PADRE CANTALAMESSA ALLA CURIA ROMANA: UN'ERESIA TRINITARIA IN NOME DELL'ECUMENISMO. Il misericordioso rinnovatore dello spirito (quale??? una certa idea me la son fatta ...) rev. Raniero Cantalamessa …Altro
PADRE CANTALAMESSA ALLA CURIA ROMANA: UN'ERESIA TRINITARIA IN NOME DELL'ECUMENISMO.

Il misericordioso rinnovatore dello spirito (quale??? una certa idea me la son fatta ...) rev. Raniero Cantalamessa ci riprova (a propalare sorridenti eresie, proprio da eminenti cattedre in Vaticano. alle più alte gerarchie "cattoliche" che sembrano ben gradire la lezione modernista) e @Cesare Baronio lo becca in flagrante sul suo blog opportuneimportune.blogspot.com/…/padre-cantalame… .
Questa furbata del rev. Cantalamessa di modificare insidiosamente (per allineare la sua catechesi alla politica del governo bergogliano) una nota massima cristiana usata in senso perfettamente ortodosso persino da papa Giovanni XXIII mi sembra particolarmente grave. Ripropongo qui sotto la parte iniziale del ben argomentato articolo (è lungo: tutto qui non ci sta e per leggerlo fino alla fine usate il link dato sopra) di critica all'ennesimo "fattaccio" in buona sostanza massonico.

"Siamo ormai giunti alla certezza incontrovertibile che tanto meno una persona è adatta ad un incarico, quanto più essa verrà designata ad esso, soprattutto se in quella posizione potrà sovvertire le finalità della funzione ricoperta. Cupich e Coccopalmerio si occupano di chierici omosessuali e molestatori, per fare un esempio: come dire Himmler giudice dei criminali nazisti a Norimberga, o Erode direttore d’un istituto d’infanzia.

Abbiamo anche visto che, in seno alla setta che infeuda la Chiesa di Cristo da ormai sessant’anni, immoralità ed eresia sono due facce del poliedro modernista, cui si aggiungono cupidigia, brama di potere, orgoglio, ricatto e menzogna. Un quadro che va progressivamente scoprendosi, grazie anche all’opera indefessa di chi si crede ormai autorizzato ad agire alla luce del sole, pensando che ormai non vi sia più alcun ostacolo al raggiungimento della meta finale.

In questa istituzionalizzazione dell’apostasia da parte di una vera e propria mafia d’impresentabili, possiamo comprendere con chiarezza che fenomeni apparentemente scollegati sono in realtà parte di un unico disegno criminoso. E quegli eventi che negli scorsi decenni si potevano deplorare in termini generali senza alcun collegamento reciproco, mostrano una sconcertante coerenza degna di una mente diabolica.

Proprio in questi giorni il cardinal Francesco Coccopalmerio ha teorizzato la possibilità di riconoscere la validità delle ordinazioni anglicane [qui], in nome di quell’ecumenismo conciliare che ha cancellato l’apostolato cattolico nella neo-chiesa progressista. É noto l’impegno dei novatori nel dialogo con la setta anglicana, inaugurato da Paolo VI e proseguito anche nei successivi Pontificati. Tre anni or sono, il 25 Novembre 2015, padre Raniero Cantalamessa predicò nell’Abbazia di Westminster, partecipando alla celebrazione di inizio del Sinodo della Chiesa d’Inghilterra, una vera e propria communicatio in sacris con degli eretici [qui].

Con l’estasiata enfasi che contraddistingue i gazzettieri di Santa Marta, è stata diffusa data la notizia [qui] che padre Cantalamessa, nel corso di una meditazione sull’Avvento tenuta coram Pontifice alla Curia Romana, ha ancora una volta perorato la necessità dell’unità con un’erudita metafora trinitaria, che all’orecchio di un inesperto potrebbe sembrare anche vagamente cattolica; il tono generale dell’omelia pare erudito e non tralascia il ricorso a melliflue seduzioni per incantare l’ascoltatore, distratto da figure retoriche e riferimenti all’iconografia sacra. Ma in quel discorso apparentemente innocuo si annida a mio parere non solo una scandalosa bestemmia contro la Ss.ma Trinità, ma anche una delle eresia tanto care al Predicatore in saio.

Cantalamessa ha auspicato l’unione dei Cristiani di ogni confessione, prendendo ad esempio l’intima unità delle Divine Persone della Ss.ma Trinità: «Ogni persona divina ama l’altra esattamente come se stessa». Ed ha spiegato: «Contemplare la Trinità aiuta a vincere la discordia del mondo». E, per meglio esplicitare il proprio pensiero ha detto: «Si può essere divisi nella mente, in ciò che ognuno pensa su questioni dottrinali o pastorali ancora legittimamente dibattute nella Chiesa, ma mai divisi nel cuore: in dubiis libertas, in omnibus vero caritas», per conseguire una «unità nella diversità».

Mi permetto di far notare che la citazione latina è incompleta. La frase integra recita: «In necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus caritas». É significativo che Cantalamessa abbia omesso proprio «in necessariis unitas», ossia l’unità nelle cose da cui non si può prescindere. Vieppiù perché l’adagio compare nell’Enciclica Ad Petri cathedram di Giovanni XXIII [latino -italiano], nella parte che riguarda proprio il ritorno all’unità cattolica di quanti sono separati dalla Chiesa:

«È fuori dubbio che il divin Redentore ha costituito la sua chiesa dotandola e corroborandola di solidissima unità; che se, per assurdo, non l’avesse fatto, avrebbe istituito qualcosa di caduco e mutevole nel tempo, a quella guisa che i vari sistemi filosofici abbandonati all’arbitrio delle varie opinioni degli uomini, con l’andar del tempo uno dopo l’altro sorgono, si trasformano e scompaiono. Non vi può quindi essere alcuno che non veda come tutto questo sia contrario al divino insegnamento di Gesù Cristo, che è «via, verità e vita» (Gv 14,6).

