Lo storico canadese: «Nessun nativo ucciso nelle scuole residenziali»

La nostra intervista a Jacques Rouillard, docente di Storia all’Università di Montreal ed esperto delle scuole residenziali canadesi. Smentisce il genocidio culturale e quello fisico verso gli indigeni canadesi: non esistono scavi, né fosse comuni né, tanto meno, resti ritrovati. Dietro a tutto c’è un tentativo di risarcimento milionario.

 
 
 

Questa settimana i rappresentanti delle popolazioni indigene canadesi sono stati ricevuti in Vaticano (oggi si attendono le scuse da parte del Papa).

Papa Francesco ha ascoltato i leader dei popoli originari Métis e Inuit percependo la sofferenza subita di queste persone vissute all’interno del sistema scolastico residenziale.

Occorre però prestare attenzione alla narrativa: un conto è parlare di inculturazione, di cambio di lingua, di insegnamento della religione cattolica al posto della spiritualità indigena.

Un altro è sostenere che in queste scuole governative, ma gestite da missionari cristiani (anche cattolici), sia avvenuto un genocidio fisico con l’uccisioni di bambini, sotterrati poi in fosse comuni.

Si tratta di piani diversi che non vanno confusi: il primo è vero, il secondo no.

La stessa Commissione d’indagine canadese che ha avvallato il “genocidio culturale”, ha tuttavia smentito quello fisico e biologico.

 

A Kamloops niente fosse comuni, né resti ritrovati.

Il mese scorso avevamo già parlato della fake news internazionale sul ritrovamento di una presunta fossa comune alla Kamloops Indian Residential School. E’ un falso, ovviamente.

La dimostrazione più facile? Non esistono fotografie né degli scavi, né della fossa e né tanto meno dei resti umani riesumati.

Tutto nasce il 27 maggio 2021 da un comunicato stampa della giovane antropologa Sarah Beaulieu che, dopo aver analizzato con un georadar il terreno vicino alla scuola avrebbe rilevato depressioni e anomalie. Da qui l’ipotesi di una fossa comune, senza aver fatto nemmeno uno scavo.

Alcune comunità indigene hanno aggiunto il riferimento a tombe non contrassegnate e sui media si è trasformata nella notizia del ritrovamento di una fossa comune e di 215 resti umani. Il premier Justin Trudeau ha subito avallato l’idea del “capitolo oscuro e vergognoso” della storia canadese, scatenando il putiferio.

 

Scuole residenziali, gli ex studenti: «Anche ricordi belli»

Gli stessi ex studenti delle scuole residenziali, come le sorelle Pearl Lerat e Linda Whiteman, hanno dichiarato ai media canadesi che l’idea di tombe appartenenti ai bambini che frequentavano queste scuole «vive di vita propria, è bastato che i media raccogliessero queste storie».

Si tratta di semplici cimiteri, in cui venivano sepolti i membri della comunità ed anche i bambini che morivano di malattie. Gli stessi nonni e genitori delle due sorelle canadesi sono sepolti lì.

«I più vecchi tra noi sanno che non ci sono solo bambini», affermano. «Furono sepolti i contadini e anche membri della comunità Métis seppellivano persone nel nostro cimitero». Così, ammettono, «è stato molto sconvolgente, per non dire altro», veder strumentalizzata la notizia. «Si è diffusa a livello nazionale quasi subito, dall’oggi al domani. Spero che ne venga fuori qualcosa di buono e che le persone imparino la verità al riguardo».

Sostengono che avrebbe dovuto essere stata consultata la generazione più anziana prima che gli attuali leader indigeni tenessero le conferenze stampa. «Chiedi il loro consiglio, chiedi loro la storia per come la ricordano. Eravamo lì. L’abbiamo vissuta. Dovremmo saperlo», ha detto l’ex studentessa. «Non pretendo di avere 110 anni, di sapere tutto, ma penso di aver sperimentato abbastanza quanto accadde nella scuola residenziale per ricordare non solo i momenti brutti ma anche quelli belli».

