Rinvenuta recentemente una lucerna con croce bizantina, il secondo reperto cristiano da sempre
Noi conosciamo la vita di Santa Euporia di Minturnae, vergine martirizzata sotto l’imperatore Tito Flavio Domiziano a Gaeta e che riposa nella Cattedrale del luogo. Ma per il resto dobbiamo procedere mettendo con pazienza e a fatica insieme i tasselli a nostra disposizione per comporre un mosaico leggibile.
La città risulta sede episcopale alla fine del V secolo: il vescovo Celius Rusticus compare tra i firmatari del sinodo romano del 499 indetto da Papa Simmaco per regolamentare le elezioni pontificie dopo lo scisma del 498 che aveva portato alla duplice elezione di Simmaco e dell’antipapa Lorenzo, arciprete di Santa Pressede. Tale vescovo è comunemente identificato con il Rusticus episcopus destinatario di un’epistola di Papa Gelasio I del 496, spentosi a novembre dello stesso anno, con la missiva gli affidava l’incarico di visitatore della Chiesa di Forum Popilii, il cui vescovo soffriva di eccessi di follia.
Un Florus episcopus Menturnensis, non altrimenti noto, è ricordato in una perduta iscrizione funeraria di incerta provenienza e cronologia, pubblicata da Angelo Silvagni sulla base di riproduzioni che Antonio Francesco Gori e Lodovico Antonio Muratori ricavarono da un apografo di Francesco Ficoroni (Loca duo Flori / episcopi Mentur/nensi [!] quas tradi/ [——]. Nell’ultimo decennio del V secolo, dunque, doveva necessariamente esistere a Minturnae un edificio di culto con funzione di cattedrale, del quale non si è finora rinvenuta traccia.
Cerchiata la croce sulla tabula
La religione cristiana doveva essersi radicata nel nostro centro già tra la fine del IV e gli inizi del V secolo, periodo al quale si è proposto di datare una tabula patronatus bronzea che Jotham Johnson ritenne la prima prova tangibile di una presenza cristiana individuata a Minturnae: l’epigrafe, rinvenuta il 15 luglio 1933 tra le rovine del teatro romano, nella XIII arcata, è dedicata al patrono della città Flavius Teodorus e decorata, in calce al testo, da una croce greca tra le lettere apocalittiche alfa e omega, inscritta in una corona di alloro e affiancata da due rami di palma.
La tabula patronatus bronzea entrò nella collezione personale del ministro traettese Pietro Fedele ed esposta nella Torre Pandolfo Capodiferro sino a quando nell’ottobre 1943 sottratta dai tedeschi che saccheggiarono l’intera collezione. Poi portata dalle truppe germaniche in ritirata a Fiuggi che fu sede dei loro comandi. Solo dopo il conflitto mondiale i Carabinieri rinvennero nell’albergo Villa Igea – in soffitta – la tabula simbolo della nostra storia minturnese e la riportarono dove fu rinvenuta ottantasette anni or sono. Ed ecco il testo integrale:
Honori
Flavio Teodoro, V(iro) I(nlustri)
ob eius infinite bene
ficia onestissimus populu(s)
civitatis menturnensium
patrono dignissimo
posuerunt
Per l’iscrizione è stata – alternativamente – suggerita una cronologia più tarda, alla prima metà del V secolo, identificandone il dedicatario con l’omonimo console d’Occidente del 505, con Flavius Theodorus Petrus Demosthenes, praefectus praetorio Orientis tra il 521 e il 529, oppure con Flavius Theodorus Philoxenus, console d’Oriente nel 525. Analizziamo i dati biografici sui due personaggi in questione. Il primo è Flavio Teodoro Filosseno Soterico Filosseno (latino: Flavius Theodorus Philoxenus Sotericus Philoxenus; fl.518–525; … – …) che è stato un politicobizantino. Fu nominato console nel 525, con Flavio Anicio Probo Iuniore, sotto l’imperatore Giustino I. Sono rimasti quattro dittici consolari di Filosseno, parte in greco e parte in latino. Quello conservato alla Bibliothèque Nationale de France – Département des Monnaies, Médailles et Antiques – Chab. 3266, riporta la carriera politica in questi termini:
(LATINO) «FL THEODORVS FILOXENVS SOTERICVS FILOXENVS VIR ILLVST COM DOMESTICVS EX MAGISTRO M PER THRACIA ET CONSVL ORDINAR»
(ITALIANO) «Flavio Teodoro Filosseno Soterico Filosseno vir illustris comandante della guardia, comandante dell’esercito della Tracia, console ordinario»
Filosseno ricoprì dunque il ruolo di magister militum per Thracias (491/518); venne mandato in esilio dall’imperatore Anastasio I, per poi essere richiamato da Giustino e divenire comes domesticus e console.
Nell’840 il vescovo di Formia, Leone, sottoscrisse un atto con il doppio titolo di “vescovo di Formia e di Minturno”; poco dopo tuttavia, circa nel 846, i vescovi di Formia trasferirono la loro sede a Gaeta. In questa occasione fu restaurata l’antica diocesi di Minturno, dove i titoli dei vescovi però si alternano fra Minturnensem o Traiectanus. Al concilio romano indetto nell’853 da Papa Leone IV prese parte il vescovo Talaro Minturnensem; questo vescovo era il padre di Papa Adriano II.
Otto anni dopo, in un altro concilio romano indetto per giudicare l’arcivescovo Giovanni di Ravenna, partecipò e ne firmò gli atti Sergio (Giorgio?) Trajectanum. Nella seconda metà del X secolo è noto ancora il vescovo Andrea sanctae Trajectanae ecclesiae o episcopus civitatis Traecto, documentato nel 954, nel 992 e nel 999. Dopo queste indicazioni, non si hanno più notizie di questa sede episcopale, ed il suo territorio venne annesso a quello della diocesi di Gaeta.
Nella pagina a lato offriamo un’altra pagina di storia cristiana locale con la devozione a Santa Albina V.M. Per volontà di Papa Paolo VI nel 1968, infine, Minturno è annoverata tra le sedi vescovili titolari della Chiesa cattolica. Circa un millennio dopo l’ultimo vescovo traettese. Cronotassi dei vescovi titolari: