13/04/2021 di Redazione

Condanna all’uso di linee cellulari provenienti da feti abortiti per i vaccini e impegno a promuovere il cambiamento

Tutti i vaccini contro il Covid-19 attualmente in distribuzione nell’Unione Europea sono sviluppati, prodotti e/o testati con linee cellulari che provengono da un bambino abortito (40 o 50 anni fa):

-       Pfizer: ha utilizzato nella fase di ricerca e di sviluppo del vaccino, nonché nella fase di test, la linea di cellule fetali HEK293, proveniente da una bambina sana abortita negli anni ‘70. (“HEK” sta per “Human embryonic kidney”; la cifra “293” indica che era l’esperimento n. 293 del Dott. Frank Graham, nel laboratorio olandese di Alex van der Eb).

-       Astrazeneca: ha utilizzato la linea HEK293 nella fase di ricerca e sviluppo. Inoltre, la utilizza - in modo continuativo - nella fase di produzione del vaccino.

-       Moderna: ha utilizzato, nella fase di ricerca e di sviluppo del vaccino, la linea di cellule fetali HEK293.

-       Johnson & Johnson: ha utilizzato, nella fase di ricerca e sviluppo, e utilizza - in modo continuativo - nella fase di produzione del vaccino, la linea di cellule fetali PER.C6, derivante da un bambino sano abortito a 18 settimane.

 

A prescindere dalla questione sulla liceità, in determinate circostanze, della somministrazione e dell’uso di vaccini (anche anti-Covid-19) collegati a “materiale biologico” derivante da feti abortiti, è necessario condannare fermamente un sistema che sfrutta linee cellulari provenienti da feti abortiti nella ricerca, produzione o sperimentazione e che rischia - almeno nel lungo periodo - di incentivare ulteriori aborti o il ricorso a nuove cellule di feti abortiti. Inoltre, è doveroso rinnovare l’impegno a sollecitare le case farmaceutiche e gli altri organismi sanitari a produrre e distribuire vaccini pienamente etici.

Nell’ambito della Chiesa cattolica, la Pontificia Academia Pro Vita (in una dichiarazione del 2005,) ha affermato quanto segue:

«[...] the use of vaccines whose production is connected with procured abortion constitutes at least a mediate remote passive material cooperation to the abortion, and an immediate passive material cooperation with regard to their marketing. Furthermore, on a cultural level, the use of such vaccines contributes in the creation of a generalized social consensus to the operation of the pharmaceutical industries which produce them in an immoral way.

Therefore, doctors and fathers of families have a duty to take recourse to alternative vaccines (if they exist), putting pressure on the political authorities and health systems so that other vaccines without moral problems become available.

They should take recourse, if necessary, to the use of conscientious objection with regard to the use of vaccines produced by means of cell lines of aborted human foetal origin. Equally, they should oppose by all means (in writing, through the various associations, mass media, etc.) the vaccines which do not yet have morally acceptable alternatives, creating pressure so that alternative vaccines are prepared, which are not connected with the abortion of a human foetus, and requesting rigorous legal control of the pharmaceutical industry producers.

In any case, there remains a moral duty to continue to fight and to employ every lawful means in order to make life difficult for the pharmaceutical industries which act unscrupulously and unethically. [...]

To summarize, it must be confirmed that:

[...]

- the lawfulness of the use of these vaccines [vaccines without an alternative which have moral problems] should not be misinterpreted as a declaration of the lawfulness of their production, marketing and use, but is to be understood as being a passive material cooperation and, in its mildest and remotest sense, also active, morally justified as an extrema ratio [...]

- such cooperation occurs in a context of moral coercion of the conscience of parents, who are forced to choose to act against their conscience or otherwise, to put the health of their children and of the population as a whole at risk. This is an unjust alternative choice, which must be eliminated as soon as possible

La Congregazione per la Dottrina della Fede (Istruzione Dignitas Personae su alcune questioni di bioetica, approvata dal Sommo Pontefice Benedetto XVI il 20 giugno 2008) ha affermato quanto segue a proposito «dell’uso di “materiale biologico” umano di origine illecita»:

«n. 34. Per la ricerca scientifica e per la produzione di vaccini o di altri prodotti talora vengono utilizzate linee cellulari che sono il risultato di un intervento illecito contro la vita o l’integrità fisica dell’essere umano. [...] L’uso degli embrioni o dei feti umani come oggetto di sperimentazione costituisce un delitto nei riguardi della loro dignità di esseri umani, che hanno diritto al medesimo rispetto dovuto al bambino già nato e ad ogni persona. Queste forme di sperimentazione costituiscono sempre un disordine morale grave.

