Arcidiocesi di Ravenna-Cervia

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Arcidiocesi di Ravenna-Cervia
Archidioecesis Ravennatensis-Cerviensis
Chiesa latina
Regione ecclesiasticaEmilia-Romagna
 
Mappa della diocesi
Diocesi suffraganee
Cesena-Sarsina, Forlì-Bertinoro, Rimini,
San Marino-Montefeltro
 
Arcivescovo metropolitaLorenzo Ghizzoni
Vicario generaleAlberto Brunelli
Arcivescovi emeritiGiuseppe Verucchi
Presbiteri85, di cui 64 secolari e 21 regolari
2.330 battezzati per presbitero
Religiosi23 uomini, 119 donne
Diaconi13 permanenti
 
Abitanti219.100
Battezzati198.120 (90,4% del totale)
StatoItalia
Superficie1.185 km²
Parrocchie89 (8 vicariati)
 
ErezioneI secolo (Ravenna)
VI secolo (Cervia)
in plena unione dal 30 settembre 1986
Ritoromano
CattedraleMetropolitana della Resurrezione del Signore
ConcattedraleSanta Maria Assunta
Santi patroniSant'Apollinare
San Paterniano
San Pietro Crisologo
Madonna Greca
Madonna del Pino
IndirizzoPiazza Arcivescovado 1, 48100 Ravenna, Italia
Sito webwww.diocesiravennacervia.it
Dati dall'Annuario pontificio 2021 (ch · gc)
Chiesa cattolica in Italia
Affresco sulla sommità della cappella di sinistra del Duomo di Ravenna.
La concattedrale di Santa Maria Assunta a Cervia.
La basilica di Sant'Apollinare in Classe

L'arcidiocesi di Ravenna-Cervia (in latino Archidioecesis Ravennatensis-Cerviensis) è una sede metropolitana della Chiesa cattolica in Italia appartenente alla regione ecclesiastica Emilia-Romagna. Nel 2020 contava 198.120 battezzati su 219.100 abitanti. È retta dall'arcivescovo Lorenzo Ghizzoni.

I patroni sono sant'Apollinare e san Paterniano.

Territorio[modifica | modifica wikitesto]

L'arcidiocesi si estende per due terzi della sua superficie in provincia di Ravenna e per un terzo in provincia di Ferrara. Nella provincia di Ravenna comprende il territorio corrispondente ai comuni di Ravenna e Cervia e la frazione di Lavezzola (comune di Conselice); nella provincia di Ferrara comprende il territorio dei comuni di Argenta e Portomaggiore. Le frazioni di Filo e Longastrino, che nell'amministrazione dello Stato sono divise a metà tra le province di Ravenna e Ferrara (essendo entrambe divise tra i comuni di Argenta e Alfonsine), appartengono interamente all'arcidiocesi di Ravenna.

Sede arcivescovile è la città di Ravenna, dove si trova la cattedrale della Resurrezione del Signore. A Cervia sorge la concattedrale di Santa Maria Assunta.

Vicariati e parrocchie[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Parrocchie dell'arcidiocesi di Ravenna-Cervia.

Il territorio è suddiviso in 7 vicariati, in cui si contano in totale 89 parrocchie:

Provincia ecclesiastica[modifica | modifica wikitesto]

La provincia ecclesiastica di Ravenna-Cervia comprende le seguenti diocesi suffraganee:

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Sede di Ravenna[modifica | modifica wikitesto]

Origini ed età antica[modifica | modifica wikitesto]

L'origine della diocesi di Ravenna è verosimilmente molto antica. Il più antico reperto che testimonia la presenza del credo cristiano nell'area ravennate è un'iscrizione su una stele funeraria ritrovata a Classe e risalente alla fine del II secolo. Una datazione così bassa può essere spiegata se si considera che a Classe, l'antico porto di Ravenna, era di stanza una flotta dell'esercito romano che aveva il compito di sorvegliare la parte orientale del Mediterraneo. Probabilmente i primi cristiani del ravennate erano militari della flotta, reclutati nei Paesi di prima cristianizzazione, cioè nel Vicino Oriente. L'area cimiteriale dei primi cristiani (un grande sepolcreto del III-IV secolo) è stata localizzata a Classe, a poca distanza dalla basilica di Sant'Apollinare, durante gli scavi condotti nella seconda metà del XVIII secolo.

Si può ipotizzare che la diocesi di Ravenna sia stata istituita nella Civitas Classis all'inizio del III secolo. Il primo vescovo di cui è certa l'esistenza è Severo, che partecipò al concilio di Sardica nel 343. La tradizione arretra l'inizio della cronologia episcopale ai primi decenni della cristianità: sant'Apollinare, uno dei discepoli di san Pietro ad Antiochia di Siria, giunse a Classe dalla sua città natale e qui fondò la prima comunità cristiana locale; il medesimo episodio è presente in Andrea Agnello e negli scritti dei cronachisti ravennati a partire dal IX secolo. La maggioranza degli storici ritiene tuttavia che tali testimonianze non siano affidabili e che la datazione tramandata sia stata ottenuta dilatando la durata dei primi episcopati.

