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TEOLOGIA

Sì, Maria è Corredentrice

In un'omelia-fotocopia di quella del 12 dicembre, papa Francesco ha negato che la Madonna sia Corredentrice. C'è come minimo un equivoco sul significato della parola, ma più in profondità si tratta di un minimalismo mariano che rinnega duemila anni di storia e anche i dati delle Scritture.

Editoriali 05_04_2020
Maria Corredentrice

La Madonna «non ha chiesto per lei di essere una quasi-redentrice o una corredentrice. No. Il Redentore è uno solo. Questo titolo non si raddoppia. Soltanto discepola e madre». E’ questa la parte conclusiva dell’omelia tenuta il 3 aprile nella cappella di Santa Marta da papa Francesco. Un’omelia tutta incentrata sul pensiero che alla Madonna non si addice altro appellativo se non quello di Madre e discepola, perché ella non ha voluto usurpare alcun titolo proprio del Figlio.

Ci risiamo. Sembra un’omelia fotocopia di quella del 12 dicembre scorso; anche in quell’occasione il minimalismo mariano di Francesco fece sussultare il popolo cattolico. Questa volta è persino peggio. Se non altro perché la negazione della verità della Corredenzione della Madonna avviene proprio nel giorno in cui la liturgia della Chiesa latina commemora i Sette dolori della Santissima Vergine.

Questi sette dolori, nell’omelia, vengono considerati come dolori “storici”, dolori di una qualsiasi madre che vive i dolori del figlio con coraggio e fortezza. Ma questo è solo un aspetto della verità; perché questa commemorazione nel cuore del tempo di Passione (ricordiamo che nel rito antico, dalla domenica antecedente le Palme, il tempo di Quaresima diventa tempo di Passione), proprio il venerdì che precede il Venerdì Santo sottolinea il posto particolare che la Madonna ha occupato nell’opera della Redenzione. Ella non è solamente la prima redenta, la discepola fedele fino alla fine, la Madre che piange sui dolori del Figlio. Di lei è scritto che “stabat iuxta crucem Iesu”, offriva il Figlio unigenito, e se stessa insieme con Lui, come un nuovo Abramo che immola il vero Isacco ed offre la sua obbedienza ed il suo dolore a Dio.

«Come il mondo tutto è debitore di nostro Signore Dio, così lo è della Vergine per la sua Compassione», scriveva sant’Alberto Magno (Questio Super Missus, 150). Le siamo debitrici, perché Ella ha operato, unitamente a Cristo e subordinatamente a Lui, la nostra redenzione. I Padri non hanno mai considerato questo fatto come fosse un’usurpazione del titolo di Redentore a Cristo, ma piuttosto come qualcosa di “necessario” per restaurare il piano salvifico, sconvolto dal peccato dei Progenitori.

Il parallelo Cristo-nuovo Adamo e Maria nuova-Eva, compreso in tutta la sua profondità, è quanto di più ricorrente nel pensiero dei Padri; ed è principalmente su questo fondamento che il titolo di Corredentrice corrisponde a quanto la Madonna effettivamente è. E sarebbe il caso di capirlo quanto prima, perché il mondo non avrà pace fino a quando non si riconoscerà questa grande verità. Cristo non ha voluto redimerci senza Maria ed oggi non vuole salvarci senza di Lei. 

E’ tempo di gettarsi alle spalle questo minimalismo mariano, il quale, nascondendosi dietro la volontà di onorare Cristo, finisce per fare esattamente il contrario, mancando di comprendere in pienezza quelle grandi cose fatte dall’Onnipotente (cf. Lc. 1, 49). Che Maria Santissima abbia proclamato a gran voce – e la Chiesa con Lei – che «d’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata» (Lc. 1, 48), non è segno di vanità o di presunzione, ma di verità, quella verità che glorifica Dio. Lei, proprio Lei che è l’umiltà creata, sotto la spinta dello Spirito Santo, suo Sposo, glorifica Dio manifestando le grandi cose fatte in Lei.

E’ dunque il Vangelo a spalancare la porta di quanto la Chiesa ha fatto per due millenni, scrutando le profondità di questa meraviglia di Dio. Solo noi siamo così stolti da non capirlo? Le litanie, le feste liturgiche, gli scritti dei Dottori e dei Santi, le encicliche dei Papi e i loro discorsi stanno lì a testimoniare che Dio ha voluto creare sua Madre così: come Regina, Avvocata, Immacolata, Vergine, Corredentrice, Mediatrice, etc.

Questo pestifero minimalismo mariano fa il paio con un minimalismo nell’approccio delle Scritture. Se esse sono parola di Dio – e lo sono – come possiamo pensare che ciascuna di quelle parole conosca soltanto un senso immediato? Come possiamo ritenere che il titolo di “Madre”, significhi solo una maternità fisica? O che il titolo di “Donna” indichi solo una connotazione sessuale? O ancora che i dolori della Madonna indichino solo dei fatti storici? «La mano del Signore si è forse accorciata?» (Nm. 11, 23). No, è la nostra intelligenza teologica che si è tragicamente ristretta, perché abbiamo infeudato la fede ad una ragione di volta in volta storicistica, razionalistica, scientistica, etc.. Basti vedere con quanta disinvoltura abbiamo immolato le Messe ed i sacramenti allo Stato terapeutico.

«Maria, pur concepita e nata senza macchia di peccato, ha partecipato in maniera mirabile alle sofferenze del suo divin Figlio, per essere Corredentrice dell’umanità» (Giovanni Paolo II, 8 settembre 1982). Non serve a nulla compiangere la Madonna per i dolori della sua vita terrena, se non riconosciamo che quei dolori sono le doglie da Lei patite per partorire l’umanità alla vita di grazia. E comprendere così che al dolore di Cristo e di Maria, possiamo unire anche il nostro, sebbene con un’offerta imperfetta e limitata, per contribuire anche noi alla salvezza di questo povero mondo.