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Giorni felici in certosa

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L’articolo odierno, è un testo redatto da un amico di nome Andrea, il quale avendo trascorso alcuni giorni nella certosa di Serra San Bruno ha voluto donarci le sue emozioni. Grazie a lui per questa preziosa testimonianza.

Cari amici lettori di Cartusialover,

vi scrivo per parlarvi della mia esperienza di quattro giorni passati nella Certosa di Serra San Bruno, nell’estate del 2016 e che tutt’ora ricordo con piacere.
Tutto è iniziato guardando dei video su Youtube informandomi su tutti gli ordini della vita contemplativa, Benedettini, Trappisti, ma dopo poco mi rendevo conto che quello dei Certosini era l’ordine che più di tutti mi attirava per la sua radicalità, e con una forza misteriosa trovai il coraggio di scrivere al Padre Maestro della Certosa.
La prima cosa che mi sorprese fu la velocità con cui ricevetti una risposta via mail, la seconda fu quella che mi si chiedeva di inviare il mio Curriculum Vitae per poter capire se fosse il caso di ospitarmi. La richiesta del mio CV l’ho molto apprezzata perché mi è sembrato un modo per constatare che in Certosa “si fa sul serio”.

Il giorno prestabilito con il Padre Maestro della Certosa, arrivo col treno alla stazione di Lamezia Terme dove un laico incaricato di venirmi a prendere con la macchina mi porta dalla Stazione alla Certosa in quasi 1 ora di viaggio, poiché il luogo è molto impervio da raggiungere senza conoscere bene la zona. La prima consolazione che ho avuto è stato il colloquio con questo signore che guidava la macchina, con il quale ci siamo scambiati dei punti di vista sulla spiritualità certosina, sulla storia della Certosa ed è stato davvero una piccola palestra, quasi necessaria per arrivare preparato all’incontro col Padre Maestro.
Arrivato in Certosa, mi viene subito incontro il Padre Maestro che subito si scusa con me perché stava parlando con un operaio e pensava che mi avesse fatto subito una cattiva impressione, non avendolo trovato in silenzio. Io stupito dalla sua umiltà invece gli faccio capire che ero contento di essere lì e di iniziare questa avventura seppur breve con i monaci certosini.
Vengo accompagnato subito verso la mia camera, e il padre maestro mi spiega che prima di entrare nella camera di qualcun altro qualsiasi monaco deve rendere conto a Maria, c’è infatti un’inginocchiatoio fuori ogni camera con l’immagine della Madonna, e lì il monaco è tenuto a prostrarsi e recitare un Ave Maria prima di entrare nella stanza.

Entrati in camera mi spiega gli orari della Certosa, e io gli chiedo se posso recitare insieme a lui le diverse orazioni liturgiche che avrei dovuto recitare da solo, per imparare subito il loro modo di pregare. Il Padre Maestro inoltre mi ha dedicato in questi quattro giorni tantissimo tempo per parlare e confrontarci, ed ogni volta che gli aprivo la porta la prima cosa che diceva era “sia lodato Gesù Cristo” e questo mi riempiva di consolazione.

Ci siamo confrontati soprattutto su diversi brani del Vangelo, e sulle regole dei Certosini, di cui ho apprezzato immediatamente l’enorme umiltà e assenza di vanità. Si perché i monaci certosini non hanno mai un confronto con un laico che gli possa dire: “ che bella omelia” o “grazie per..” sono davvero rigorosamente al servizio del silenzio e della parola di Dio.

Il Padre Maestro della Certosa mi disse che la vita di un certosino è definibile, “olocausto d’amore”, dove nella massima letizia si vive tra quattro mura rivelando così a tutti il proprio limite di non riuscire nel mondo a trovare la stessa gioia che vi si trova stando nella massima clausura.

Mi ha sorpreso ovviamente sapere che i monaci certosini possono vedere soltanto 2 giorni all’anno parenti o amici, e che quando anche qualcuno dei propri parenti passi a miglior vita, loro non possono uscire dal monastero per i funerali.
Altre informazioni sulla vita del monaco certosino che mi hanno sorpreso è il modo anonimo in cui vivono, non potendo scrivere articoli o libri che possano firmare e pubblicare con il proprio nome, e il modo anonimo in cui muoiono, venendo stesi su una tavola di legno e sotterrati senza che vi sia il loro nome scritto da nessuna parte.

I monaci certosini si confessano più volte a settimana e hanno un momento di pausa dal silenzio nello “spaziamento” nei boschi con tutta la comunità di monaci. Io purtroppo non l’ho potuto fare, poiché il padre maestro riteneva più importante che io approfondissi con delle letture la loro spiritualità e nel dialogo con lui esaurissi tutte le domande che mi potevano venire in mente.

Parlare con il Padre Maestro era una consolazione in crescendo, mi ha detto parole e frasi così profonde e intrise di fede che non le ho volute nemmeno scrivere, pensavo che era ingiusto possederle, e le ho lasciate scorrere leggere e diritte nel cuore.

Un’esperienza che mi ha lasciato veramente colpito è stato pranzare solo in cella, non ho mai provato così tanta gioia a mangiare, e non mi sentivo affatto solo.