La diocesi ebbe sede a Classe dalla fondazione sino a quando Ravenna fu scelta come capitale dell'impero romano (402). In previsione del trasferimento della corte imperiale fu avviata la costruzione della nuova cattedrale. Costruita al centro della città, fu consacrata il 3 aprile 407 e dedicata alla Risurrezione di Gesù, in greco antico Hagìa Anástasis. Papa Celestino I (422-432) elevò la sede ravennate a metropolia e costituì la relativa Provincia ecclesiastica[1]; la sede ravennate acquisì una notevole importanza fra le diocesi del nord Italia. All'autorità del vescovo di Ravenna furono sottoposte le diocesi di Voghenza, Imola, Forlì, Faenza, Bologna e Modena, in precedenza appartenute alla metropolia di Milano. Il primo metropolita fu San Pietro Crisologo (433-450). All'epoca del vescovo Giovanni I (fine V secolo), detto Angelopte perché avrebbe avuto il privilegio di poter vedere il proprio angelo custode, la metropolia di Ravenna estese la sua giurisdizione su tutti i vescovi dell'Emilia occidentale, dunque anche sulle Chiese di Piacenza, Parma, Brescello e Reggio. Ravenna era una delle tre sedi metropolitane dell'Italia settentrionale (le altre erano Milano ed Aquileia). Il vescovo ravennate riceveva la consacrazione direttamente dal vescovo di Roma. I Papi rispettavano comunque la tradizionale autonomia di Ravenna: il clero ravennate sceglieva al proprio interno il nuovo arcivescovo.

Età bizantina[modifica | modifica wikitesto]

Pannello a mosaico di Sant'Apollinare in Classe, commissionato dall'arcivescovo Reparato (671-677) per celebrare l'autocefalia concessa dall'imperatore Costante II.

Nel 540 tutta l'arcidiocesi di Ravenna fu recuperata al dominio romano (d'Oriente), sottraendola al regno degli Ostrogoti. I beni della chiesa gota (ariana) furono devoluti alla chiesa ravennate (cattolica). Tra le prime opere pubbliche della Ravenna bizantina vi fu la costruzione di due basiliche monumentali: iniziata nel 532, fu ripresa l'edificazione della basilica di San Vitale, che fu portata a compimento nel 547; nel 549 terminarono anche i lavori di costruzione della basilica di Sant'Apollinare in Classe. Al VI secolo risale inoltre la costruzione del Tricolle (o Tricolo), un grandioso edificio non più esistente dotato di tre torri e destinato ad accogliere il clero ravennate[2]. Considerata dagli imperatori un baluardo della fede ortodossa posta ai confini con i territori a nord del Po, dove l'arianesimo era ancora diffuso, nel 546 Ravenna fu elevata al rango di sede arcivescovile: Massimiano fu il primo a ricevere il pallio da papa Vigilio.

Nel 554, inoltre, Giustiniano nominò Ravenna capitale dei possedimenti bizantini d'Italia. Da allora l'arcivescovo ravennate cominciò a stringere rapporti sempre più stretti con l'Impero romano d'Oriente. L'accresciuta importanza di Ravenna destò qualche preoccupazione a Roma. Nel 569/70 papa Benedetto I ruppe per la prima volta l'antica consuetudine secondo la quale il clero ravennate sceglieva l'arcivescovo al proprio interno imponendo un prelato romano, Giovanni[3]. In altre occasioni la Sede Apostolica intervenne per limitare l'autonomia di Ravenna: papa Simplicio minacciò Giovanni III[Sono vissuti in due periodi diversi] della privazione del diritto di consacrare i vescovi suoi suffraganei; Gregorio Magno (590-604) richiese di ridurre lo sfarzo dell'arcivescovo Giovanni V[Sono vissuti in due periodi diversi] e del suo clero.

Con la costituzione dell'Esarcato d'Italia (584 circa), Ravenna fu eretta capitale. Al vertice dell'amministrazione fu posto l'esarca, nominato direttamente dall'imperatore. Costantinopoli conferì anche all'arcivescovo importanti poteri civili, come il controllo delle finanze urbane, dei pesi e delle misure, dell'annona e la piena giurisdizione civile e penale sul clero. Agli inizi del VII secolo, la metropolia ravennate si estese alle diocesi di Cesena, Forlimpopoli e Sarsina, fino a quel momento suffraganee di Roma[4].