Siffatta unità, venerabili fratelli e diletti figli, che, come abbiamo detto, non deve essere qualcosa di evanescente, incerto e labile, ma di solido, stabile e sicuro, se manca alle altre comunità di cristiani, non manca certo alla Chiesa Cattolica, come può facilmente vedere chi attentamente la osservi. Infatti questa unità si fregia di tre note distintive: l’unità di dottrina, di regime e di culto. Essa è tale da risultare visibile a tutti, sicché tutti la possono riconoscere e seguire. È tale inoltre che, secondo la volontà stessa del suo divin Fondatore, tutte le pecorelle ivi realmente possono riunirsi in un solo ovile sotto la guida di un solo pastore. E così all’unica casa paterna, stabilita sul fondamento di Pietro, sono chiamati tutti i figli, e in essa bisogna cercare di radunare fraternamente tutti i popoli come nell’unico regno di Dio, i cui cittadini, congiunti tra loro in terra nella concordia di mente e di animo, abbiano un giorno a godere l’eterna beatitudine in cielo.

La Chiesa cattolica comanda di credere fedelmente e fermamente tutto ciò che è stato rivelato da Dio; quanto cioè si contiene nella sacra Scrittura e nella Tradizione orale e scritta, e, nel decorso dei secoli, a cominciare dall’età apostolica, è stato sancito e definito dai Sommi Pontefici e dai legittimi concili ecumenici. Ogni volta che qualcuno si è allontanato da questo sentiero, la Chiesa con la sua materna autorità non ha mai cessato di richiamarlo sulla retta via. Sa bene, infatti, e sostiene che vi è una sola verità e che non possono ammettersi «verità» in contrasto tra di loro. Fa sua quindi l’affermazione dell’apostolo delle genti: «Non abbiamo alcun potere contro la verità, ma solo a favore di essa» (2 Cor 13, 8).

Vi sono tuttavia non pochi punti sui quali la chiesa cattolica lascia libertà di disputa ai teologi, in quanto si tratta di cose non del tutto certe e in quanto anche, come notava il celebre scrittore inglese cardinale John Henry Newman, tali dispute non rompono l’unità della chiesa. Esse servono anzi a una più profonda e migliore intelligenza dei dogmi, poiché preparano e rendono più sicura la via a questa conoscenza. Infatti dal contrasto delle varie sentenze scaturisce sempre nuova luce. Ad ogni modo è sempre da tener presente quella bella e ben nota sentenza attribuita in diverse forme a diversi autori: nelle cose necessarie ci vuole l’unità, in quelle dubbie la libertà, in tutte la carità
».

Come si vede, le dottrine ereticali della neo-chiesa sono sconfessate dallo stesso Giovanni XXIII, in perfetta coerenza con il Magistero ininterrotto della Chiesa. Non solo: la citazione monca del Predicatore della Casa Pontificia dimostra un intento doloso, nell’aver egli deliberatamente omesso proprio la parte più importante.

Il Prelato che sente citare dal cappuccino quelle parole, orecchia la citazione dell’enciclica di Roncalli, e crede di trovarvi un elemento tranquillizzante. Ma questa orecchiabilità della citazione vale pure per l’Anglicano. Il pio Lettore mi chiederà cosa c’entra un Anglicano con l’adagio latino. Con la perfidia degna di un Mefistofele, queste parole si prestano ad una doppia interpretazione, quasi come un ammiccamento all’eretico; perché essa fu usata dal teologo luterano Peter Meiderlin: «Si nos servaremus in necesariis Unitatem, in non-necessariis Libertatem, in utrisque Charitatem, optimo certe loco essent res nostrae» (Paraenesis votiva pro pace ecclesiae ad theologos Augustanae, 1626), che a sua volta l’aveva mutuata dall’ex Primate di Dalmazia, Marco Antonio de Dominis: «Omnesque mutuam amplecteremur unitatem in necessariis, in non necessariis libertatem, in omnibus caritatem» (De Republica Ecclesiastica contra Primatum Papae libri X, lib. IV, cap. 8). Giova ricordare che de Dominis nel 1616 si separò dalla Chiesa Cattolica per abbracciare l’eresia anglicana, dove ricevette incarichi ecclesiastici e scrisse diverse opere contro il Romano Pontefice e la Chiesa di Roma. Tra l’altro, a quello stesso adagio volle ricorrere l’ugonotto Isaac Casaubon, allorché su incarico di Giacomo I d’Inghilterra scrisse al cardinale Jacques Du Perron nel 1612 per cercare un accordo tra Anglicani e Cattolici. Infine, questo è il motto dell’Unione dei Fratelli Boemi e dei Presbiteriani Evangelici degli Stati Uniti.

Ecco spiegato come, in quella frasetta apparentemente innocua, Cantalamessa raggiunga il triplo scopo di non allarmare il Prelato di Curia conservatore, di lanciare un segnale agli acattolici e di far capire ai suoi sodali il significato della deliberata omissione:
tolto «In necessariis unitas», egli conferma in quale senso va letto l’auspicio all’unità, ossia scardinandola dal fondamento nella verità.

L’ingenuo potrà obie…
Marziale
"Ecco, i malvagi tendono l’arco,
aggiustano la freccia sulla corda
per colpire nell’ombra i retti di cuore."
alda luisa corsini
Veramente ci sentiamo di ripetere con gli apostoli: Signore, da chi andremo (certo non dai dottori della Legge di allora come da quelli di oggi)?