 

La nostra intervista allo storico canadese.

Uno dei primi ad aver sottolineato il grande equivoco dietro a tutta questa storia è stato il prof. Jacques Rouillard, docente emerito di Storia all’Università di Montreal e tra i massimi esperti di storia del Quebec.

Nel febbraio scorso ha pubblicato un lungo approfondimento sulla rivista canadese L’Action nationale, intitolato per l’appunto: Dove sono i resti dei bambini sepolti alla Kamloops Indian Residential School?.

 

UCCR lo ha intervistato, ecco cosa ci ha detto (le risposte sono integrate con quanto ha scritto nella sua ricerca indipendente).

DOMANDA – Prof. Rouillard, è storicamente corretto parlare di abusi avvenuti nelle scuole residenziali in Canada, considerando la Chiesa cattolica artefice di una “colonizzazione” e di un “genocidio culturale”?

RISPOSTA – Naturalmente i francesi e gli inglesi colonizzarono il Canada come molti altri paesi europei fecero altrove e la Chiesa cattolica volle convertire i popoli incontrati per assicurarne la salvezza.

La parola genocidio culturale mi sembra però decisamente forte.

Vi fu invece il desiderio di assimilare le lingue indigene, di favorire un’integrazione nella società industriale e di trasformare certi valori che erano loro specifici. Questo è inevitabile per tutte le società preindustriali e continua ad essere fatto anche oggi nelle scuole gestite da autoctoni.

I bambini imparano a parlare, leggere e scrivere in inglese, apprendono la matematica e la geografia, così come viene loro insegnato ad inserirsi nella società e proseguire con l’università. Inoltre, ci sono corsi di storia e lingue aborigene. E va bene, è giusto.

I nativi non avevano le risorse per adattarsi. A differenza di quanto fecero gli Stati Uniti con i popoli autoctoni, le élite canadesi non vollero rifiutarli o emarginarli, ma renderli canadesi come gli altri.

Lo storico Henri Goulet, nel suo lavoro sulla storia delle scuole residenziali in Quebec, spiega che il desiderio dei Missionari oblati di Maria Immacolata del Quebec (come padre Jean-Marie Raphaël Le Jeune) era conoscere le lingue aborigene e riferisce che le loro pubblicazioni in lingua indigena «testimoniano il loro desiderio di mantenere il linguaggio nativo»1H. Goulet, Histoire des pensionnats indiens catholiques au Québec. Le rôle déterminant des pères oblats, Les Presses de l’Université de Montréal 2016, p. 182-183. La loro azione era ispirata dallo sforzo di evidenziare gli aspetti positivi della cultura aborigena e di favorire una “transizione più armoniosa”.

Gli sforzi degli Oblati per mitigare lo shock culturale non sono stati riconosciuti nel rapporto della Commission de vérité et réconciliation (CVR). Questo contribuisce ad alimentare il punto di vista iper-critico verso le scuole residenziali, sostenendo che le comunità religiose avrebbero avuto poco riguardo per la cultura indigena.

I ricercatori della Commissione non hanno consultato gli archivi della comunità oblata, limitandosi quasi esclusivamente a quelli governativi. Per giustificarsi sostengono che si tratti di istituzioni private ma è una scusa logora in quanto hanno impiegato sei anni per scrivere un rapporto che è costato 71 milioni di dollari.

Eppure nei loro diari, gli Oblati registravano fedelmente gli avvenimenti significativi della giornata, dopo aver consultato le cronache di 8 collegi di Alberta conservati negli archivi della provincia, abbiamo trovato ricche informazioni, in francese o inglese, tra cui la morte di studenti con i loro nomi. Nessun segreto.

 

«I nativi canadesi? Nessun genocidio»

DOMANDA – Eppure i media (anche quelli cattolici) continuano a riprendere la notizia di fosse comuni in Canada vicino alle scuole cattoliche. E’ vero o si tratta di una finzione, com’è stato dimostrato per quella della Kamloops Indian Residential School?