Nelle chiese di Ravenna cominciò a diffondersi il rito bizantino. Monaci provenienti dall'Oriente fondarono monasteri, soprattutto di regola basiliana. La cattedrale mantenne la dedicazione alla Hagìa Anástasis, come a Gerusalemme[5]. La tradizione bizantina permeò molti aspetti della vita religiosa in tutta la Romagna con la diffusione di culti d'importazione. Tra essi, quello della Candelora (Candlora in romagnolo) e della Madonna della Cintura. Anche molti dei santi più popolari in Romagna sono originari dell'Oriente: Stefano protomartire, Giacomo, Sant'Andrea, Martino[6], Giorgio, Barbara, Ippolito[7], Agata, Lucia, Biagio, Sebastiano, Apollonia e Dorotea[8]. San Martino di Tours incontrò una grandissima devozione tanto che, dopo la fine della dominazione degli Ostrogoti, i mosaici ariani della cappella palatina del palazzo di Teoderico furono rimossi e sostituiti dalla processione dei santi martiri aperta proprio da San Martino (seguito, tra gli altri, da Stefano, Sebastiano e Ippolito)[9].

Aumentò anche il peso economico e finanziario: la Chiesa ravennate possedeva terre ed edifici in tutte le diocesi della provincia ecclesiastica e massae e fondi nella Pentapoli, in Umbria, in Istria e perfino in Sicilia; raggiungeva un'estensione complessiva di poco inferire al Patrimonio di San Pietro[10]. Nel 666 l'imperatore bizantino Costante II concesse alla Chiesa di Ravenna l'autocefalia[11]. L'arcivescovo Mauro (642-671) ottenne il pallio imperiale nonché l'autonoma consacrazione da parte dei vescovi suffraganei. I privilegi concessi da Costante II furono motivo di grande prestigio per l'arcivescovo Mauro e rappresentarono un momento significativo per la storia della città, tanto da essere festeggiati con grandi celebrazioni. Papa Vitaliano e l'arcivescovo ravennate arrivarono a scambiarsi reciproco anatema e si verificò pertanto un vero e proprio scisma (671)[12]. Successivamente Mauro, appoggiato da Costante II, aderì all'eresia monotelita. Il suo successore Reparato (671-677) non si recò all'Urbe per la consacrazione. L'autocefalia fu revocata nel 680-682 dall'imperatore Costantino IV, che trovò motivi di riavvicinamento con la Chiesa di Roma: sentì un debito di riconoscenza verso papa Dono che lo aveva aiutato a riconquistare il legittimo trono. Costantino IV rinunciò ad imporre il monotelismo. Nonostante ciò, Ravenna e Costantinopoli continuarono ad avere stretti rapporti e ad influenzarsi reciprocamente. Ravenna cercò anche di esercitare pressioni sulla sede imperiale. All'inizio dell'VIII secolo l'arcivescovo Felice (709-725) fu coinvolto in una congiura contro Giustiniano II che, tornato sul trono, lo fece accecare e deportare nel Ponto.

Alto Medioevo[modifica | modifica wikitesto]

Nel 751 l'Esarcato bizantino si sfaldò per effetto della conquista longobarda. All'indomani del tracollo di Bisanzio nel centro-nord, l'obiettivo sia della Chiesa di Roma che di Ravenna fu quello di assicurarsi una signoria territoriale abbastanza vasta da non essere risucchiata dall'espansionismo longobardo né, in seguito, da quello franco[13]. Gli arcivescovi di Ravenna cercarono di creare un loro dominio temporale analogo a quello dei papi[14]. La base per l’esercizio di poteri temporali fu comunque rappresentata, sia per la sede ravennate come per il papato, dal suo patrimonio fondiario, che si estendeva in Romagna, nel Ferrarese, in Istria, Veneto, Marche, Umbria, Calabria e Sicilia[13].

Nel 752 sedeva sulla cattedra di Roma Stefano II (752-757), mentre su quella di Ravenna vi era Sergio (744-769). Quando Sergio capì che il pontefice intendeva impossessarsi dei territori dell'ex Esarcato con l'aiuto dei Franchi, l'arcivescovo cercò di costituirsi legittimo erede dell'istituzione bizantina. Per questo nel 755 Sergio, d'intesa con il re longobardo Astolfo, non si presentò all'incontro con il pontefice per discutere dell'amministrazione dell'ex territorio esarcale, che Astolfo si era impegnato a restituire (Prima pace di Pavia, giugno 755). Il re longobardo, anzi, consegnò le città occupate a Sergio e questi ne prese possesso in funzione di esarca (ut exarchus). Fu necessario l'intervento diretto di Pipino il Breve (756) perché venissero restituite «a San Pietro apostolo» le città dell'Esarcato, tra cui Ravenna, e della Pentapoli (Seconda pace di Pavia, giugno 756). L'arcivescovo Sergio venne chiamato a Roma, dove un sinodo riunito per giudicarlo lo condannò a una pena detentiva. Durante la sua prigionia la città di Ravenna fu amministrata da funzionari papali.[15]
Il pontefice non riuscì a rientrare in possesso di tutte le città dell'Esarcato e della Pentapoli. Il suo successore papa Paolo I ritenne che Sergio gli sarebbe stato utile nella trattativa coi longobardi. L'arcivescovo ravennate venne quindi liberato ed inviato a Ravenna per conferire con re Desiderio. Paolo I ottenne da Sergio l'assicurazione che egli non avrebbe chiesto aiuto a Costantinopoli; in cambio, concesse alla sede di Sant'Apollinare una vasta signoria ecclesiastica sul territorio ravennate.[15]

