Chi sono gli “Antifa”

Gli Stati Uniti sono scossi dalla più imponente e vasta rivolta sociale della loro storia recente, incendiata dalla presenza di elementi razziali. La brutalità poliziesca contro le minoranze, rappresentata iconicamente dalla morte di George Floyd, ha scatenato le proteste che poi si sono trasformate in saccheggi e scontri con le forze dell’ordine, palesando l’esistenza di un altro grave problema della società americana: la violenza.

Fra i movimenti che hanno contribuito ad elevare il carattere degli scontri, rendendoli organizzati, consentendone la diffusione capillare sull’intero territorio nazionale, ve n’è uno che ha attratto l’attenzione della Casa Bianca per il suo marcato estremismo: il collettivo di sinistra radicale noto come “Antifa“.

Infografica a cura di Alberto Bellotto

Le violenze sono scaturite dalla morte di George Floyd, afroamericano 46enne che il 26 maggio è deceduto a Minneapolis, in pieno giorno, dinanzi gli occhi della folla e delle fotocamere dei loro cellulari, dopo che un agente di polizia gli ha premuto con forza il ginocchio sul collo per più di cinque minuti. Quella morsa si è rivelata fatale: Floyd ha smesso di respirare e le sue ultime parole “I can’t breathe” (let. Non riesco a respirare) hanno suscitato uno sdegno tale da spingere decine di migliaia di persone ad occupare le strade in ogni parte del paese, da Minneapolis a Los Angeles, da Washington D.C. a New York.

Violenti scontri e saccheggi si sono registrati e si registrano nelle più grandi metropoli, la sicurezza fisica della stessa Casa Bianca e dei suoi inquilini è stata minacciata da scontri fra manifestanti e forze dell’ordine nella notte del 31 maggio, e l’imposizione di rigidi coprifuochi e l’entrata in scena della Guardia Nazionale sono stati inevitabili.

Il bilancio dei disordini, al 31 maggio, è un vero e proprio bollettino di guerra: in 15 stati è stata richiamata la Guardia Nazionale, per un totale di oltre 5mila truppe per le strade, più di 4mila persone sono state arrestate, in 12 grandi città vige il coprifuoco.

Il 31 maggio, Donald Trump ha utilizzato il proprio profilo ufficiale su Twitter per comunicare che il collettivo apolide Azione antifascista, popolarmente noto come “Antifa”, sarà prossimamente qualificato come organizzazione terroristica. La decisione fa seguito alla consapevolezza che i manifestanti appartenenti ai movimenti autonomi dell’estrema sinistra, riconoscibili dal vestiario e dai simboli utilizzati, stanno giocando un ruolo-chiave nell’esportazione delle violenze da Minneapolis al resto del paese, in collaborazione con Black Lives Matter.

L’eventuale concretizzazione dell’annuncio di Trump comporta al tempo stesso problematiche e gigantesche opportunità.

Le problematiche vertono sul fatto che Antifa non è un’organizzazione dalla struttura centralizzata, opera in numerosi paesi occidentali attraverso cellule che sono completamente autonome l’una dall’altra, anche all’interno della stessa nazione, e che non possiedono né liste di membri ufficiali né una dirigenza riconoscibile e riconosciuta.

Antifa, in pratica ed in sostanza, è un termine ombrello riferibile più ad una costellazione transnazionale di movimenti fra loro poco o nulla comunicanti e collegati che ad un’entità formale e perseguibile. Questo è il motivo per cui, fino ad oggi, è stato difficile definire un’agenda nei confronti di Antifa, di cui Trump aveva proposto la messa al bando già l’anno scorso. Ad ogni modo, la minaccia è reale e non si tratta di una mossa elettorale: fra il 2010 e il 2016, i gruppi della sinistra radicale hanno compiuto il 12% di tutti gli attentati avvenuti sul suolo statunitense, in aumento rispetto agli anni precedenti.

I movimenti Antifa, similmente alle controparti della destra alternativa (alt right), alternano militanza reale e virtuale. La prima è divenuta sempre più palese e propensa alla violenza negli anni recenti, in particolare a partire dal 2016. La seconda indica l’attivismo in rete, su internet, luogo in cui i movimenti Antifa sono incredibilmente presenti, disponendo di propri organi di informazione, siti web, blog, e di pagine sulle principali piattaforme sociali, come Facebook e Twitter. Internet è il luogo in cui gli Antifa fanno proselitismo ed organizzano le proteste, coordinano gli attacchi, stabiliscono i propri obiettivi.

