lunedì 4 febbraio 2019

L'indemoniato e l'azione di satana su di lui. Come satana tenta di possedere un'anima e come la possiede Dio.




Passato all'altra riva del lago, Gesù approdò di fronte a Cafarnao nel paese dei Geraseni, e subito gli si fece incontro, dalle caverne sepolcrali dove abitava, un indemoniato. Era senz'abiti come si rileva dal contesto -, furioso, terribile e gridava con voce rauca e cavernosa che risuonava paurosamente tra i monti.
San Matteo (8,28) parla di due indemoniati; san Marco si sofferma su quello che era più furioso e che per primo si fece incontro a Gesù. Dovette essere un momento tragicamente terribile; quell'indemoniato, infatti, seguito dal compagno, aveva una voce unica con quella dell'altro disgraziato che gli correva dietro. Gridavano in due e sembrava un solo identico clamore, perché era satana che gridava. Forse anche per questo san Marco considerò come una sola cosa i due indemoniati; essi sparivano quasi nell'unica entità terribile che li possedeva e che era una legione di spiriti immondi.
Gridavano e correvano verso Gesù, con un atteggiamento di timore terribile che stupiva quanti li conoscevano, perché nessuno aveva mai potuto domarli, e avevano spezzato le stesse catene di ferro e i ceppi con i quali avevano tentato di avvincerli. Stavano sempre sui monti o in quelle caverne, gridavano e si laceravano le carni con le pietre, inebetiti e nello stesso tempo furiosissimi, dagli occhi smarriti e feroci nel medesimo tempo, ringhianti come belve. Essi, come se fossero stati un solo uomo, con gli stessi gesti e la stessa voce, duplice strumento dell'unica legione impura che li possedeva, si prostrarono, adorarono Gesù, lo dichiararono Figlio di Dio e lo scongiurarono per Dio di non tormentarli, obbligando li ad abbandonare quegli infelici.
Come poterono confessare Gesù Cristo Figlio di Dio e nello stesso tempo scongiurarlo per Dio di non tormentarli?
Come potevano appellarsi a Dio gli odiatori implacabili di Dio?
Satana avvertiva la potenza divina che lo scacciava, e non voleva lasciare la carne che si dilettava a tormentare; chiamava Gesù Figlio di Dio ma non ne era certo, e lo chiamava per carpirne la rivelazione; vedeva che Egli amava Dio immensamente e, nell'incertezza che fosse Egli stesso Dio, lo supplicava, per quell'amore, di non tormentarlo scacciandolo da quei corpi.
Quei poveri indemoniati che supplicavano di rimanere tali erano l'immagine viva degli impuri, i quali, pur essendo tormentati dalle loro vergognose passioni, desiderano non emendarsene, rifuggono dall'emendarsene e scendono anche, a volte, ad atti di superstizione per conservare i tristi legami che li attanagliano. L'impuro rifugge dalla conversione, anche quando sembra che la desideri davvero; dice di voler fuggire l'occasione e s'illude di farlo quando non l'ha vicina, ma se la trova non vuol resistere e si lascia trascinare dalla passione; i suoi sensi, ossessionati dall'erotismo, par che gridi no alla grazia che vuole pacificarli di non tormentarli, di lasciarli nel lezzo della loro degradazione. È una cosa penosissima!

