UTILE PER TUCHO FERNANDEZ (E PURE PER NOI)

mummia di donna...

Per la salvezza dell’anima nera del cardinal ‘tucho’ fernandez (tutto minuscolo, almeno per ora) e indirettamente pure per la nostra, io lo prenderei di peso, legato come un salame, e lo porterei diritto nella Cripta delle Mummie di Ferentillo qui descritta, dove per cinque giorni e cinque notti (almeno) seduto sul pavimento, senz’acqua e senza cibo, potrebbe utilmente meditare sui Novissimi, anziché scrivere libracci pornografici a danno delle anime e pattume tipo ‘fiducia supplicans’

Poi, se riesce ad uscirne vivo e sano di mente, lo manderei comunque come nuovo incarico stabile a pulire i cessi pubblici della Basilica di San Pietro che sono sulla sinistra dopo il colonnato, guardando la Basilica (è un bel lavoro, ci sono stato – per necessità… - una volta e posso dire che, ad occhio, nel solo reparto maschile sono almeno una trentina…) . Anche all’ex S. Uffizio ci sono, ovviamente, anche se molto meno numerosi, ma molto meglio i primi, così sarebbe occupato con spazzoloni e varechina per tutto il giorno, con giovamento della sua anima (e della nostra, di conseguenza, visto che ce lo saremmo tolto dai piedi una volta per sempre).

Buona visita virtuale a tutti, ovviamente [alla cripta, ovviamente, non ai cessi :-) :-) ] e buona meditazione sulla morte, sul Giudizio di Dio, sull’Inferno e sul Paradiso.
Penso che ne abbiamo tutti bisogno, e non solo ‘tucho’...

DEFENSOR ECCLESIAE


L’Italia è il paese che, con ogni probabilità, vanta il numero maggiore di mummie al mondo. Egitto a parte, infatti, nessun’altra cultura ha fatto della mummificazione dei morti una pratica talmente pervasiva e longeva come è accaduto nella nostra penisola: soltanto nelle Catacombe di Palermo si contano più di 1200 mummie, e gli “scolatoi” che servivano per disidratare completamente le spoglie dei defunti si trovano un po’ ovunque, dalla Lombardia alla Puglia.
In aggiunta ai risultati della mummificazione artificiale, in Italia si trovano alcuni casi di mummificazione spontanea, in cui cioè il cadavere si è sottratto ai normali processi di putrefazione a causa del particolare microclima della sepoltura.
Uno dei più rimarchevoli esempi di preservazione naturale si trova nel cuore dell’Italia, al confine meridionale dell’Umbria.

Situato nella Valnerina, a meno di dieci chilometri in linea d’aria dal confine con il Lazio, il comune umbro di Ferentillo resta abbarbicato ai piedi delle rovine della sua antica rocca. L’abitato, diviso dal fiume Nera (e oggi dalla strada provinciale) in due borghi chiamati Precetto e Matterella, venne originariamente fondato dai Longobardi; in seguito fu assegnato da Innocenzo VIII al suo figlio naturale Franceschetto Cybo.
Franceschetto, che negli anni accumulò feudi e nomine eccellenti, in realtà visse sempre di rendita per il fatto di essere figlio legittimato del Papa e, a quanto si dice, fu un personaggio alquanto dissoluto e dedito ai piaceri: non a caso morì nel 1519 per indigestione durante un banchetto ufficiale. Questo non gli impedì, però, di far fiorire architettonicamente il piccolo paese di Ferentillo, che era stato la sua prima contea; sotto la sua reggenza, e in seguito quella del figlio Lorenzo, il borgo divenne un importante centro culturale.




Nella metà del paese chiamata Precetto, i Cybo fecero costruire una chiesa intitolata a Santo Stefano sulle fondamenta di un tempio precedente.



Così gli spazi sotto la nuova chiesa, che originariamente costituivano il luogo di culto medievale, vennero riempiti con i materiali di risulta e utilizzata come terreno di sepoltura: qui si inumarono i defunti di Precetto fino alla seconda metà dell’Ottocento.
Circa un decennio prima che il cimitero venisse definitivamente dismesso, si procedette a riesumare i resti e ci si accorse che 25 salme si erano mummificate spontaneamente.


Nel 1861, il medico e politico Carlo Maggiorani esaminò alcune di queste mummie avvalendosi delle analisi del chimico farmacista Vincenzo Latini.
Nel suo rapporto all’Accademia dei Lincei(1), redatto l’anno successivo, Maggiorani notò come la mummificazione avesse mantenuto i tratti somatici dei defunti in maniera eccezionale: «Havvi una mummia centenaria in cui i discendenti ravvisano a colpo d’occhio le fattezze di famiglia, e se facesse d’uopo dichiararlo innanzi il Foro si potrebbe stabilire se fosse Tizio, o nol fosse. […] Il colore delle nostre mummie che inclina al giallognolo si diparte poco dalla tinta naturale dei cadaveri, e perciò non inspira il disgusto che sogliono eccitare i corpi morti conservati coi mezzi dell’arte. I capelli, la barba, le ciglia, le sopraciglia, i peli delle ascelle e del pube, le unghie rimangono ad ornare le regioni ove sono distribuite.»
Nel tempo le mummie di Ferentillo hanno molto probabilmente perso buona parte della “freschezza” che Maggiorani aveva riscontrato e che tanto decantava, ma peli e unghie rimangono effettivamente visibili e ben conservati anche oggi.