Negli anni seguenti i rapporti tra il pontefice e la sede ravennate tornarono tesi. Nel 774 re Carlo Magno, trionfatore sui Longobardi, si recò a Roma per la Pasqua. Nella sua prima visita nell'Urbe rinnovò la promissio di restituzione dei territori dell'ex esarcato alla Sede apostolica. L'arcivescovo Leone, che si considerava il successore dell'esarca bizantino, non si volle sottomettere al pontefice né riconobbe i diritti della Santa Sede sulla vicina Pentapoli (774-775). Secondo gli arcivescovi ravennati l'effettiva sovranità sull'ex esarcato apparteneva esclusivamente al re dei Franchi. Da parte sua, Carlo Magno non mostrò mai l'intenzione di attuare integralmente la Promissio Romana[13]. Per tutto l'VIII secolo e fino alla metà del successivo, gli arcivescovi cercarono appoggio presso i re di Francia.

L'arcivescovo Leone I (770-777) sostituì gli amministratori apostolici delle città di Imola, Faenza, Forlì, Forlimpopoli, Cesena, Bobbio (fu il nome che assunse Sarsina in epoca medievale o, meglio, la Contea a cui apparteneva, Contea di Bobbio), Comacchio, Ferrara e Bologna con uomini di sua fiducia. Nel 775 ottenne un incontro con Carlo Magno, davanti al quale sostenne la legittimità delle sue pretese su tali città[16]. Leone dispose di firmare i suoi documenti con la formula «arcivescovo e primate della Santa Chiesa cattolica ravennate ed esarca d'Italia». A conferma dell'importanza istituzionale della sede arcivescovile, nell'807 l'armistizio tra i Franchi di Pipino re d’Italia (ca. 773-810), e i Bizantini fu stipulato a Ravenna. Nel testamento di Carlo Magno, riportato da Eginardo nella Vita Karoli (814), Ravenna figura come seconda sede metropolitica dell'impero carolingio, dopo Roma.

Dal 789 al 810 fu arcivescovo Valerio. Venne ricordato ed apprezzato per la grande energia spesa nell’evangelizzazione delle aree paludose della vasta diocesi e per le ingenti risorse destinate alla costruzione di nuovi edifici religiosi per assicurare la cura delle anime. Sempre nel campo della difesa della fede, stanziò importanti risorse per combattere l’eresia ariana, molto diffusa soprattutto negli ambienti di cultura longobarda[17]. Anche il successore Martino (810-818) ebbe stretti rapporti con la corte imperiale. Giorgio (837-846) si schierò, nella lotta di successione a Ludovico il Pio, con Lotario. Quando Gregorio IV mandò in Francia una missione pacificatrice, egli volle parteciparvi, nonostante il parere sfavorevole del papa. Nella lista dei ventidue vescovi italiani che nell'844 parteciparono in San Pietro a Roma all'incontro tra Sergio II e l'imperatore, Giorgio fu registrato al primo posto[18]. Nell'819 il pontefice Pasquale I confermò all'arcivescovo Petronace (ca. 819-837) tutti i precedenti privilegi dei pontefici e degli imperatori alla Chiesa ravennate. Vennero sanciti anche una serie di diritti dell'arcidiocesi in materia di giustizia civile ed ecclesiastica.

L'arcivescovo Giovanni VII (850-878) inasprì la politica autocefala e giunse al punto di vessare le diocesi suffraganee ad ovest di Bologna (Modena, Reggio, Parma e Piacenza), imponendo loro pesanti tributi e vietando loro di comunicare direttamente con la Chiesa di Roma. La disputa fu chiusa da papa Niccolò I (858-867), che convocò a Roma l'arcivescovo e, visto il suo rifiuto, si recò a Ravenna dove constatò la generale avversione del clero e del popolo per Giovanni, che dovette comparire nell'861 davanti a un sinodo che condannò il suo operato. Questo episodio però non mutò l'atteggiamento degli arcivescovi della sede ravennate, che anzi proseguirono la politica di affermazione delle proprie prerogative, rispetto alle prerogative dei papi, operando scelte autonome in fatto di alleanze con i detentori del potere temporale. Nell'877 si aprì una crisi tra l'arcivescovo di Milano e il papa. La questione fu risolta con un compromesso. Nel gennaio 880 le parti s'incontrarono per discutere come suddividere le rispettive prerogative. L'incontro si tenne a Ravenna. Anno 878: la cattedra di Ravenna è tra le principali sedi vescovili del regno d'Italia, insieme al patriarca di Aquileia, l’arcivescovo di Milano e il vescovo di Pavia[19].

