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ECCO CHI E' IL BEATO ERMANNO “LO STORPIO” informazionecattolica Beato Ermanno il Contratto Monaco di Reichenau 24 settembre Altshausen, 18 luglio 1013 - 24 settembre 1054 «Salve, Regina, madre di …Altro
ECCO CHI E' IL BEATO ERMANNO “LO STORPIO” informazionecattolica
Beato Ermanno il Contratto Monaco di Reichenau
24 settembre
Altshausen, 18 luglio 1013 - 24 settembre 1054


«Salve, Regina, madre di misericordia, vita, dolcezza e speranza nostra, salve. A Te ricorriamo, noi esuli figli di Eva; a Te sospiriamo gementi e piangenti in questa valle di lacrime». È la preghiera che ancora si canta nelle chiese, alla fine, quando restano i vecchi a trascinare le vocali come a trattenere chi già corre a riaccendere il telefonino. Chi l’ha scritta, quasi mille anni fa, sapeva che cos’è una valle di lacrime. La Salve Regina fu infatti, quasi sicuramente, composta da Ermanno di Reichenau, meglio conosciuto come Ermanno lo storpio. Lo chiamavano anche “il contratto”. I documenti che ne danno notizia parlano di un uomo deforme, con gli arti come attorcigliati a impedirgli non solo di camminare normalmente ma anche di trovare pace disteso o seduto nella sedia costruita apposta per lui. Ermanno, che nella vita non è mai stato comodo se non, probabilmente, quando è sopraggiunta la morte, fu monaco e fine studioso. La preghiera alla Madonna entrata nella storia liturgica della Chiesa è solo uno degli aspetti del suo studio e della sua fede poderosamente intrecciati. Poi ci sono le cronache della storia del mondo, lo studio delle costellazioni, la costruzione di astrolabi. Ancora oggi chi cerca notizie su di lui nelle biblioteche trova i trattati scritti nelle notti insonni nell’abbazia di Reichenau, in un’isoletta nel lago di Costanza. A essere in grado di scrivere ci arrivò probabilmente dopo un lungo allenamento per addomesticare le mani a rispondere alla mente. Nacque il 18 luglio del 1013, esattamente mille anni fa, ed era uno dei 15 figli di Eltrude e Goffredo conte di Althausen di Svevia.
Fu il gesuita inglese Cyril Martindale ad appassionarsi alla sua storia dopo il ritrovamento nella biblioteca di Oxford di un volume in latino che ne riferiva la vita. Quelle pagine, racconta Martindale in un volume molto amato da don Luigi Giussani (Santi, Jaca Book) non parlavano di un handicappato abbandonato, ma di un piccolo affidato alle amorevoli cure dei monaci e diventato presto un compagno prezioso per i religiosi. Misteriosamente in Ermanno la malattia non genera cinismo bensì un’umanità ricca, rigogliosa, coinvolgente. Così la biografia parla di un uomo «piacevole, amichevole, conversevole; sempre ridente; tollerante; gaio; sforzandosi in ogni occasione di essere galantuomo con tutti». Quello che doveva essere un peso diventa presto l’orgoglio del monastero e la sua fama arriva fino all’imperatore Enrico III e a papa Leone IX, che visitarono Reichenau rispettivamente nel 1048 e nel 1049.
Vincere il dolore e la pigrizia non è semplice. Ermanno stesso lo fa capire nell’introduzione a uno dei suoi volumi più complicati, quello in cui spiega come si costruiscono gli astrolabi, marchingegni antenati degli orologi, utilizzati per localizzare o calcolare la posizione del Sole, della Luna, dei pianeti e delle stelle, ma anche per determinare l’ora conoscendo la longitudine. «Ermanno – scrive –, l’infimo dei poveretti di Cristo e dei filosofi dilettanti, il seguace più lento di un ciuco, anzi, di una lumaca è stato indotto dalle preghiere di molti amici a scrivere questo trattato scientifico». Tra gli amici c’è Bertoldo, incaricato di aiutarlo nelle incombenze quotidiane e testimone dei momenti cruciali della sua vita. È a lui che Ermanno affida i suoi pensieri nei giorni della pleurite che lo condurrà alla morte. E l’amico si commuove e si tura le orecchie quando il piccolo monaco, già assaporando la pace della liberazione dal corpo, si dice stanco di vivere.
«La Vita, come la scrisse Bertoldo – osserva Martindale –, è così piena di vita pulsante, Ermanno ne esce veramente vivo! Non perché sapesse scrivere sulla teoria della musica e della matematica, né perché seppe compilare minuziose cronache storiche e leggere tante lingue diverse, ma per il suo coraggio, la bellezza dell’anima sua, la sua serenità nel dolore, la sua prontezza a scherzare e a fare a botta e risposta, la dolcezza dei suoi modi che lo resero “amato da tutti”. (…) Ermanno ci dà la prova che il dolore non significa infelicità, né il piacere la felicità».
Autore: Laura Borselli

