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BEATIFICAZIONE DELLO SCIENZIATO DANESE NIELS STENSEN

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Basilica Vaticana - Domenica, 23 ottobre 1988

 

1. “Ecco, li riconduco dal paese del settentrione” (Ger 31, 8).

Le parole del profeta Geremia, riportate nella liturgia odierna sembrano riferirsi in modo particolare all’avvenimento che stiamo vivendo in questa Basilica di San Pietro.

Ecco, viene elevato alla gloria degli altari il servo di Dio Niels Stensen, figlio della Scandinavia, danese di nascita e di nazionalità.

“Ecco, li riconduco dal paese del settentrione e li raduno dall’estremità della terra” (Ger 31, 8).

Le parole del profeta si riferiscono ad Israele, il popolo dell’antica alleanza. In esse rileggiamo anche la verità sul popolo della nuova alleanza - sulla Chiesa di Cristo, in cui si radunano i figli e le figlie di tutte le nazioni, da un confine all’altro della terra. Essi infatti camminano nella peregrinazione della fede e si orientano verso la celeste Gerusalemme, verso la grande assemblea della comunione dei santi, dove Dio è tutto in tutti.

2. Tale cammino ha percorso colui che la Chiesa si accinge ad iscrivere oggi nell’albo dei beati: tutta la vita di Niels Stensen è stata un instancabile pellegrinare alla ricerca della verità, di quella scientifica e di quella religiosa, nella convinzione che ogni scoperta, anche modesta, costituisce un passo avanti verso la verità assoluta, verso quel Dio da cui tutto l’universo dipende.

Conoscendo quel meraviglioso itinerario spirituale, che è stata la vita di Niels Stensen, possiamo ben immaginare che egli si sia tante volte identificato col cieco, di cui parla la pagina evangelica dell’odierna liturgia, e che con lui abbia invocato dal Maestro divino la possibilità di vedere, di vederci più chiaro. Non nel senso fisico, certamente: sappiamo che era un osservatore attento delle caratteristiche delle pietre preziose, a cui il padre lavorava nella sua bottega di orafo; e osservatore acuto egli era pure delle meraviglie del mondo vegetale ed animale, che con dovizia la natura gli poneva di fronte.

Ma l’uomo non è dotato soltanto della facoltà conoscitiva fisica; egli possiede anche la conoscenza intellettiva, assai superiore, perché protesa verso la verità più profonda delle cose. Esiste inoltre nell’essere umano la facoltà che nella Scrittura è detta “conoscenza del cuore”, quella visione cioè che procede dal punto più intimo dell’uomo e che abbraccia tutta la sua realtà - intelletto, volontà, vita affettiva - aprendola alla trascendente esperienza dell’incontro personale con Dio.

Tanto nell’una quanto nell’altra forma di conoscenza Niels Stensen si rivelò dotato di particolari talenti: ricercatore appassionato scienziato di primo piano, non soddisfatto mai delle pure ipotesi e sempre alla ricerca della piena certezza, egli tuttavia fu mosso soprattutto dall’anelito verso la scoperta della ragione ultima di ogni cosa: Dio, che non si può trovare neppure con i più sofisticati strumenti della scienza sperimentale; Dio, nella cui intimità si può entrare soltanto mediante la “scienza del cuore”.

3. In tale scienza era stato educato fin dalla prima infanzia nella sua famiglia da pii genitori di religione luterana; in essa era stato ulteriormente formato nel corso degli studi presso la Scuola Latina e l’Università di Copenaghen, ove aveva trovato un ambiente nel quale la fede era praticata con convinzione ed autenticità. Quali progressi egli vi abbia fatto è dato intravedere da tutta l’impostazione della sua ricerca scientifica, come anche dalle scelte concrete operate nella sua vita.

Ammirare le meravigliose bellezze del creato e di lì risalire alla fonte di ogni bellezza, fu una dimensione fondamentale della sua spiritualità. Lo rivela egli stesso nel proemio alle sue “Demonstrationes anatomicae”, nelle quali sono raccolti i frutti delle sue ricerche: “Vero fine dell’anatomia è di procurare che gli osservatori, mediante il capolavoro del corpo si elevino alla dignità dell’anima e, conseguentemente, mediante le meraviglie dell’uno e dell’altra, alla conoscenza e all’amore per il loro Autore” (Niels Stensen “Opera Philosophica”, t. II, 254). Fu infatti profondo convincimento dello Stensen che “belle sono le cose che si vedono, più belle quelle che non si possono conoscere” (Niels Stensen “Opera Philosophica”, t. II, 254).