Nel corso del IX-X secolo la città di Ravenna fu considerata la «capitale morale» dell'impero carolingio[20]. Nell'892, infatti, Lamberto II di Spoleto volle essere incoronato sacro romano imperatore a Ravenna: papa Formoso dovette recarsi nella città bizantina. Nel 910 l'arcivescovo Giovanni da Tossignano venne eletto papa con il nome di Giovanni X. Alcuni documenti redatti sotto Giovanni VIII e Giovanni IX (898-914) sottolineano l'esclusività della giustizia civile dei vescovi ravennati e contengono il divieto di appello all'autorità superiore. Negli anni tra il 960 e il 980 la Chiesa di Ravenna redasse un regesto dei beni patrimoniali affidati in livello e in enfiteusi. Si tratta del Breviarum Ecclesiae Ravennatis, oggi conosciuto come «Codice Bavaro» (perché conservato nella Biblioteca di Stato di Monaco di Baviera)[20].

Abbazia Ordine monastico o Congregazione Fondazione Cessazione
San Vitale Benedettini Età bizantina 1798
Santa Maria in Porto Portuensi[21] Alto Medioevo 1798
San Giovanni Benedettini[22] Alto Medioevo 1798
Classe Camaldolesi Età bizantina 1798

Basso Medioevo[modifica | modifica wikitesto]

Il 25 dicembre 983 l'erede al trono di Germania, Ottone III, ancora infante, fu consacrato ad Aquisgrana dall'arcivescovo ravennate, a conferma del legame speciale che univa la sede di Ravenna alla dinastia degli Ottoni.
I titoli giuridici degli arcivescovi di Ravenna ebbero origine alla fine del X secolo, regnanti l'imperatore Ottone III e il cugino papa Gregorio V e furono confermati dai papi e dagli imperatori successivi. Nel 997 venne nominato a Ravenna il primo vescovo straniero, il francese Gerberto di Aurillac, già precettore di Ottone III ed abate del monastero di Bobbio. Il papa conferì al presule la giurisdizione civile sulla città e sul portum Volanae usque ad locum qui dicitur Cervia, ovvero tutta la fascia litoranea dalla foce del Po di Primaro fino a Cervia, comprendente le contee (comitatus) di Ferrara, Comacchio, Cervia, Decimano e Trasversara[23].
Nel 999 Gerberto ricevette anche le contee di Forlì, Forlimpopoli, Cesena, Sarsina e Montefeltro, così il dominio temporale dell'arcivescovo di Ravenna venne a comprendere tutto il territorio a mari usque ad Alpes, a fluvio Rheno usque ad Foliam (dal mare alle alture, dal fiume Reno al fiume Foglia), escludendo solo l'enclave di Bertinoro, all'epoca indipendente. Nello stesso anno Ottone III, in base al Privilegium imperiale, lo scelse come nuovo papa. Egli lasciò quindi Ravenna e salì al soglio pontificio con il nome di Silvestro II. A Ravenna si insediò Leone (aprile 999), al quale il sovrano confermò la giurisdizione sulle sedi episcopali suffraganee e sulle contee già possedute.

All'inizio dell'XI secolo l'arcivescovo Arnoldo (sassone) ottenne il potere temporale su Ravenna, Cervia, Faenza e Imola. La rivalità tra sede ravennate e apostolica si riaccese durante la lotta per le investiture: l'arcivescovo Enrico sostenne l'antipapa Onorio II (1061-1072) che si oppose a papa Gregorio VII riportandone però la scomunica. L'imperatore del Sacro Romano Impero nel 1080 contrappose al papa Gregorio VII l'arcivescovo di Ravenna Guiberto, che divenne antipapa con il nome di Clemente III (1080-1100). Ravenna faceva parte di un preciso disegno dell'imperatore, essendo un cardine della dominazione germanica dell'Italia settentrionale.[24]

Il 22 ottobre 1106 papa Pasquale II, presiedendo un concilio a Guastalla, tolse a Ravenna la giurisdizione ecclesiastica su tutte le diocesi emiliane: Bologna, Modena, Reggio, Parma e Piacenza. La pressione della Santa Sede ebbe effetto: appena dieci anni dopo l'arcivescovo Gualtiero ristabilì l'obbedienza romana a Ravenna e papa Gelasio II restituì le cinque diocesi alla sede metropolitana ravennate (7 agosto 1118)[25]. Gualtiero fu l'ultimo arcivescovo di Ravenna a firmare i documenti ufficiali con l'espressione "servo dei Servi di Dio, per grazia di Dio arcivescovo della ravennate Chiesa". Infine, nel 1157 gli arcivescovi di Ravenna cessarono di conferirsi il titolo di esarchi della città.