Queste problematiche nascondono, come scritto, delle gigantesche opportunità. Il fatto che i movimenti Antifa utilizzino la rete come sede centrale delle loro attività, li rende facilmente monitorabili e consente agli investigatori di fare una stima approssimativa, ma realistica, delle persone che vi fanno parte, dei simpatizzanti ed anche delle sigle operanti sul territorio. Per quanto riguarda queste ultime, fra le più importanti e violente si segnalano: By Any Means Necessary, Redneck Revolt e Anti-Racist Action.

Assenza di un corpo unitario, di una dirigenza, di elenchi di iscritti e carattere de-territorializzato, non rappresentano quindi un ostacolo insormontabile alla schedatura dei sospetti e alle indagini. In effetti, le organizzazioni terroristiche internazionali presentano le stesse caratteristiche, con l’unica differenza di possedere un centro di comando definito, e le agenzie di sicurezza di tutto il mondo hanno perfezionato le loro tattiche nel contrasto a simili entità negli anni della guerra al terrore.

Il movimento Antifa è un amalgama transnazionale, ricco e complesso, composto da movimenti autonomi il cui unico trait d’union è l’ideologia, ossia la condivisione di valori, l’aderenza ed il cieco supporto a scuole di pensiero, visioni del mondo e valori appartenenti alla produzione culturale della sinistra radicale: anarchismo, anticapitalismo, anti-conservatorismo, anti-identitarismo, comunismo, femminismo di terza e quarta ondata, marxismo-leninismo, socialismo rivoluzionario, teoria queer.

Gli Antifa esaltano tutto ciò che viene ritenuto suscettibile di accelerare il collasso del sistema capitalista e dell’America intesa come un attore storico bianco-centrico, imperialista, razzista e suprematista nei confronti di minoranze etniche e religiose. Coerentemente e conseguentemente, negli anni recenti, i collettivi di estrema sinistra statunitensi hanno dato vita a delle lotte di notevole virulenza per l’abbattimento delle statue ritraenti personaggi degli Stati confederati, per la cancellazione di feste come il Columbus Day, per la riscrittura dei curricula universitari in direzione della de-bianchizzazione e, ovviamente, hanno mostrato una crescente insofferenza verso la destra alternativa e nei confronti di tutti coloro la cui libertà di pensiero viene reputata dannosa.

Sono sempre i collettivi Antifa, infatti, ad essere dietro le campagne contro la libertà di parola nei campus delle più prestigiose università statunitensi, organizzate con l’obiettivo di ridurre al minimo la visibilità e l’influenza di studenti, attivisti e politici di destra. Quest’ultimo punto, che mina le fondamenta stesse della democrazia nel nome della sua presunta difesa dalla minaccia fascista, ha spinto Trump ad intervenire, il 21 marzo dell’anno scorso, con un ordine esecutivo che punisce, tramite privazione di fondi pubblici, tutti quei college e quelle università che non riescano a garantire la libertà di parola al loro interno.

L’insieme di queste azioni ha spinto la società civile a prendere le distanze dagli Antifa e ha attratto l’attenzione degli enti impegnati nel monitoraggio degli estremismi, come l’Anti-Defamation League (ADL), delle autorità federali e dei servizi segreti, le cui prese di posizione non lasciano spazio a dubbi circa la pericolosità del movimento.

L’ADL ha denunciato le azioni degli Antifa come anti-democratiche, pericolose e fonte di ulteriore polarizzazione sociale; il New Jersey Office of Homeland Security and Preparedness collega il movimento all’estremismo anarchista ed evidenzia come sia composto da elementi radicali disposti ad esercitare violenza per raggiungere i loro scopi; e dal 2017 il Dipartimento della Sicurezza Interna (DHS) e la Federal Bureau Investigation (FBI) hanno aumentato la sorveglianza sui circoli Antifa, anticipando Trump nel parlare del movimento come espressione di “terrorismo domestico“.

Il movimento Antifa ha iniziato a conquistare la visibilità mediatica, e la conseguente attenzione delle agenzie di sicurezza, fra le presidenziali del 2016 e la prima parte del 2017, continuando a rendersi protagonista di eventi eclatanti fino ad oggi, in un circolo crescente di violenza.