Ho sentito chiaramente la sensazione di una presenza del Signore che mi faceva compagnia, un po’ come il bambino nel film di “Marcellino pane e vino” faceva compagnia al Crocifisso, con quel modo così innocente e amorevole mi sono sentito avvolto di abbracci.

Pregare tutto il giorno ininterrottamente non lo avevo mai fatto, nemmeno durante i periodi di esercizi spirituali ignaziani, che rimangono comunque la migliore palestra per avvicinarsi a quel tipo di giornata oblativa. In quei giorni ho maturato una profonda gratitudine per tutte le esperienze che in diversi anni ho potuto fare grazie ai padri gesuiti, che mi hanno forgiato per bene alle più insidiose e costruttive esperienze religiose.

Il padre maestro della Certosa, mi aveva sconsigliato di partecipare alle lodi mattutine che iniziano alle 00.30 e finiscono verso le 3.00 del mattino poiché è difficile per chi è da pochi giorni con loro abituarsi ad i loro ritmi giornalieri, andare a dormire alle 20 e svegliarsi alle 00.00, ma io volevo esserci e una sera vi partecipai.

E’ veramente difficile stare dietro alla liturgia certosina in quelle ore di notte piena, ma è stata un’esperienza di grande prova, che mi ha fatto capire anche perché sono chiamati “gli atleti di Dio”, non so quante volte durante le lodi mattutine si inginocchiano, si alzano, si siedono, cantano.
Durante tutti i momenti in Chiesa, nella liturgia delle ore, non stanno mai fermi, e durante la messa prima dell’eucarestia si stendono completamente faccia a terra, la messa è bisbigliata e al posto dell’omelia c’è un grande momento di silenzio. Il momento della pace e dell’eucarestia è molto bello e dà grande prova di cosa significhi comunità.

Parlando col padre maestro di cosa facessero i monaci prima di entrare in certosa, ho anche afferrato che lì non ci vanno mica persone che si vogliono nascondere, o abituate alla solitudine e al silenzio, ma soprattutto persone che erano abituate a vite perfettamente inserite nella società.
Tra i monaci c’era chi era pilota dell’aeronautica, chi professore universitario alla Sorbona, chi calciatore famoso, e chi operaio metalmeccanico.

Mentre stavo aprendo una porta, un monaco incappucciato pure ne stava aprendo una che confinava sulla parete vicina, e mi disse…”di dove sei? ed io..Napoli…e mi fa..viva Pino Daniele, dovrebbero farlo santo..”e mi strappò un sorriso, poiché anche a me piace molto…ma credetemi non pensavo mai che mi potessero dire una frase così dentro una certosa…. Seppi poi, che quello è il converso che il sabato prepara anche le pizze per i confratelli…evidentemente ha una forte passione per Napoli.

Voglio sottolineare che la cosa che mi ha stupito è che per essere un ambiente ecclesiastico è un ambiente molto “virile”, pieno di gladiatori della fede, guerrieri della preghiera che hanno posto Gesù Cristo prima di ogni cosa e prima di se stessi.

Ah dimenticavo…il Padre Priore quando me ne andai, sentendomi dire che avevo trascorso giorni felici, mi salutò dicendomi sorridendo..testuali parole…”torna e cerchiamo di moltiplicare i giorni felici”

In regalo a tutta la comunità dei Certosini ho lasciato una poesia che scrissi qualche anno prima pubblicata dalla fondazione mario luzi, e che mi sembrava perfetta per la loro spiritualità.

Rimasi in contatto via mail con il padre maestro, il quale mi disse che questa poesia è piaciuta così tanto che l’hanno affissa come preghiera comunitaria in bacheca, che onore!!
Ve la lascio qui di seguito :

Cripta

Sole a Febbraio,
retaggi d’Aprile,
colori distesi da scherzi e risate..

Il dissesto?!
Le ombre felpate
di un silenzio falsato..

Per oggi,
per ieri e per domani..

a Dio..

Il salubre fresco,
avvolge lo spazio
piccolo e cieco..
.. viene scemando in un canto sottile..
spiegato..

Ascolta!
Non pensare..

a nulla,
serve,
gestire..

o il timido gesto
di capire..

Qui,
in questa valle adorata,
ridonda il frastuono
della gratuità..


e all’arrivo di quel piccolo dono,
di nome Mattino..
la gente tesa e occupata
voltandosi,
per un solo momento
aggancia la gloria..

“Eccolo,
egli sta dietro
il nostro muro;
guarda dalla finestra,
spia attraverso le inferriate”..

Perpetuo ed immenso rimane
il giacere nello splendore
che, seppure da lontano narrato,
giunge al diamante baglior
siderale..

Meraviglia..

Sì, Signore,
libera il fiume,
dalle imponenti dighe
sorrette dal timore..

Ora,
non posso più fermare
quel mio coraggio,
avvolto dal più puro candore..

Remo..
e miro alla volta celeste,
che rapito,
mi ossigena di raccolto profumo..
per intero,
perdono..

 

Consiglio a tutte le persone in vera ricerca di Dio e con il desiderio di pregare di fare un’esperienza in Certosa.

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Una Risposta

  1. Grazie per aver condiviso questa esperienza.
    Bellissime parole.

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