mercoledì 25 novembre 2015

PADRE PIO DI PIETRALCINA E LE DONNE

L'idea per un articolo su questo argomento cominciò a giustificarsi ancora qualche anno fa allorché si fece sempre più insistente l'ipotesi di una beatificazione di Padre Pio e nelle librerie cattoliche cominciarono a circolare pubblicazioni, studi, saggi, aneddoti sul nostro frate cappuccino. Un libro soprattutto, esposto in prima fila, attirava la curiosità dei clienti: quello di R. Allegri, biografo ufficiale del religioso, dal sottotitolo: "30 lettere inedite alla figlia spirituale prediletta". Il rapporto di questo mistico con le donne non è certo tabù per nessuno, anche se si preferisce presentarlo come il santo dei miracoli e della chiaroveggenza, anziché l'uomo tribolato da una natura alquanto infelice, spesso aggressivo, impaziente ai limiti della maleducazione, sentimentale sino ad equivoci “sentimentali” con le sue penitenti. Non devono turbare le nostre pie orecchie i deferimenti da parte di queste ultime verso le gerarchie vaticane. Un dossier di ben 200 pagine pervenne addirittura sul tavolo di Giovanni XXIII, dove si denunciava il frate che "due volte la settimana teneva rapporti sessuali con pie donne". Il buon Papa Roncalli per non passare da connivente inviò a Monterotondo un visitatore apostolico nella persona di Mons. Maccari, al quale Francesco Forgione (nome e cognome del religioso al secolo) confessò "anch'io Monsignore ho bisogno di una persona cara, un parente, un amico sincero con il quale passare qualche minuto in famiglia. Così mi sento debole, triste, solo. Non gliela faccio più!" Lungi da noi gettare discredito su questa figura, ritenuta uomo di Dio, ma lungi anche dal decorarlo a insensibile manichino e pupille lucenti stravolte al cielo. Ma, qui la domanda: è accettabile sul piano morale che un frate o una monaca, astretto dal voto di castità, si conceda delle amiche, e fra di loro se ne scelga una, eletta dal mazzo, quale insostituibile? Non è questa una doppia vita, già di dubbia moralità per le persone sposate e quindi tanto più conturbante per un celibe legato da sacro giuramento?
                                          L’amicizia con Cleonice Morcaldi
Il rapporto P. Pio (1877-1968) con Cleonice Morcaldi (1904-1987) sboccia nella chiesa del Convento di Monterotondo in occasione dei tanti riti devozionali, allorché il frate compie 37 anni e la ragazza 20. Un'amicizia molto profonda ed esclusiva che però si iscrive sulla linea di tante altre amicizie del genere, considerate storiche, fra i due sessi. Alcuni esempi clamorosi suscitarono discussioni, ma forse racchiudono anche degli insegnamenti. Saliamo da noi al tempo antico. La profonda amicizia di S. Paolo con la leggendaria Santa Tecla. San Gerolamo, grande biblista con Paola di Roma, una delle più importanti figure del monachesimo femminile del 300 d.C. Giovanni Crisostomo, patriarca di Costantinopoli con la greca Santa Olimpia, amicizia che suscitò invidie e ostilità da finire in tribunale. San Venanzio da Valdobbiadene (Treviso) con Santa Redegonda, regina di Francia (560 d.C.). S. Bonifacio, primo apostolo della Germania, con Santa Lioba. S. Francesco con Santa Chiara di Assisi. Il beato Raimondo da Capua con Santa Caterina da Siena. S. Giovanni della Croce con Santa Teresa d'Avila, che si permetteva di uscire dalla clausura contro gli ordini del Concilio di Trento. Meditavano sul libro della Bibbia “il Cantico dei Cantici” l’incontro dello sposo con la sposa. S. Francesco di Sales con Santa Francesca di Chantal (1610). In 22 anni si scambiarono più di 300 lettere, la media di una ogni tre settimane. San Gaspare Bertone, fondatore dei missionari stimmatini (1853) con Leopoldina Naudet. Queste alcune delle più note amicizie maschio-femmina fra santi e sante, fra beati e beate, tra frati e suore fino alla nostra in argomento. P. Pio e la Cleonice per anni si scambiarono lettere e bigliettini tramite un certo Petruccio, che, perché cieco, aveva libero accesso in convento. Subito dopo la morte del cappuccino Cleonice, chiamata "mia piccina carissima" ebbe il coraggio di inviare tutta la corrispondenza all'autorità religiosa superiore per dimostrare che si trattava soltanto di una grande amicizia pulita e in Dio, e che il Padre (da lei chiamato babbino mio) era un santo. Certo una donna che si comporta così da farsi un Karakiri o è una grande ingenua e tonta, oppure ci pone di fronte ad una eccezionale lealtà e coraggio. Nel qual caso il giudizio è determinante per un'assoluzione d'immoralità. Oggi noi diremmo trattarsi di un'amicizia spirituale o platonica, cioè per usare il linguaggio del Grande Fratello, di amore senza sesso.
Dalle 30 lettere inedite e pubblicate dal biografo ufficiale stralciamo a caso qualche espressione. "Senti piccina, il babbo tuo arde dal desiderio di vederti. Se riuscirai ad ottenere la chiave da Nina e venire qui inosservata da questi serpenti di quassù alle 12 meno 10 precise, stai pur certa che nessuno si accorgerà. Riprovo l'agire cafonesco e la cattiveria umana di chi in apparenza ci ha fisicamente separati, ma che però ci ha stretti di più con rinnovati vincoli spirituali". Lei: "Se Gesù vorrà mi darai tu il tuo volto?". P. Pio: "se vorrà sì, posso negarlo a te?". Lei: "sono vanitosa, è male d'estate andare dalla mia vicina di casa senza calze, solo con la vestaglia fino alle ginocchia? Lui: "fai male, non te lo permetto ... vedo che cambi vestito ... ". Lei: "che volevi da me quella notte che mi sei venuto sotto forma di lingue di fuoco?". P. Pio: "volevo quello che poi mi hai dato". Lei: "sei proprio un giglio". P. Pio: "e tu una rosa". Letti così sembrano i versetti di due fidanzatini ardentemente innamorati…e per una quarantina d’anni. Verso la fine della vita la devota Cleonice onde depistare l'identità chiamava P. Pio Rachelina ed essa si firmava Davide.
                                                 La gelosia delle figlie spirituali
Ovvio che lo stuolo delle figlie spirituali mosse dall'invidia e dalla gelosia arrivassero a reclamare sino alla cattedra di Pietro, cioè Papa Giovanni. E siamo alla domanda di prima: "ecco la vita dei votati alla castità. Si va sul viscido, sul torbido, sulla doppia vita ... ". Difficile qui dare una risposta convincente. Si dovrebbe comunque premettere una constatazione: oggi la società dei consumi ha corrotto un po' tutto, ha cancellato la gamma dei sentimenti, appiattendoli tutti verso una sola valenza: il sesso. Così ci viene propinato il significato di amore attraverso TV, cinema, rotocalchi, opinione corrente. Amore significa: fare sesso. Punto e basta. Che la parola "amore" possa anche significare tenerezza, compassione, compartecipazione, responsabilità, solidarietà, neanche per idea. Che l'amore, all'origine identico in tutti gli esseri umani, possa investire diversi oggetti, divenendo o egoista, o altruista, o fraterno, o materno, o per il prossimo, o per Dio, non passa "manco pa a capa". Indubbiamente Freud all'inizio del secolo ha avuto una grande intuizione definendo fondamentale per l'uomo l'istinto sessuale. Ma fu eccessivo ridurlo solo a questo fino al punto che la stessa religione e mistica altro non sarebbero che istinto sessuale camuffato. Sembra invece, a detta degli stessi suoi scolari e recenti psicologi tipo E. Fromm, che il sentimento fondamentale dell'uomo sia il bisogno di liberarsi dall'angoscia e dalla solitudine. La maggioranza dei mortali risponde a tale bisogno con la famiglia, con l'amore eterosessuale, altri con gli affari, altri con l'arte, altri con la religione, altri con l'amore verso Dio, attraverso il quale sublimare anche il rapporto per l'altro sesso. Probabile quindi che le amicizie uomo-donna dei santi, dei religiosi, dei celibi, dei bonzi, degli sciamani, di P. Pio con Cleonice ecc. possano entrare in questa dimensione, invero un po' lontana dal nostro sentire di comuni mortali.

Autore:
Albino Michelin
25.01.2001

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