Nel corso del 2016, gli Antifa hanno guidato il fronte popolare delle proteste anti-Trump, unendosi e mescolandosi ai black bloc in azioni di disturbo dirette agli eventi repubblicani e contraddistinguendosi per i pestaggi ai danni dei sostenitori dell’attuale presidente.

È stato il 2017, però, l’anno della svolta e della definitiva emersione degli Antifa quali attori dal potenziale realmente destabilizzante, come si può comprendere dagli eventi elencati di seguito.

Da febbraio a settembre, la città di Berkeley (California) è stata scossa da disordini e violenze perpetrate dagli Antifa ai danni di simpatizzanti repubblicani e persone ordinarie, colpevoli di prendere semplicemente parte a eventi e marce in supporto di Trump, e di figure di spicco della destra alternativa, come l’attivista Milo Yiannopoulos. Il fattore detonante è stato proprio un invito dell’università cittadina a Yiannopoulos, che avrebbe dovuto tenere un comizio il 1 febbraio, ma l’evento è stato bloccato dal raduno dinanzi il campus dell’ateneo di centinaia di black bloc e Antifa, alcuni appartenenti al gruppo “By Any Means Necessary”. L’assembramento ha poi assunto la forma di un’isterica battaglia contro polizia e studenti di destra combattuta con pietre, bombe molotov ed altri oggetti reperibili in strada, che si è poi estesa nel resto della città, dove i radicali di sinistra hanno vandalizzato esercizi commerciali e banche.

L’arrivo di Yiannopoulos ha messo in allerta gli Antifa californiani, che hanno rapidamente trasformato Berkeley in una città-santuario, interrompendo marce pacifiche regolarmente permesse dalle autorità, non di estremisti di destra ma di semplici simpatizzanti repubblicani, come la “March 4 Trump” del mese seguente. 

In agosto è stato il turno di Charlottesville (Virginia), scelta da gruppi di destra alternativa e del nazionalismo bianco come sede di una due-giorni di mobilitazione, dall’11 al 12, per protestare contro l’arrivo in città della guerra contro i simboli confederati. L’obiettivo della marcia, denominata “Unite the Right“, era di persuadere l’amministrazione locale a non rimuovere la statua del generale Robert Lee dal parco-simbolo della città, tra l’altro dedicato a suo nome. Come è noto, l’evento si è concluso in scontri, per via della decisione degli Antifa di giungere in città e dar vita ad una contro-manifestazione, e con una tentata strage con macchina da parte di un attivista di destra, terminata con un morto e 19 feriti.

Il 2018 ha sancito l’inizio di un cambio di paradigma: il focus degli Antifa è stato spostato dalla lotta di strada contro gli attivisti dell’estrema destra e gli elettori repubblicani alla caccia contro i rappresentanti delle istituzioni e gli esponenti di spicco del mondo conservatore. I due eventi più emblematici, a questo proposito, sono stati le minacce di morte al giornalista Tucker Carlson da parte di un gruppo noto come “Smash Racism”, che ha anche organizzato proteste dinanzi casa sua, e la pubblicazione in rete con intento intimidatorio di nomi e fotografie di 1.595 agenti dello U.S. Immigration and Customs Enforcement, l’agenzia federale per il controllo dell’immigrazione e delle frontiere, da parte degli “Antifa del Nebraska”.

La Turchia sta seguendo con attenzione l’evoluzione dei disordini negli Stati Uniti e ha accolto con interesse l’annuncio di Trump circa la designazione del movimento Antifa quale organizzazione terroristica. Il motivo, come spiega in maniera chiara un recentissimo approfondimento di TRT World, il sito web della principale azienda radiotelevisiva turca, è che la bandiera del movimento Antifa è stata vista sventolare ed è stata fotograta nel Rojava, una regione siriana in cui si trova un’importante sacca di resistenza curda.

Secondo TRT, dal 2014 ad oggi, centinaia di esponenti del movimento Antifa provenienti da Europa e Stati Uniti si sarebbero arruolati come combattenti volontari nelle fila dell’Unità di Protezione Popolare (YPG), un’organizzazione militare composta da curdi, arabi ed occidentali che negli anni della guerra siriana ha combattuto sia contro lo Stato Islamico che contro le forze irregolari filo-turche. Ed è proprio nel Rojava che gli Antifa avrebbero fatto il salto di qualità, ricevendo addestramento, apprendendo l’arte della guerra asimmetrica e, soprattutto, facendo esperienza diretta sul campo con combattimenti quotidiani.