Nacque il 18 luglio 1013 dal conte Wolfrat di Altshausen, forse della famiglia dei Berholdinger; sua madre si chiamava Hiltrerd, proveniva dalla Borgogna e probabilmente era imparentata coi Welfen. Non si sa se fosse zoppo di nascita o se lo diventò per una paralisi infantile. A sette anni (1021) cominciò ad andare a scuola, secondo il Bucelino, presso i monaci di S. Gallo di cui avrebbe poi vestito l'abito.
Fu sicuramente professore a Reichenau e a trent'anni entrò a far parte di questo monastero, ricevendovi l'ordinazione sacerdotale. Lavorò fino agli ultimi anni di vita nelle materie a cui era stato iniziato dai suoi maestri, l'abate Bernone e i monaci Kerung e Burcardo: astronomia, poesia,storia, musica e liturgia, nella quale poté sviluppare appieno il suo talento meritando di essere esaltato come miraculum saeculi e il più moderno dei musicisti, non solo perché introdusse una nuova divisione nel sistema delle note, ma anche perché inventò una nuova scrittura delle note stesse.
Gli vengono attribuite la Salve Regina, l'Alma Redemptoris mater, l'Ufficio di alcuni santi (Gregorio, Afra, Wolfgango, ecc.) e le Sequenze della Croce e della Pasqua (Grates, honos, hierarchia e Rex regun, Dei agne); alla liturgia si riferiscono anche i trattati De musica e De monochordo; e opere di indole matematica, tutte di interesse liturgico:
Le opere poetico-didattiche furono scritte da Ermanno soprattutto a scopo pastorale per i monaci e le suore della propria abbazia e di altri monasteri, in modo speciale quella intitolata De octo vitiis principalibus. Egli ebbe inoltre uno spirito aperto ed intento a quanto avveniva, vicino e lontano, nella sua patria. Ebbe la stima dell'imperatore Enrico III e di papa Leone IX, che visitarono Reichenau rispettivamente nel 1048 e nel 1049; così è comprensibile che abbia scritto due libri sulle gesta di Corrado II ed Enrico III, la Cronaca della Svevia, probabilmente lavoro giovanile, e in età matura la Cronaca Universale, opera che, prendendo le mosse dalla morte di Cristo (contrariamente all'uso fino ad allora seguito di iniziare la storia con la morte di Abramo), giunge al 1054.In essa Ermanno per primo sfrutta, elaborandolo scientificamente, materiale tratto dagli annali monastici ed imperiali, vite dei santi, liste episcopali e altre fonti: la sua esposizione è profonda e precisa, oggettiva ed imparziale, semplice e chiara, con un sicuro intuito dell'essenziale e in un latino elegante.
Sul proprio tempo il beato scrisse in modo molto circostanziato. E' probabile che, nonostante le sofferenze e il lavoro, egli debba aver viaggiato molto. Dal discepolo Bertoldo, che ne continuò la Cronaca Universale, venne lodato come paziente, pieno di carità, obbediente, puro, savio, sempre dedito al lavoro e alla preghiera, compassionevole, gentile, come un uomo che si ritenne sempre un peccatore e pensò sempre alla morte. Ancora oggi viene ammirata l'opera da lui compiuta, tanto più che ebbe una vita breve, poiché morì all'età di quarantun anni, il 24 settembre 1054. Venne sepolto ad Altshausen, ma la sua tomba è oggi sconosciuta. Se ne conservano reliquie ad Altshausen, a Zurigo ed altrove. Nel calendario benedettino è ricordato come beato, ma è una celebrazione dovuta al Bucelino. Il vescovo di Friburgo dichiarò inammissibile il culto pubblico verso Ermanno come beato, ma permise la continuazione del culto nel territorio in cui fino allora vigeva.
Rappresentazioni di Ermanno sono nel coro di Zwiefalten e ad Andechs; in un dipinto del soffitto della distrutta chiesa di Montecassino era raffigurato come Doctor marianus.

Autore: Gebhard Spahr

Fonte:
Irapuato