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Onorio I: il Papa che favorì l'eresia nella Chiesa

Il «bizantinismo per il quale il sì non è mai un sì, ma un “ni” o un “so”» di Sergio I patriarca di Costantinopoli, secondo mons. Umberto Benigni, lo spinse a scrivere una prima Epistola nel 634 in cui non menzionava uno o due modi di operazione in Cristo, ma si contentava di affermare che un Solo Verbo divino è soggetto di tutte le
operazioni umane e divine del Dio/uomo.
Sergio poi scrisse a papa Onorio I che per ricondurre alla Chiesa romana i monofisisti (i quali sostenevano che vi era una sola natura divina in Cristo) e i monoteliti (secondo i quali in Cristo vi era una sola volontà, quella divina, negando quella umana) occorreva smussare gli angoli e addolcire le formule dogmatiche. Quindi sarebbe stato meglio parlare di “due nature distinte, ma di una sola operazione”. Questa formula era perlomeno ambigua e rappresentava una forma di monotelismo mascherato o non esplicito.
Papa Onorio I (625-628) sottoscrisse in una prima Lettera (Epistula Scripta fraternitatis ad Sergium Patriarcam constantinopolitanum, anno 634, DS 487) la Dichiarazione preparata nell’Epistola volutamente ambigua dal patriarca di Costantinopoli Sergio I (610-638), uomo più di corte imperiale che di Chiesa, nella quale si affermava una sola operazione in Gesù – pur nelle due nature (umana e divina) – e quindi implicitamente l’unicità della Sua volontà divina, negando praticamente la Sua volontà umana.
Papa Onorio, imprudentemente e bonariamente, approvò e firmò l’Epistola di Sergio senza definirla né obbligare a crederla, anzi l’attenuò aggiungendo ad essa, in una seconda Lettera, l’espressione, tuttavia ancor troppo vaga, dell’esistenza in Cristo di “due nature (umana e divina) operanti secondo le loro diversità sostanziali” (Ep. Scripta dilectissimi filii ad eundem Sergium, anno 634, DS 488), cioè affermò l’unità morale e non fisica delle due volontà in Cristo, nel Quale vi sono realmente due volontà (umana e divina) e quella umana è moralmente uniformata a quella divina.
Le espressioni di Onorio erano ambivalenti e quindi l’interpretazione eterodossa dei monoteliti di una sola volontà fisica e divina in Cristo era possibile. Il Papa parlava del Verbo Incarnato in cui sussistono due nature, ma lasciava intendere – pur non scrivendolo positivamente ed esplicitamente – che vi potesse essere in Lui una sola volontà. Tuttavia Onorio non scrisse apertamente di una sola volontà divina reale e fisica, ma lasciava capire che in Cristo vi fosse una volontà umana “morale”, ossia subordinata e uniformata “moralmente” a quella fisica divina.
La Chiesa cattolica orientale (con i suoi Vescovi e teologi) lesse la frase di Onorio in senso eretico, mentre quella latina (S. Massimo di Torino) cercò di salvare Onorio e lesse la sua Epistola in senso ortodosso: una volontà umana fisica e reale subordinata moralmente a quella fisica divina in Cristo. Papa Giovanni IV (640-642) scrisse nel 641 la famosa Apologia pro Honorio Papa, in cui difese spassionatamente Onorio che non era formalmente eretico, ma non aveva condannato con decisione l’errore di Sergio e il monotelismo avendo, così, favorito l’eresia. Infatti implicitamente Onorio ammetteva l’esistenza di un agire e di una volontà (fisica o reale) umana in Cristo.
Ora papa S. Martino I (649-655) in un Concilio romano particolare, riunito in Laterano nel 649, aveva definito la dottrina delle due volontà e della duplice azione in Cristo. Nel III Concilio ecumenico di Costantinopoli (680-681) papa S. Agatone (678-681) il 28 marzo del 681 definì che in Cristo vi sono due volontà e due azioni (la divina e l’umana) e condannò papa Onorio per aver aderito imprudentemente all’eresia (DB 262 ss. / DS 550 ss.) senza specificare se si trattasse di eresia materiale o formale. Ma nel Decreto di ratifica del Concilio Costantinopolitano III papa S. Leone II (682-683) specificò il 3 luglio 683 (DB 289 ss. / DS 561 ss.) i limiti della condanna di Onorio, che “non illuminò la Chiesa apostolica con la dottrina della Tradizione apostolica, ma permise che la Chiesa immacolata fosse macchiata da tradimento” (DS 563). Onorio, quindi, si era macchiato di eresia materiale ed aveva favorito l’eresia.
Vale a dire Onorio non era stato positivamente o formalmente eretico, ma vittima dei raggiri di Sergio, cui imprudentemente e negligentemente aveva acconsentito senza impegnarsi nella difesa della dottrina cattolica ortodossa. Perciò S. Leone II condannò Onorio più per la sua negligenza che per una consapevole eterodossia.
Inoltre Onorio non aveva definito né obbligato a credere la tesi di una sola azione in Cristo contenuta nell’ambigua Dichiarazione dell’Epistola di Sergio a lui inviata. Quindi Onorio non aveva voluto essere assistito infallibilmente in tale atto, ma aveva utilizzato una forma di magistero autentico “pastorale e non infallibile”.
Perciò egli aveva potuto sbagliare, anche se per ingenuità e mancanza di fortezza, ma senza infrangere il dogma (definito poi dal Concilio Vaticano I) della infallibilità pontificia, come invece sostennero i protestanti nel XVI secolo e la setta dei “vecchi cattolici” nel secolo XIX. In breve Onorio aveva favorito l’eresia peccando, così, gravemente, ma non era stato eretico.
Questo dimostra
1°) che il Papa nel magistero non infallibile può eccezionalmente errare...
2°) che esiste un magistero infallibile solo a quattro condizioni: se il Papa
a) parla come Pastore universale;
b) in materia di fede e di morale;
c) definisce una dottrina;
d) da credersi obbligatoriamente per salvarsi ovvero sotto pena di dannazione;
3°) che non sempre il Papa è infallibile in ogni suo insegnamento ed infine
4°) che, se il Papa erra nel magistero non infallibile non inficia l’infallibilità pontificia, la quale sussiste solo alle suddette quattro condizioni.
Come saggiamente conclude il professor Antonio Sennis, “è difficilissimo e non utile definire con certezza le reali intenzioni di Onorio” (AA. VV., Enciclopedia dei Papi, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2000, 1° vol., voce Onorio I, a cura di Antonio Sennis, p. 589).