Come riporta TRT, le autorità turche avrebbero indagato sul flusso di combattenti stranieri che ha ingrossato le unità dell’YPG, scoprendo che la maggior parte di loro era di origine statunitense e rispondente alle seguenti caratteristiche: adesione all’anarchismo, all’ecologismo radicale e/o al femminismo, tendenzialmente di giovane età e con alcuni casi di ex tossicodipendenze.

La storia del movimento Antifa è relativamente recente e può essere ricondotta ai turbolenti anni ’60, il decennio di insurrezione controculturale che ha cambiato per sempre il volto delle società occidentali, segnando l’inizio di un percorso lungo, tortuoso e non privo di tensioni sociali ed intergenerazionali, che ha avuto come mete finali lo sdoganamento dei diritti lgbt, l’avvento del post-cristianesimo e la messa in discussione dell’idea stessa di “civiltà occidentale” e dei suoi cardini fondamentali: religione, cultura, aspetti etno-razziali.

Nel caso degli Stati Uniti, la rivoluzione culturale degli anni ’60 ha portato alla fine della segregazione razziale, all’inizio delle lotte di liberazione sessuale, alla nascita dei movimenti per la legalizzazione delle droghe, all’emergere della Nuova Sinistra (New Left) e all’espansione di nuovi movimenti religiosi e sociali, come le varie sette New Age e gli hippie, caratterizzati da una forte vena antisistemica e in ribellione contro i “valori tradizionali”.

Ed è proprio nel seno di questa epoca dall’impronta storica che possono essere trovati i prodromi del movimento Antifa, che non sarebbe errato considerare la naturale evoluzione di esperimenti anteriori, ugualmente radicali e propensi alla violenza, come i gruppi del potere nero, l’Esercito di Liberazione Simbionese, Weather Undeground e Students for a Democratic Society,

Il terrorismo della sinistra radicale ha una lunga tradizione storica negli Stati Uniti, le cui origini affondano nel sindacalismo rivoluzionario tardo-ottocentesco, ma è sempre stato considerato una minaccia minoritaria alla sicurezza nazionale rispetto al suprematismo bianco o al jihadismo. Ma negli ultimi anni, più precisamente a partire dall’inizio dell’era Obama, qualcosa è cambiato: la polarizzazione economica e sociale è aumentata in maniera dirompente, insieme alla cristallizzazione delle tensioni inter-etniche, mentre la sinistra moderata, i cosiddetti “liberal”, è stata interessata da una radicalizzazione ideologica che ne ha spostato ambizioni, agenda e discorso politico su posizioni sempre più oltranziste.

Questa, almeno, è la tesi del Pew Research Center, secondo cui il principale lascito delle due presidenze Obama è stato l’aumento della polarizzazione politica, causata dall’estremizzazione degli elettorati di sinistra e destra e da tutto ciò che questo comporta sul piano delle relazioni sociali, di classe e fra etnie. In breve, negli anni dell’era Obama si è assistito ad una profonda rottura sociale, simile per gravità e dimensioni a quella degli anni ’60, le cui manifestazioni più eloquenti sono state l’aumento delle divisioni inter-etniche, che hanno portato alla nascita di Black Lives Matter e al ritorno in scena del nazionalismo nero, le proteste sociali di movimenti come Occupy Wall Street, e la formazione di due opposti estremismi in stile anni di piombo italiani: estrema destra, rappresentata dalla rinascita del suprematismo bianco, ed estrema sinistra, rappresentata dalla comparsa degli Antifa.

Questi ultimi hanno rapidamente trasformato la sinistra radicale da una forza irrilevante, sul piano della violenza politica, ad una minaccia esistenziale per l’identità degli Stati Uniti, fra guerre iconoclaste contro i simboli nazionali ed attacchi continui alle libertà di parola e di assemblea fino al più recente ruolo-guida nella regia dei disordini razziali più gravi della storia del paese, di gran lunga peggiori della rivolta di Los Angeles del 1992, che hanno costretto gli inquilini della Casa Bianca a rifugiarsi nel bunker dell’edificio, la notte di venerdì 29 maggio: la prima volta di sempre per un presidente.