Nel XII secolo l'emergere delle istituzioni comunali causò nel Ravennate una forte spinta centrifuga, tanto è vero che entro il secolo successivo tutte le città romagnole si liberarono dalla sudditanza all'arcivescovo, costituendosi in liberi comuni[26]. L'area d'influenza della Chiesa ravennate venne a restringersi, verso l'entroterra, a un raggio di circa quindici chilometri, mentre solo in direzione del Po e lungo la fascia costiera si mantenne inalterata. Nel 1278, con il passaggio definitivo della Romagna sotto la sovranità pontificia, venne creata la Provincia Romandiolæ et Exarchatus Ravennæ. La capitale fu posta a Bologna, mentre Ravenna fu sede della seconda carica, quella di Presidente della Provincia. Il legato pontificio e il rettore assunsero le competenze e i diritti che fino ad allora erano stati esercitati dall'arcivescovo di Ravenna.

Età moderna[modifica | modifica wikitesto]

Benedetto Accolti nel XVI secolo fu l'ultimo arcivescovo ad avere rapporti tormentati con i papi, tanto che papa Clemente VII lo fece imprigionare per la sua amministrazione della Marca d'Ancona. Il cardinale Giulio della Rovere, istituì nel 1568 il seminario arcivescovile. Intanto il declino dell'arcidiocesi di Ravenna fu accelerato dall'elevazione della sede di Bologna, fino ad allora suffraganea di Ravenna, al rango di arcidiocesi metropolitana (dicembre 1582). Una serie di diocesi suffraganee di Ravenna passarono sotto la giurisdizione della sede felsinea: Cervia, Imola, Modena, Reggio, Parma e Piacenza[27]. Nel 1604 Clemente VIII restituì Cervia ed Imola a Ravenna[28].

Nel 1744 venne demolita l'antichissima cattedrale dedicata alla Aghia Anastasis per la costruzione della nuova cattedrale, che fu consacrata dall'arcivescovo Ferdinando Romualdo Guiccioli il 13 aprile 1749. Nel 1779 l'arcivescovo Cantoni trasferì il seminario in un nuovo edificio.

Nel 1860 al cardinale Enrico Orfei fu impedito per sette anni di prendere possesso della sua sede dalle autorità civili del nascente Regno d'Italia.[29]

Sede di Cervia[modifica | modifica wikitesto]

La diocesi di Cervia fu eretta all'inizio del VI secolo o forse negli ultimi anni del secolo precedente. Il primo vescovo storicamente documentato è Geronzio: secondo la tradizione avrebbe subito il martirio di ritorno dal sinodo romano del 501.

In origine la diocesi dipendeva dal patriarcato di Roma e solo nel 948 divenne suffraganea dell'arcidiocesi ravennate, a cui Cervia rimase sempre sottomessa, ad eccezione degli anni 1582-1604, periodo in cui la diocesi divenne suffraganea di Bologna.

Il Palazzo del Vescovo a Massa Fiscaglia.

Sono pochi i vescovi di Cervia che nel primo millennio cristiano hanno lasciato tracce nella storia; solo a partire da Leone (fine X secolo) la cronotassi diviene più regolare e continua. Proprio con Leone, che al sinodo provinciale del 997 si firma come episcopus ficoclensis, quae nunc Cervia vocatur, compare per la prima volta il cambio del nome della città, da Ficocle, come finora s'era chiamata, a Cervia. Nella seconda metà del XII secolo la superficie della diocesi aumentò in virtù dell'annessione dell'ambito pievano di Massa Fiscaglia, comunità situata 80 km a nord di Cervia, al confine tra i territori di Adria, Comacchio e Ravenna[30].

Nel 1244 papa Innocenzo IV, con la bolla In apostolicae sedis specula[31], confermò alla sede di Cervia, elencandoli uno per uno, i possedimenti di tutte le pievi e le chiese di sua pertinenza. Per la malasanità del luogo, spesso il vescovo risiedette a Massa Fiscaglia, dove v'era un palazzo vescovile e dove furono celebrati diversi sinodi diocesani fra il 1573 e il 1670.

Il seminario diocesano venne istituito dal vescovo Ignazio Giovanni Cadolini nel 1828.

L'unione tra Ravenna e Cervia[modifica | modifica wikitesto]

Il 7 gennaio 1909 Pasquale Morganti, arcivescovo di Ravenna, fu nominato anche vescovo di Cervia; in questo modo le due sedi furono unite in persona episcopi.