4. Spinto da questo anelito a trascendere la conoscenza puramente fenomenica e scientifica per avventurarsi nel campo sconfinato della verità accessibile solo alla conoscenza di fede, Niels Stensen estese ed approfondì la sua ricerca teologica e, con il suo acuto spirito di osservazione e la sua serena oggettività, riuscì a liberarsi gradualmente da certi pregiudizi contro la religione cattolica dai quali, inconsciamente e in buona fede, era stato influenzato fin dalla gioventù.

Non ci è dato ora di soffermarci in dettaglio sul lungo “iter” spirituale che finalmente lo portò ad abbracciare la fede cattolica. Qui interessa solo registrare il momento in cui superato ormai ogni dubbio ed oscurità, ripieno di gioia interiore disse il suo “si” a ciò che Dio gli aveva dato di comprendere chiaramente.

Come il cieco del Vangelo, egli aveva supplicato: “Figlio di Davide, abbi pietà di me”, “Rabbunì, che io veda!”, ed anche a lui Gesù aveva detto: “Va, la tua fede ti ha salvato. E subito, acquistata la vista, prese a seguirlo”.

5. Era il grande scienziato che riconosceva Dio come Signore supremo, accettando di seguirne l’interiore chiamata a donarsi totalmente a Cristo e a mettere le proprie energie al servizio esclusivo del Vangelo. Fu così che lo Stensen, non accontentandosi dell’impegno apostolico proprio del laico, volle essere sacerdote, convinto che ciò non costituisse una frattura nella sua vita e nel suo itinerario, ma fosse invece un ulteriore passo avanti, verso una donazione più completa di se stesso al bene dell’umanità.

Consacrato in un secondo tempo Vescovo da san Gregorio Barbarigo, egli si avviò verso il Nord-Europa per svolgervi, secondo una esplicita disposizione del Papa, il proprio ministero apostolico. Da allora egli peregrinò come pastore di anime ed autentico missionario: Hannover, Monaco, Paderborn, Amburgo e finalmente Schwerin lo videro tutto dedito al bene altrui, dimentico di sé, ricco di amore, anche nella sofferenza, perché appassionato di Cristo crocifisso, sommo sacerdote, “scelto fra gli uomini per il bene degli uomini, per aiutare coloro che sono nell’ignoranza” (Eb 5, 1-3).

Lo stemma da lui scelto, un cuore sormontato dalla croce, chiaramente simboleggia e riassume l’orientamento profondo della sua esistenza. Egli volle porre tutta la sua vita a servizio della croce di Cristo, nella quale vedeva la parola definitiva dell’amore di Dio per l’umanità.

“Io sono la luce del mondo; chi segue me avrà la luce della vita” (Gv 8, 12). La convinzione profonda che Cristo era “la luce del mondo” e che solo incontrando lui l’uomo poteva fruire della “luce della vita”, fu la molla che spinse Niels Stensen a prodigarsi senza risparmio di energie nell’annuncio del Vangelo. L’anelito missionario del nuovo beato ha qui la sua spiegazione e la sua sorgente.

Piace sottolineare questa caratteristica della sua vita nell’odierna ricorrenza della Giornata Missionaria Universale. Il pensiero va oggi con riconoscenza allo slancio eroico di tante persone che hanno messo generosamente la loro vita a servizio della diffusione della buona novella. Le loro fatiche e le loro rinunce, le loro gioie e le loro speranze, trovano eco nel cuore del Papa, come in quello di tutta la Chiesa. Possano essi sentirsi incoraggiati e sostenuti nel loro lavoro apostolico dalla preghiera e dal contributo fattivo dei fedeli; così che, grazie al loro perseverante impegno, “la Parola del Signore si diffonda e sia glorificata” nel mondo intero (2 Ts 3, 1). L’esempio del nuovo beato sia per loro di stimolo e di conforto.

6. Niels Stensen fu giustamente definito dal suo intimo amico Francesco Redi un “pellegrino del mondo”. Nato in Danimarca egli fu spinto dalla sua indole di ricercatore e di scienziato a percorrere le vie dei Paesi d’Europa fino a raggiungere Firenze, amata come sua seconda patria. Diventato sacerdote e Vescovo, egli si rimise nuovamente in cammino, prendendo questa volta la via della Germania, ove si spese dedicandosi interamente ad aiutare gli uomini a conoscere quel Dio che egli aveva incontrato attraverso la scienza e nella fede.