«n. 35. Una fattispecie diversa viene a configurarsi quando i ricercatori impiegano “materiale biologico” di origine illecita che è stato prodotto fuori dal loro centro di ricerca o che si trova in commercio. L’Istruzione Donum vitae ha formulato il principio generale che in questi casi deve essere osservato: “I cadaveri di embrioni o feti umani, volontariamente abortiti o non, devono essere rispettati come le spoglie degli altri esseri umani. In particolare non possono essere oggetto di mutilazioni o autopsie se la loro morte non è stata accertata e senza il consenso dei genitori o della madre. Inoltre va sempre fatta salva l’esigenza morale che non vi sia stata complicità alcuna con l’aborto volontario e che sia evitato il pericolo di scandalo”.

A tale proposito è insufficiente il criterio dell’indipendenza formulato da alcuni comitati etici, vale a dire, affermare che sarebbe eticamente lecito l’utilizzo di “materiale biologico” di illecita provenienza, sempre che esista una chiara separazione tra coloro che da una parte producono, congelano e fanno morire gli embrioni e dall’altra i ricercatori che sviluppano la sperimentazione scientifica. Il criterio di indipendenza non basta a evitare una contraddizione nell’atteggiamento di chi afferma di non approvare l’ingiustizia commessa da altri, ma nel contempo accetta per il proprio lavoro il “materiale biologico” che altri ottengono mediante tale ingiustizia. Quando l’illecito è avallato dalle leggi che regolano il sistema sanitario e scientifico, occorre prendere le distanze dagli aspetti iniqui di tale sistema, per non dare l’impressione di una certa tolleranza o accettazione tacita di azioni gravemente ingiuste. Ciò infatti contribuirebbe a aumentare l’indifferenza, se non il favore con cui queste azioni sono viste in alcuni ambienti medici e politici.

[...] Va pertanto precisato che il dovere di rifiutare quel “materiale biologico” – anche in assenza di una qualche connessione prossima dei ricercatori con le azioni dei tecnici della procreazione artificiale o con quella di quanti hanno procurato l’aborto, e in assenza di un previo accordo con i centri di procreazione artificiale – scaturisce dal dovere di separarsi, nell’esercizio della propria attività di ricerca, da un quadro legislativo gravemente ingiusto e di affermare con chiarezza il valore della vita umana. Perciò il sopra citato criterio di indipendenza è necessario, ma può essere eticamente insufficiente.

Naturalmente all’interno di questo quadro generale esistono responsabilità differenziate, e ragioni gravi potrebbero essere moralmente proporzionate per giustificare l’utilizzo del suddetto “materiale biologico”. Così, per esempio, il pericolo per la salute dei bambini può autorizzare i loro genitori a utilizzare un vaccino nella cui preparazione sono state utilizzate linee cellulari di origine illecita, fermo restando il dovere da parte di tutti di manifestare il proprio disaccordo al riguardo e di chiedere che i sistemi sanitari mettano a disposizione altri tipi di vaccini. [...]»

Nella recente “Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede sulla moralità dell’uso di alcuni vaccini anti-Covid-19, 21.12.2020” si afferma che:

“[...] l’uso lecito di tali vaccini non comporta e non deve comportare in alcun modo un'approvazione morale dell’utilizzo di linee cellulari procedenti da feti abortiti. Si chiede, quindi, sia alle aziende farmaceutiche che alle agenzie sanitarie governative, di produrre, approvare, distribuire e offrire vaccini eticamente accettabili che non creino problemi di coscienza, né a gli operatori sanitari, né ai vaccinandi stessi. [...]