Il 22 febbraio 1947, in forza del decreto Quum Sanctissimus della Congregazione Concistoriale, fu stabilita l'unione aeque principaliter.

Infine, il 30 settembre 1986, in forza del decreto Instantibus votis della Congregazione per i Vescovi, fu stabilita la plena unione delle due diocesi e la nuova circoscrizione ecclesiastica ha assunto il nome attuale.

Il 27 ottobre 2014 la Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti ha concesso ai sacerdoti che vivono nell'arcidiocesi di celebrare fino a quattro messe la domenica e nelle feste di precetto.[32]

Cronotassi dei vescovi[modifica | modifica wikitesto]

Si omettono i periodi di sede vacante non superiori ai 2 anni o non storicamente accertati.

Sede di Ravenna[modifica | modifica wikitesto]

La cronotassi dei vescovi di Ravenna è incerta per i primi secoli; la tradizione vuole che si apra con sant'Apollinare, evangelizzatore e patrono dell'Emilia-Romagna; egli fu martirizzato a Classe nel III secolo. Classe fu sede della diocesi ravennate fino a tutto il IV secolo. All'inizio del V secolo fu trasferita a Ravenna. La prima testimonianza di una serie episcopale ravennate è molto antica e risale al IX secolo, attribuita allo storico Agnello[33]; questa serie è chiamata dagli studiosi Codex pontificalis ecclesiae ravennatis oppure Liber pontificalis ecclesiae ravennatis.

Sede di Cervia[modifica | modifica wikitesto]

Sede di Ravenna e Cervia[modifica | modifica wikitesto]

Sede di Ravenna-Cervia[modifica | modifica wikitesto]

Statistiche[modifica | modifica wikitesto]

L'arcidiocesi nel 2020 su una popolazione di 219.100 persone contava 198.120 battezzati, corrispondenti al 90,4% del totale.

anno popolazione presbiteri diaconi religiosi parrocchie
battezzati totale % numero secolari regolari battezzati per presbitero uomini donne
1950 172.500 173.639 99,3 153 129 24 1.127 24 320 74
1969 ? 200.000 ? 171 132 39 ? 49 503 77
1980 215.900 227.000 95,1 162 114 48 1.332 51 450 88
1990 207.000 210.000 98,6 137 105 32 1.510 4 40 334 86
1999 203.000 210.300 96,5 129 95 34 1.573 5 43 256 89
2000 208.270 215.570 96,6 123 97 26 1.693 5 35 237 89
2001 208.270 211.587 98,4 115 87 28 1.811 5 32 230 89
2002 211.000 211.380 99,8 130 102 28 1.623 5 32 230 89
2003 211.000 230.320 91,6 125 96 29 1.688 3 34 210 89
2004 211.000 230.320 91,6 119 90 29 1.773 4 34 235 89
2010 200.000 223.121 89,6 121 91 30 1.652 6 35 164 89
2014 210.500 229.403 91,8 115 86 29 1.830 8 33 143 90
2017 211.500 234.500 90,2 97 74 23 2.180 10 26 114 89
2020 198.120 219.100 90,4 85 64 21 2.330 13 23 119 89