RISPOSTA – E’ falso, non c’è nessuna fossa comune dietro a questi collegi come invece alcuni vorrebbero far credere.

A volte si incontrano semplici cimiteri, come vicino alla missione di Marieville. In essi venivano sepolti gli studenti delle scuole, ma anche i membri della comunità locale e gli stessi missionari una volta che morivano. L’invenzione del genocidio fisico nasce con lo scopo di ottenere un risarcimento monetario dalla Chiesa cattolica.

D’altra parte, è mai pensabile che monaci e monache, che conoscono i bambini e vogliono la loro conversione, li possano aver assassinati e seppelliti nelle tombe senza che i loro genitori ed i Conseil de bande [i rappresentanti dei comitati indiani] reagissero? È finzione. Questi monaci e monache, oltretutto, provenivano principalmente dal Quebec di lingua francese.

Nello stesso rapporto della CVR si legge che «per quasi tutti i collegi un funerale cristiano era la norma» e che il cimitero della chiesa attigua «può fungere da luogo di sepoltura per gli studenti che muoiono nel collegio così come per i membri della comunità locale e gli stessi missionari». Questo è quello che è effettivamente successo anche a Kamloops.

Non è credibile che 200 bambini siano stati sepolti clandestinamente in una fossa comune, nella riserva stessa, senza alcuna reazione da parte del Conseil de bande. Oltretutto queste congregazioni religiose hanno lavorato in Quebec per anni in varie opere sociali, inclusi gli orfanotrofi e, per quanto ne so, non sono mai state mosse loro accuse del genere.

Nelle interviste ai “sopravvissuti” leggiamo che la semplice presenza di una fornace nel seminterrato delle scuole suggerirebbe che i corpi dei bambini sarebbero stati bruciati lì. Si tratta sempre di ipotesi e speculazioni, i cosiddetti “sopravvissuti” non hanno mai assistito in prima persona a nulla di quanto affermano. Queste dicerie si sono perpetuate nel corso degli anni tra gli indigeni di Kamloops,

Nessuno sottolinea che siamo ancora nella fase delle ipotesi e che non sono stati ancora trovati resti, eppure il governo ed i media consentono l’accreditamento della tesi della scomparsa di migliaia di bambini dai collegi. Da un’accusa di “genocidio culturale” avallata dalla Commission de vérité et réconciliation (CVR), si è passati al “genocidio fisico”, una conclusione che la Commissione stessa rifiuta esplicitamente nel suo rapporto.

Tutto si basa sulla semplice scoperta di anomalie del suolo, disturbi che potrebbero essere stati causati dai movimenti delle radici, come ha ricordato la stessa antropologa durante la conferenza stampa del 15 luglio. Occorrono prove concrete prima che le accuse mosse contro gli Oblati e le Suore di Sant’Anna siano iscritte nella storia. Le esumazioni non sono ancora iniziate e non sono stati trovati resti. Un crimine commesso richiede prove verificabili.

 

«Gli indigeni del Canada morivano per tubercolosi»

DOMANDA – Recentemente James C. McCrae, ex procuratore generale di Manitoba e Tom Flanagan, professore emerito di Scienze politiche all’University of Calgary, hanno messo in dubbio anche l’affidabilità del National Student Memorial Register, il registro che elenca i bambini mai rientrati a casa dalle scuole residenziali. Viene definita una «lista fraudolenta» in quanto sono state inserite persone che non frequentavano queste scuole e gli stessi responsabili del NCTR ammettono di non verificare la storia dei bambini, inseriti su richiesta delle famiglie per «ricordare i loro figli perduti tra i nomi dei loro compagni di scuola». Cosa ne pensa?

