L'esame di coscienza: per farlo bene...

L’azione propedeutica all’esame di coscienza è di sicuro la preghiera. Dopodiché, non esiste un vero e proprio metodo d’esaminarsi. Ma qualche breve consiglio può aiutare l’anima. Resta perennemente valido il consiglio di imitare i Santi anche in questo!

1) Primo mezzo assolutamente indispensabile è la preghiera, poiché quanto più grande è la nostra ignoranza, tanto più abbiamo bisogno di chiedere lumi opportuni per uscire dalle tenebre che ci circondano, e questi lumi non ci possono venire che da Dio.
Così hanno sempre fatto i santi, e così dobbiamo fare anche noi.
Imitiamo quel cieco fortunato di cui parla il Vangelo, il quale, sentendo che Gesù passava per quella strada dove stava chiedendo l’elemosina, si mise a gridare: «Gesù, figlio di David, abbi pietà di me!» (Lc 18,38), e domandandogli il Signore che cosa volesse, rispose pieno di fede e di umiltà: «Signore, che io riabbia la vista!».
Anche noi, prima di metterci a fare l’esame, diciamo: «Domine, ut videam», e Dio ci risponderà: «Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato».
2) Implorato così il divino aiuto, si deve iniziare a cercare i peccati commessi a partire dall’ultima Confessione ben fatta. Se poi non si è mai fatto una buona Confessione, allora occorre esaminarsi su tutta la vita al fine di fare una Confessione generale che ripari al male di tutte le altre.
E qual è il metodo migliore e più facile per scoprire i propri peccati? Un metodo assoluto ed obbligatorio non c’è. In genere si consiglia di passare in rassegna tutti e dieci i Comandamenti di Dio, soffermandosi a mente riposata su ciascuno di essi, sia quanto ai pensieri e alle parole, che alle opere e alle omissioni. Di quei peccati dei quali per la loro stessa gravità si conosce il numero preciso, si tenga a mente il numero preciso. Di quelli che sono divenuti abituali si calcoli il numero approssimativo, e, se non si può calcolare nemmeno questo, basterà vedere con quale frequenza si è soliti cadere ogni giorno od ogni settimana od ogni mese. Ci si esamini poi sopra i Precetti della Santa Chiesa, e si faccia poi altrettanto riguardo agli obblighi del proprio stato.
In breve, quindi, ci si esami su questi tre punti: Comandamenti di Dio, Precetti della Chiesa ed obblighi del proprio stato.
3) Un ultimo mezzo consigliato è quello di abituarsi a farlo spesso, anche quando non dobbiamo confessarci e per esempio la sera prima di andare a letto. L’esame quotidiano di coscienza diventa così un mezzo potentissimo per trattenerci dal peccato. Difatti, come gli uomini spensierati moltiplicano i loro debiti perché non fanno mai i conti delle loro uscite e delle loro entrate, così molti peccatori moltiplicano i peccati perché non guardano mai alle piaghe della propria anima e non entrano mai in un serio esame della loro vita e della loro coscienza.
Socrate, anche se pagano, soleva dire ai suoi discepoli: «Specchiatevi spesso; perché se vedrete che la vostra faccia è bella, avrete vergogna di commettere azioni brutte e contaminare la vostra bellezza; se poi vedrete che la vostra faccia è brutta, non avrete il coraggio di aggiungere con brutte azioni bruttezza a bruttezza!...».

Conclusione

Guardiamo all’esempio dei Santi e degli uomini illustri e imitiamoli.
Sant’Ignazio faceva un piccolo esame di coscienza ogni ora della giornata. San Giovanni Climaco afferma che gli antichi eremiti vivevano come gli Angeli, proprio perché vegliavano con tanta premura sul loro cuore, facendo un esame esattissimo della propria coscienza.
San Francesco Saverio si raccoglieva in sé varie volte durante il giorno per imparare a conoscersi e per rendersi conto dei suoi atti. Diceva infatti: «Io sono convinto dalla mia esperienza che questo sia il giusto mezzo per giungere alla perfezione». San Francesco Borgia dedicava due ore al giorno per esaminare i propri difetti e conoscere bene il proprio carattere, tanto che divenne poi un perfetto modello di umiltà.
San Benedetto Giuseppe Labre, a forza di meditazioni, concepì un tale orrore di sé, che non desiderava altro che le mortificazioni e le umiliazioni. Perfino Seneca, filosofo pagano, lasciò scritto: «Io ho adottato per principio di esaminarmi tutti i giorni. La sera, quando tutti i lumi sono spenti, ripasso nella mia mente tutti gli istanti della giornata, e rifletto su ciascuna delle mie parole ed azioni. Nulla tralascio e rivedo tutto: giacché per quale motivo temerei di farlo? Perché mai nasconderei ai miei occhi l’una o l’altra delle mie colpe, mentre posso dire a me stesso: “Fa’ in modo da non ricader più in questo fallo, e per questa volta ti perdono”?» (Lib. III de ira). Cicerone, parlando di sé diceva: «Conforme a quanto praticano i Pitagorici, io rifletto ogni sera su ciò che ho detto, pensato e fatto durante il giorno» (De Senect).