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Augusto Simonini, Autocefalia ed esarcato in Italia, Ravenna, Longo, 1969, p. 55.
  2. ^ Primo Uccellini, Dizionario storico di Ravenna e di altri luoghi di Romagna, Forni, 1855, p. 486.
  3. ^ Judith Herrin, Ravenna. Capitale dell'impero, crogiolo d'Europa, Milano, Rizzoli, 2022, p. 254.
  4. ^ Augusto Simonini, op.cit., p. 59.
  5. ^ Augusto Simonini, op.cit., pp. 52-53.
  6. ^ San Martino di Tours era nato in Pannonia, regione dell'Impero romano d'Oriente.
  7. ^ Da cui deriva il toponimo San Potito, una frazione di Lugo.
  8. ^ Norino Cani, Santi, guerrieri e contadini, Cesena, Il Ponte Vecchio, 2017, p. 109.
  9. ^ G. Penco, Storia della Chiesa in Italia, p. 140.
  10. ^ Augusto Simonini, op.cit., pp. 60-61.
  11. ^ Il diploma di autocefalia (1º marzo 666) sottraeva a Roma la potestà di nominare l'arcivescovo e delegava questo potere ai vescovi suffraganei dell'arcidiocesi. È conservato in copia alla Biblioteca Estense di Modena. L'originale è andato perduto; la copia risale al 1340 circa.
  12. ^ Judith Herrin, Ravenna. Capitale dell'impero, crogiolo d'Europa, Rizzoli, Milano 2022, pp. 307-8.
  13. ^ a b c Salvatore Cosentino, Potere e autorità nell'Esarcato in età post-bizantina, in L'Héritage byzantin en Italie (VIIIe -XIIe siècle), II, Les cadres juridiques et sociaux et les institutions publiques, 2012
  14. ^ Le donazioni e la formazione del Patrimonium Petri, in Enciclopedia costantiniana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2013.
  15. ^ a b Antonio Carile, Materiali di storia bizantina, Bologna, Lo Scarabeo, 1994.
  16. ^ a b Leone, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  17. ^ 29 gennaio: San Valerio, vescovo impegnato nello sviluppo di Ravenna, su ilvaloreitaliano.it. URL consultato il 27 giugno 2020.
  18. ^ a b Giorgio, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  19. ^ Ansperto e il papato: una relazione difficile, su halshs.archives-ouvertes.fr. URL consultato il 27 giugno 2020.
  20. ^ a b AA. VV., Storia di Ravenna, vol. II2 «Dall'Età bizantina all'Età ottoniana», Marsilio Editori, p. 358.
  21. ^ Nel 1420 furono uniti alla congregazione di Santa Maria di Frigionaia, divenuta poi lateranense.
  22. ^ A metà del XV secolo passò ai lateranensi.
  23. ^ Le donazioni sarebbero diventate esecutive solo dopo la morte dell'imperatrice Adelaide (vedova di Ottone I).
  24. ^ Andrea Ferri, Imola nella storia. Note di vita cittadina, Imola, Edizioni Il Nuovo Diario Messaggero, 1991, p. 47.
  25. ^ Enrico, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  26. ^ C. Giovannini-G. Ricci, Ravenna, Bari, 1985.
  27. ^ Alessandro Luparini, "Il Cinquecento" in Storia di Ravenna, Cesena, Il Ponte Vecchio, 2016, p. 252.
  28. ^ Alessandro Luparini, op. cit., p. 261.
  29. ^ Orfei, Enrico, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  30. ^ Alberto Andreoli, I confini delle diocesi di "Ravennatensia". Tra storia e geografia, 2016
  31. ^ Testo della bolla in Cappelletti, op. cit., pp. 562-564.
  32. ^ Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, decreto 27 ottobre 2014, Prot. 560/14, vedi Notitiae, 2015, nn. 581-586, p. 47
  33. ^ Biografia sull'enciclopedia Treccani online.
  34. ^ Giovanni, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  35. ^ Mariniano, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  36. ^ Vedi Giovanni (praefectus urbi Romae).
  37. ^ Mauro, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  38. ^ Nel 666 ottiene dall'imperatore Costante II il decreto di autocefalia e diviene il primo Patriarca di Ravenna
  39. ^ Secondo Patriarca di Ravenna
  40. ^ Terzo e ultimo patriarca di Ravenna, poiché nel 680 rinuncia al titolo in favore di Papa Agatone
  41. ^ Damiano, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  42. ^ Giovanni, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  43. ^ Fu insediato da Mauricius, dux di Rimini, città rimasta fedele all'imperatore di Costantinopoli. Il magister militum impose sulla cattedra episcopale lo scriniarius Michaelius, sebbene questi fosse un laico. In A. Carile (a cura di), Storia di Ravenna, II, Dall’età bizantina all'età ottoniana. Ecclesiologia, cultura e arte, Venezia, 1992.
  44. ^ Martino, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  45. ^ Termina qui il catalogo episcopale compilato da Agnello.
  46. ^ Giovanni, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  47. ^ Federico, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  48. ^ Sostenuto dall'episcopato romagnolo ed emiliano, ma inviso all'imperatore, è considerato in molte cronotassi un vescovo intruso.
  49. ^ Arnoldo, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  50. ^ Della stirpe dei Liudolfingi
  51. ^ Gebeardo, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  52. ^ Enrico, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  53. ^ Gualtiero, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  54. ^ Guido di Biandrate, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  55. ^ Della stirpe dei conti di Biandrate
  56. ^ Gerardo, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  57. ^ Alberto di Oseletto Uccelletti, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  58. ^ Nel 1240 si oppose all’assedio di Ravenna da parte dell’imperatore Federico II. Fu punito con l’esilio, che scontò fino alla morte nel Regno di Sicilia. Vedi Ravenna, in Enciclopedia fridericiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2005.
  59. ^ Bonifacio Fieschi, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  60. ^ Eletto dal clero a succedere a Rinaldo da Concorezzo, fu ucciso prima di ricevere la conferma pontificia. Cfr. Cappelletti, op.cit, p. 140. Eubel non ne parla nella sua Hierarchia catholica.
  61. ^ Tommaso Perondoli, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  62. ^ Alessandro Luparini, "Il Cinquecento", in Storia di Ravenna, Cesena, Il Ponte Vecchio, 2016, p. 248.
  63. ^ Pompeo Litta, Famiglie celebri italiane. Alidosio d'Imola, Milano, 1834.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Per la sede di Ravenna[modifica | modifica wikitesto]

Per la sede di Cervia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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