto minore del suo valore sarebbe una “vendita” o una “svendita”?». Però nemmeno la chiesa del Suffragio ad oggi ha un offerente e potrebbe concretizzarsi anche per lei una cessione al di sotto delle aspettative di 1.500.000-2.000.000 ipotizzati dalla Curia. E poi ci sono i giovani, ai quali la Chiesa guarda con giusta attenzione: «Non ripetiamo tutti quanti ogni giorno che sono proprio i giovani il nostro futuro?». Ma qui lo stesso economo diocesano offre una informazione significativa: «Si è scelto di erigere il Centro Giovani oltre 15 anni fa. Una struttura educativa per i giovani era stata sollecitata proprio dalle realtà amministrative e sanitarie del territorio, che lamentavano una carenza di attenzione ai giovani e auspicavano che la Chiesa, con la sua grande tradizione educativa, se ne facesse carico». Forse non si è espresso al meglio, perché stando alle sue parole sembrerebbe intuirsi che il Centro giovani sia stato eretto dietro richiesta del Comune e dell’Ausl, anziché per una volontà missionaria rivolta ai giovani.
L’economo diocesano da una parte tenta di mostrare la democraticità delle decisioni, ma dall’altro ribadisce senza stancarsi che ormai è tutto deciso: «Tenendo conto di tutte le considerazioni fatte, e al termine di un discernimento accurato e partecipato, la Diocesi e la Parrocchia di Santarcangelo ritengono più opportuna – e quindi confermano – la scelta di verificare la possibilità di alienare la chiesa del Suffragio per “salvare” la Collegiata».
Questo è forse l’aspetto più paradossale. In una Chiesa, compresa quella riminese, impegnata a ribadire un giorno sì e l’altro pure la sua apertura, come si prendono le decisioni? Fra i soliti organismi, sotto al campanile, frequentati da quattro gatti e all’interno dei quali c’è il sospetto che la voce della Diocesi non trovi grosse resistenze?

Ma c’è anche un altro aspetto di concretezza che sul tema va registrato. Poniamo che il Comune di Santarcangelo decida di andare incontro alle aspettative della Diocesi, ma non per la somma di 2 milioni, e nemmeno per 1,5 milioni, ma per qualcosa di meno. Mettiamo che una perizia sulla chiesa del Suffragio, perché questo alla fine dovrà accadere, stabilisca che il prezzo giusto potrebbe essere di 1 milione, anche in considerazione del fatto che l’intero bene del Suffragio con la casa dell’ex parroco annessa, potrebbe richiedere spese di consolidamento e ristrutturazione non indifferenti. Questo milione verrebbe concesso cash oppure attraverso un bene da alienare, lasciando alla Curia il rischio di farlo? Che farebbe a quel punto l’economo diocesano? Il pericolo della “svendita”, dunque, esiste eccome anche per il Suffragio. Senza tanti giri di parole, l’interrogativo che la conduzione dell’affaire Suffragio evidenzia è anche questo: lungo la strada indiscutibile della vendita del Suffragio, sicuri che l’opzione della “offerta” al Comune del bene debba essere l’unica? Oppure non sarebbe stato meglio ampliare, pensando ad esempio ad una sorta di asta? Perché questo canale “privilegiato” con la giunta Parma, che con la sua politica commerciale ha “barricato” la Collegiata fra locali e localini con relativi dehors, tanto che non deve essere stata una passeggiata nemmeno far giungere i mezzi per eseguire i lavori? Il Comune di Santarcangelo sta affiancandosi (al di là di quello che deciderà sul destino del Suffragio) in qualche modo al grosso sforzo che la Chiesa locale sta portando avanti per assicurare un futuro ad una delle migliori evidenze storico-archeologiche di Santarcangelo, quale è la Collegiata, oltre che legata ad una secolare tradizione religiosa?

Da ultimo. Di chi sono le risorse alle quali attingono i lavori in corso alla Collegiata? Praticamente della Conferenza Episcopale Italiana per il 99%, a quanto è dato sapere. Altri canali sono stati sondati? La Diocesi di Rimini quanto mette? Nulla, perché ha già abbastanza debiti? Vien da pensarlo leggendo che «né la parrocchia di San Michele né la Diocesi di Rimini possono permettersi di accendere un altro mutuo per più di 100.000 euro, perché economicamente non sostenibile». E a quanto ammonta il fabbisogno economico per completare l’intervento sulla Collegiata?

Eccellenza, l’economo diocesano svolge al meglio il proprio compito, ma c’è un aspetto, forse il più significativo, che esula dal conto della serva. Lei entro l’anno dovrebbe lasciare la Diocesi in quanto è attesa dal Papa la nomina di un nuovo pastore, il suo successore. Probabilmente lei si sarà, giustamente, stancato di sentir parlare di debiti, avendo avuto la sfortuna di capitare in una Diocesi che ne ha accumulati parecchi, e durante la sua permanenza a Rimini il “rosso” ha virato al “rosa”. Ma se lei volesse dire una parola chiara, come è solito fare su altri argomenti, su quello che appare come un piccolo pasticcio e che coinvolge anche aspetti che hanno a che fare con la presenza pubblica della Chiesa, renderebbe un ottimo servizio alla causa.

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