La vita dello Stensen è dunque un esempio luminoso di apertura e di dialogo: la sua missione in un Paese a prevalenza protestante fa comprendere come con la dirittura, congiunta a signorilità e delicatezza, esemplarità di costumi e santità di vita, si possano e si debbano stabilire quei rapporti che facilitano la mutua comprensione, l’amore e l’unità.

Il segreto della sua esistenza sta tutto qui: se egli è famoso per le scoperte fatte nel campo dell’anatomia, ben più importante è ciò che egli ci addita con le sue scelte di vita. Niels Stensen, per mezzo della “scienza del cuore”, ha scoperto Dio, creatore di tutto ciò che esiste e salvatore del mondo, e se ne è fatto appassionato banditore in mezzo ai fratelli.

7. Con l’odierna beatificazione si compie un desiderio di molti. Saluto di cuore tutti coloro che partecipano a questa celebrazione, provenienti dalla Danimarca e dalla Repubblica Federale di Germania, dalla Repubblica Democratica Tedesca e dall’Italia, dove Niels Stensen ha vissuto e lavorato. Contemporaneamente il mio saluto va a quanti sono in Danimarca, sua patria, e negli altri Paesi del Nord. Saluto, inoltre, scienziati e ricercatori, dovunque e in qualunque campo essi siano impegnati.

Tutti coloro che incontrano Niels Stensen - i suoi contemporanei e noi del XX secolo - sono da lui invitati a lasciarsi aprire gli “occhi dello Spirito” per la gloria di Dio, a riconoscere la loro dignità di uomini nella creazione di Dio e a lasciarsi arricchire dei doni di luce della grazia. Con la beatificazione la Chiesa mette questa figura luminosa come esempio sotto gli occhi del nostro tempo. Noi tutti siamo interpellati per mezzo di Niels Stensen, testimone di Cristo. Egli ci mostra che il mondo, con tutte le sue bellezze, non ha in se stesso il suo fine ultimo. Egli ci chiama fuori da un ambiente borghese e indifferente, ci conduce fuori da sistemi ed ideologie chiusi, verso la sfera della verità e della libertà dei figli di Dio. Ci dice che la fede umile dei cristiani non si trova mai in un posto sperduto. In particolare saranno incoraggiati e confortati dal suo esempio i credenti della diaspora. E agli occhi della cristianità divisa egli si presenterà come appassionato promotore di unità.

Con la beatificazione odierna sono particolarmente lieto di aggiungere un nuovo astro a quella costellazione di santi che illumina il passato della Scandinavia: sant’Ansgar, Vescovo di Amburgo-Brema, apostolo del Nord-Europa; san Knud, re e martire, patrono della Danimarca; san Knud Lavard, duca e martire; sant’Erik, re e martire, patrono della Svezia insieme con santa Brigida, grande mistica e fondatrice di un ordine religioso tuttora esistente; sant’Olav, re e martire, patrono di Norvegia; sant’Henrik, Vescovo e martire, patrono della Finlandia; san Thorlak, Vescovo, patrono dell’Islanda.

L’anno prossimo, se Dio vorrà, mi sarà dato di visitare quei Paesi, e la beatificazione odierna assume un particolare significato anche in questa prospettiva.

8. Ecco, dopo secoli di lontananza, giunge a noi da settentrione quasi un grido di tutti quei santi, uomini e donne, le cui morti sono state inscritte nel libro della vita.
Tutti, mediante la loro vita piena dello Spirito di Cristo, uniti al suo mistero pasquale, “camminavano e piangevano portando la semente da gettare, ma nel tornare, vengono con giubilo, portando i loro covoni” (cf. Sal 126 [125], 6).

A tutti loro si unisce oggi - dopo secoli - il beato Niels Stensen.
“Grandi cose ha fatto il Signore per noi” (Sal 126 [125], 3).
Ecco il grido dei santi, e dei beati - figli e figlie del settentrione europeo. In questo grido risuona l’eco del “Magnificat” mariano:
“Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e santo è il suo nome” (Lc 1, 49).
Questo grido permane nel cuore della Chiesa. Ritorna sulle sue labbra nei momenti particolarmente solenni, come è questo dell’odierna beatificazione.
Figlio beato della patria danese!
Tu ravvivi il coro di quei grandi, che ti hanno preceduto sulla via della santità. Insieme con loro gridi:
“Grandi cose ha fatto il Signore per noi”.
Questo tuo grido venga ascoltato in cielo e sulla terra. Venga accolto nel cuore dei tuoi fratelli e sorelle di oggi, e susciti in loro abbondanti messi di bene nella fede, nella carità, nella comunione.
“. . . nel tornare, vengono con giubilo, portando i loro covoni”.

Amen!

 

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