Gesù Cristo domandò al demonio qual nome avesse ed egli rispose che si chiamava legione, perché erano in molti.
La legione romana era formata da cinque o seimila uomini; erano dunque numerosissimi gli spiriti maligni che ossessionavano quegli infelici, eppure ne possedevano i centri nervosi come se fossero stati uno solo. Essi supplicavano Gesù almeno a non scacciarli da quel paese, il che ci fa capire che avevano stabilito nei poveri indemoniati come il loro quartiere, dal quale partivano per nuocere a quegli abitanti, corrotti e pagani nei loro costumi. Gesù Cristo continuava a comandar loro di andar via, ed essi gli domandarono in grazia d'invadere la mandria dei porci che pascolavano quasi a picco sul lago, in numero di circa duemila. Il Redentore lo permise loro perché quella mandria era un'infrazione della legge mosaica, e subito quegli animali, presi da grande furia, come se un uragano li avesse agitati, si precipitarono nel mare e annegarono. I guardiani, terrorizzati, fuggirono in città e raccontarono quanto era accaduto, facendo concorrere una gran folla da Gesù. Quella gente avrebbe dovuto ringraziarlo di aver liberato il paese dal flagello di quegli indemoniati e invece lo pregò di allontanarsi da loro. Solo uno degli indemoniati che era stato liberato, forse a nome anche del compagno, gli domandò di seguirlo, ma Gesù non lo volle, ingiungendogli invece di andarsene a casa e far constatare ai parenti la grazia ricevuta. Egli, infatti, obbedi, e divenne propagatore delle meraviglie di Dio e del Redentore in tutta la Decapoli.
Quale differenza tra il soave possesso dell'anima nostra da par te del Signore e l'invasione del corpo da parte di satana! Lo spirito immondo non può penetrare direttamente nel santuario dell'anima, ma può renderla come prigioniera, possedendo il corpo.
Esso, come serpente velenoso, cerca d'incantare i sensi e soprattutto i centri nervosi, allontanando l'anima dalla preghiera e inducendola a indulgere alle soddisfazioni materiali. Attrae l'attenzione nelle bassezze umane con la curiosità, primo atto del dramma dell'impurità; attrae i sensi con l'immortificazione della gola, primo assalto per sottrarli alla padronanza dello spirito; induce nei centri nervosi lo sconvolgimento, soffiando sui moti dell'ira, e fa rifluire l'agitazione nelle miserie dell'organismo, eccitandovi l'erotismo prima e poi la brutale passione.
L'erotismo è come la falsa spiritualità della carne, perché si presenta come estetica e trae al diletto insaziato di una forma materiale che non attrae in quanto è bella, ma in quanto eccita le prime sensazioni del male.
Il demonio non si smaschera ancora completamente ma, come eccita la gola col profumo delle vivande, così eccita l'impurità con i tenui diletti dell'erotismo estetico. Non ha troppa fretta, tende a capovolgere quasi la creatura, la tenta, come nell'Eden, ad essere simile a Dio, ma in forma mostruosa; a conoscere se stessa nella degradazione dei sensi e ad amare se stessa nella loro idolatria. Insaziata, l'anima viene spinta dal demonio a conoscere le stesse miserie negli altri, ad espandersi verso creature sensuali, a desiderare di accrescere quasi l'oggetto delle sue passioni, a delirare nell'inappagata brama che produce.
L'impurità diventa allora ossessione, e satana domanda all'anima una piena dedizione a sé e al male, lusingandola di saziarla e, invece, tormentandola. La afferra sempre più; può giungere fino al punto di possederne completamente i centri nervosi e di servirsene come suo strumento per l'empia volontà che esso ha di nuocere alle creature di Dio e di screditare presso di esse il Creatore. L'ossessionato non perde la coscienza di se stesso, eccetto i casi di momentanea alienazione mentale; si sente come stretto da ceppi, è furioso, si odia, si tormenta, vorrebbe sottrarsi a quella terribile stretta che l'avvolge proprio come il serpente avvolge e stringe nelle sue spire un corpo.
È uno stato terribile di sofferenza che ci fa intendere quanto è insano per noi cedere a satana nelle tentazioni e lasciarci trascinare da lui.
Quello che fa nei sensi, satana lo fa anche nell'orgoglio, spingendo l'anima a compiacersi di se stessa e ad apprezzare sopra tutti il proprio pensiero e la propria volontà. Per l'ira la rende insofferente al giogo, per l'impurità la rende incapace di luce, per l'ambizione la rende irragionevole negli apprezzamenti e la spinge fino alle ultime conseguenze del male. Certi esseri diabolicamente orgogliosi e prepotenti sono posseduti dallo spirito immondo, benché esso cerchi di celarsi più che può per non farsi scacciare.
Quanto è diverso il possesso di Dio in un'anima, e quanto è soave la grazia che la conduce, la rafforza, la spinge fino alla Meta eterna! Dio illumina l'anima con una luce interiore che non abbaglia, ma la ridesta dal sonno quasi come la riposante luce del mattino. L'alletta con armonie quasi impercettibili di bene che le fanno sentire la felicità di amarlo, ed essa gode una pace che le dà il senso della libertà, e la fa respirare quasi a pieni polmoni, come sulle altezze profumate dei monti fecondi. Si sente forte e crede di essere già adulta nelle vie del Signore, mentre è il Signore che quasi la sostiene con le dande; si appoggia a Lui e si sente sicura dei suoi passi nell'esultanza interiore di una gioia che non ha l'eguale.
Il Signore, dopo aver sostenuto l'anima nell'infanzia di lei con le pure gioie del fervore sensibile, la mette alla prova, ma la sostiene senza farsi scorgere, come fa la mamma che lascia a se stesso il bimbo per i primi passi ma l'avvolge a distanza con le sue braccia per prenderlo se cade. Se Dio spinge l'anima soavemente con la grazia, quasi vento balsamico dei monti che facilita l'ascesa; se l'anima si arresta Egli non la fora, ma si mostra accorato, e la spinge col ricordo della Passione che soffrì per lei il suo Redentore. Una lacrima fatta stillare dal cuore a tale meditazione è capace di ammorbidire la durezza della volontà e di farla cedere all'invito dell'amore.
Ecco: Gesù le va dinanzi, caricato della croce, e sale lerta del Calvario; l'anima non può lasciarlo solo e lo segue. Cammina, ed Egli la ciba di sé col Cibo eucaristico, la conforta col suo esempio, la incoraggia con le sante ispirazioni e con le istruzioni della Chiesa, la trae alle altezze tra i suoni osannanti delle campane, le voci melodiose dell'organo, gli inni giubilanti delle anime; la trasforma in creatura nuova, la possiede nell'amore, la trae alla Vita eterna. Chi è posseduto dallo spirito immondo grida, si dispera, si agita, si fa male; chi è posseduto dal Signore sta in pace e gode un anticipo della felicità eterna. Non sarebbe somma stoltezza fuggire da Dio per una stupidissima e bassa passione e darsi in balìa di satana, nostro fierissimo nemico?
I cittadini di Gerasa, quando andarono da Gesù, videro colui che era stato vessato dal demonio seduto, vestito e sano di mente; dunque, prima era agitato, spogliato di tutto e frenetico. Chi sta con Dio è in pace, è rivestito di grazia e ragiona, mentre chi si lascia ingannare da satana perde ogni tranquillità, è spoglio dei beni spirituali e non ragiona, pur presumendo di essere l'unico che ragiona. Mandaci il tuo Santo Spirito, o Signore, riempici d'amore, possiedici tutti, e non permettere che satana penetri in noi e c'inganni, inducendoci nelle sue tentazioni.

Tratto da “ I quattro Vangeli “ - Commento al Vangelo di Marco – del sac.Dolindo Ruotolo






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