di Don Curzio Nitoglia
Francesco Federico
Forse è il caso di far presente che qualunque papa che affermi le proprie idee, contro la legge di Dio e il magistero costante della Chiesa, può trovarsi nella situazione di papa Onorio che fu condannato dal III Concilio ecumenico di Costantinopoli:
“espelliamo dalla santa Chiesa cattolica di Dio e anatemizziamo Onorio, che fu papa dell’antica Roma, per il fatto che nei suoi scritti a Sergio …More
Forse è il caso di far presente che qualunque papa che affermi le proprie idee, contro la legge di Dio e il magistero costante della Chiesa, può trovarsi nella situazione di papa Onorio che fu condannato dal III Concilio ecumenico di Costantinopoli:
“espelliamo dalla santa Chiesa cattolica di Dio e anatemizziamo Onorio, che fu papa dell’antica Roma, per il fatto che nei suoi scritti a Sergio abbiamo notato come egli abbia seguito in tutto la sua idea”.

Papa Leone II confermò la condanna del Concilio contro Onorio perché “non onorò questa apostolica Chiesa con la dottrina della tradizione apostolica, ma permise che fosse macchiata la fede immacolata con un profano tradimento”.


Poi papa Leone aggiunse:


“Coloro che avevano suscitato contese contro la purezza della tradizione apostolica, alla loro morte certamente hanno ricevuto la condanna eterna”.

Fra questi “anche Onorio che, anziché estinguere sul nascere la fiamma dell’eresia, come si conviene all’autorità apostolica, la alimentò con la sua trascuratezza”.
www.treccani.it/…/onorio-i_(Encic…