RISPOSTA – Ho poca esperienza di questa specifica cosa ma so per certo che non bisogna assolutamente fidarsi dell’NCTR che è soggetto alla guida di alcuni membri della comunità indigena e ha dimostrato più volte di aderire a teorie cospiratorie verso lo Stato canadese e la Chiesa cattolica.

Secondo gli stessi dati forniti dalla Commission de vérité et réconciliation (CVR) il tasso di mortalità nei giovani che frequentavano le scuole residenziali era in media di circa 4 decessi all’anno ogni 1.000 giovani e la causa principale era dovuta a tubercolosi ed influenza.

Nonostante fonti d’informazione parziali, la commissione si concede però affermazioni sorprendenti sostenendo che «non era pratica comune per la maggior parte delle scuole residenziali restituire i resti alle comunità di origine» e che «i loro genitori spesso non sono stati informati della malattia o del decesso». La fonte sono archivi lacunosi ed è grave se provengono da una commissione d’inchiesta ufficiale. Comprendo chi invoca la necessità di ulteriori indagini.

La realtà è lontana da queste affermazioni, laddove le informazioni sono disponibili apprendiamo invece che i genitori sono stati informati e che i bambini sono sepolti nel cimitero della loro riserva. Dal 1935 il Department of Indian Affairs ha imposto una procedura specifica in caso di morte di uno studente.

 

«Più che le scuse del Papa, risarcimenti milionari»

DOMANDA – Ad inizio marzo, altri due studiosi delle scuole residenziali canadesi hanno scritto a loro volta: «Non c’è traccia di un solo studente ucciso nei 113 anni di storia delle scuole residenziali». Questa affermazione corrisponde alla verità storica?

RISPOSTA – Sono d’accordo con quanto scrivono. In Canada non abbiamo mai perseguito una comunità religiosa per aver ucciso un solo bambino. D’altra parte non vengono offerti nomi di bambini presumibilmente sepolti in una fossa comune, né i nomi dei loro genitori che si sono lamentati della scomparsa.

Con la visita al Papa, i media canadesi si stanno facendo portavoce delle comunità indigene ma nessuna critica, anche minima, viene accettata anche se a volte vengono addotte delle assurdità. Si ripete solo che le comunità religiose sono colpevoli ed il Papa dovrebbe chiedere scusa.

Sembra che si siano autorizzati gli scavi a Kamloops, è una buona notizia. Sarebbe però stato meglio si fossero svolti lo scorso autunno, così da conoscere la verità ed impedire a papa Francesco di venire a Kamloops per scusarsi sulla base di ipotesi non provate. Molti dubitano però che gli scavi avranno mai luogo, data l’importanza della posta in gioco bisognerebbe che fossero condotti sotto la supervisione di una commissione indipendente.

Segnalo questo articolo che illustra bene l’obiettivo della leadership aborigena.

 

DOMANDA – Sostanzialmente sembra che l’obbiettivo sia un risarcimento milionario a fronte però di evidenze tutt’altro che accertate

RISPOSTA – Il governo canadese ha pagato ai “sopravvissuti” delle scuole residenziali somme enormi, si comprende di più perché i leader indigeni vogliano ottenere lo stesso dalla Chiesa cattolica.

Al netto di ciò, tuttavia, gli aborigeni hanno certamente molte lamentele da rivolgere al governo ed al popolo canadese.

 
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Leggi le nostre altre interviste del venerdì.

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2 commenti a Lo storico canadese: «Nessun nativo ucciso nelle scuole residenziali»

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  1. Panthom ha detto

    Ho googlato parecchio ed effettivamente non c’è traccia di foto di queste fosse comuni e neppure vengono fatti nomi o circostanze oggettive, quando ho visto che anceh i quotidiani cattolici hanno copiato gli altri riprendendo la notizia delle fosse comuni mi sono arreso. E’ istruttivo apprendere come si creano e diffondono fake news in cui tutti credono ciecamente e si copiano a vicenda senza alcuno spirito critico.

  2. Simone B. ha detto

    Purtroppo è il realizzarsi della finestra di Overton…

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