Lo studioso riportava anche, in termini piuttosto coloriti, l’estrema leggerezza delle mummie, che infatti pesano soltanto 6 o 7 chili: «Disseccati e rasciutti i tessuti tutti, le articolazioni irrigidiscono di maniera che impugnate le gambe tu puoi trattare il cadavere a guisa di un palo. La quale operazione è tanto più facile ad eseguirsi per la singolar leggerezza a cui pervengono cotesti corpi […].»








Tra i passi più curiosi, c’è un velato auspicio che queste mummie possano essere studiate per replicare la tecnica a fini funerari – una preoccupazione che, vista la recentissima unità d’Italia, era condivisa da molti. Ne ho parlato anche nel mio libro sul pietrificatore Paolo Gorini: all’epoca diversi furono gli esperimenti di trattamenti alternativi delle spoglie, essenzialmente volti a sottrarre alla Chiesa il dominio sulla gestione delle salme e, in definitiva, sul mondo dei morti.

Scriveva infatti Maggiorani: «Sarebbe forse da riporre fra le utopie il desiderio che le condizioni conservatrici dei cadaveri in Ferentillo fossero studiate con scrupolosa diligenza fino al segno di ripordurle di tutto punto, per giovarsene all’uopo di preservare i defunti dalla putredine? Quando leggiamo in Plutarco che gli Egiziani nei più solenni conviti distribuivano intorno il cenacolo i cadaveri imbalsamati degli Avi, il molle animo nostro rifugge alla tetra immagine di que’ banchetti sepolcrali, e si è indotti a tacciare il costume di barbaro. Ma che le spoglie di molti congiunti, invece di essere condannate a divenir pastura di vermi, fossero, senza pericolo pei vivi, conservate sì fattamente da rigoderne dopo lungo tempo la effigie, e da spargervi sopra qualche lagrima di tenera ricordanza nei giorni di afflizione, è pensiero che da niuno potrà esser messo in deriso.»








La conclusione scientifica a cui arrivava lo studio di Maggiorani era che la mummificazione spontanea si fosse verificata per la particolare composizione chimica del suolo, e per la buona aerazione della cripta garantita dalle quattro finestre inferriate, nei pressi delle quali – non a caso – erano state rinvenute le 25 mummie.






In realtà, però, non c’è ancora una spiegazione definitiva e del tutto esauriente, perché entra spesso in gioco una concomitanza di fattori.
Uno studio del 1991 affermava: «esistono delle condizioni di base che favoriscono i processi di disidratazione (la buona aerazione del locale, come nelle catacombe; il suolo sabbioso; eccetera) ma queste non sono sufficienti a spiegare le complesse modificazioni chimiche che hanno luogo nelle parti molli corporee. La mummificazione naturale inizia con dei processi auto litici simili a quelli della normale putrefazione ma per delle ragioni non ancora completamente conosciute ad un certo punto le sostanze proteiche resistono ad un ulteriore decomposizione. Non si può escludere anche l’azione di altri fattori ambientali, come le radici delle piante che invadono il corpo e ne modificano le condizioni chimiche, i microrganismi, i miceti e i microelementi presenti nel suolo o nella bara. La mummificazione naturale è probabilmente il risultato della combinazione di tutti questi fattori.»(2)



Oggi nelle vestigia della cripta medievale, di cui rimane il segno sbiadito in alcuni sopravvissuti affreschi, è stato allestito il Museo delle Mummie. All’interno di teche di vetro (purtroppo scarsamente illuminate, per preservare la delicata condizione delle mummie) si possono ancora ammirare 24 corpi essiccati: il più antico risale al XVIII secolo, il più recente è del XIX secolo.
Tra le mummie più particolari vi è una donna cinese, morta di peste nel XVIII secolo, che mostra la caratteristica deformazione ai piedi chiamata “loto d’oro”, di cui ho parlato in questa puntata della serie web. Ma i paleopatologi hanno riscontrato anche alcuni casi di lesioni traumatiche, un neonato macrocefalo, un tumore del viso e un sospetto caso di lebbra.



In fondo alla cripta sono disposti in grandi teche i resti scheletrizzati della maggior parte degli inumati (circa 270 teschi). Anche alcuni di questi teschi, però, mostrano segni di parziale mummificazione. Sono esposte inoltre una bara d’epoca, ancora sigillata, e un’aquila mummificata a fine Ottocento durante gli esperimenti sulle proprietà chimiche del terreno di sepoltura.












Come sa bene chi segue i miei lavori, da sempre mi affascinano i modi in cui l’umanità ha cercato di fissare nel tempo le sembianze dei propri cari; e mentre guardavo con meraviglia questi corpi essiccati, il pensiero che mi ha attraversato è stato esattamente lo stesso che apre il rapporto di Maggiorani, che cito qui a chiusura:

Il rispetto avuto ai trapassati da ogni colta nazione, la vanità dei Potenti intesa ad allontanare dal corpo degli avi le disgustose conseguenze della morte e il commun desiderio di mantenere incorrotte le care spoglie dei congiunti hanno suggerito in ogni tempo artifizii acconci a sottrarre questa nostra parte organica all’impero delle leggi chimiche che la condannano al disfacimento. Ma intanto che l’uomo con un mezzo o coll’altro procaccia di ottener questo fine, la natura, o sola, o con pochi ajuti dell’arte, lo raggiunge talora completamente.




Ecco il sito ufficiale del Museo delle Mummie di Ferentillo. Le mummie sono attualmente in fase di studio da parte del Dott. Dario Piombino-Mascali (Università di Vilnius), che ha firmato anche la prefazione del mio volume sulle mummie delle Catacombe di Palermo.

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