Nello stesso tempo, appare evidente alla ragione pratica che la vaccinazione non è, di norma, un obbligo morale e che, perciò, deve essere volontaria. In ogni caso, dal punto di vista etico, la moralità della vaccinazione dipende non soltanto dal dovere di tutela della propria salute, ma anche da quello del perseguimento del bene comune. Bene che, in assenza di altri mezzi per arrestare o anche solo per prevenire l’epidemia, può raccomandare la vaccinazione, specialmente a tutela dei più deboli ed esposti. Coloro che, comunque, per motivi di coscienza, rifiutano i vaccini prodotti con linee cellulari procedenti da feti abortiti, devono adoperarsi per evitare, con altri mezzi profilattici e comportamenti idonei, di divenire veicoli di trasmissione dell’agente infettivo. [...]».

Le dichiarazioni della Congregazione per la Dottrina della Fede sulla liceità dell’uso/somministrazione di vaccini collegati all’aborto riguardano un comportamento possibile ai privati come extrema ratio, in gravi circostanze e in modo provvisorio. Tuttavia, la posizione pubblica dei cattolici - e di tutto coloro che considerano l’aborto un male intrinseco - dovrebbe essere di condanna contro l’uso di linee cellulari provenienti da bambini abortiti e comunque contro la sperimentazione implicante la distruzione di feti umani. È opportuno ricordare che tali sperimentazioni e pratiche biomediche sono realizzate in un contesto in cui: l’aborto è la prima causa di morte dell’essere umano; l’aborto viene erroneamente dichiarato (da Parlamenti, Corti e organismi internazionali) un “diritto umano” o parte dei “diritti sessuali e riproduttivi”; la personalità del nascituro viene ampiamente negata; il traffico di parti del corpo di bambini non nati ai fini della sperimentazione e della ricerca è - in certi ambiti - una triste realtà; le case farmaceutiche o i laboratori interessati non avrebbero verosimilmente alcuna remora a ricorrere a nuove linee cellulari o a organi di feti “freschi” se ve ne fosse il bisogno.

Per questi motivi:

-       Condanniamo fermamente la produzione e lo sfruttamento di linee cellulari provenienti da bambini abortiti, anche al fine della ricerca, sviluppo e produzione di vaccini. Peraltro, l’uso di queste linee cellulari nella ricerca, produzione o sperimentazione rischia - almeno nel lungo periodo - di incentivare ulteriori aborti o il ricorso a nuove cellule di feti abortiti, e costituisce uno scandalo in quanto tende a normalizzare l’idea che l’embrione umano sia un oggetto sacrificabile e disponibile.

-       È lamentabile che, per molti governi e organismi ufficiali, e persino per alcuni esponenti cattolici, la produzione e distribuzione di vaccini collegati (anche remotamente) con l’aborto non siano problematiche dal punto di vista morale, a prescindere dalla possibilità dell’uso degli stessi come extrema ratio in alcune circostanze.

-       È degna di rispetto e considerazione la ripugnanza spontanea provata da molti cittadini davanti all’idea di ricorrere a vaccini (o altri prodotti farmaceutici) collegati in qualche modo a cellule di bambini abortiti.

-       Difendiamo in linea di principio il diritto all’obiezione di coscienza contro vaccini (o altri prodotti) collegati a linee cellulari che provengono da bambini abortiti.

-       Chiediamo ai produttori di segnalare chiaramente l’uso di questo tipo di cellule, e al legislatore di obbligare i produttori e distributori a fornire informazioni pubblicamente accessibili in merito. Chiediamo al legislatore di incentivare l’uso di cellule di origine non problematica nelle pratiche biomediche e - in ultima analisi - di vietare l’uso e la sperimentazione su cellule provenienti da aborti procurati.

-       Sollecitiamo le case farmaceutiche e chi - in genere - si dedica alla sperimentazione e alla ricerca a trovare mezzi alternativi e a cessare lo sfruttamento di “materiale biologico” di origine illecita. Se tale sistema fosse destinato a persistere indisturbato - come sembra - i cittadini prolife potrebbero essere costretti a ricorrere a tutti i mezzi concretamente leciti finalizzati a mettere in crisi il sistema, inclusa un’obiezione di coscienza massiva e sistematica contro qualsiasi prodotto collegato a cellule provenienti da bambini abortiti.




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