Mons. Viganò non è sull'orlo dello scisma - Maria Guarini

Mons. Viganò non è sull'orlo dello scisma. Molti nodi stanno venendo al pettine

Molti nodi stanno venendo al pettine. Lo dimostra l'excursus di Sandro Magister, su recenti mosse e interventi pubblici di mons. Viganò, in chiave di lettura critica ma senza entrare nel merito; in definitiva sulla scia dell'intervento del card. Brandmüller, già analizzato qui e qui, che Magister riprende in conclusione. (Qui l'indice dei numerosi articoli in tema)

In realtà l'arcivescovo Viganò non tace sulla grave crisi che stiamo attraversando, cogliendone i molteplici risvolti non solo sul fronte ecclesiale mentre cerca di risalirne alle radici. Alcuni dei suoi interventi più recenti finalmente hanno rotto il muro di omertà su una, tanto enfatizzata e data per scontata quanto falsa, infallibilità del Vaticano II e relative conseguenze sempre più ineludibili.

Cito Magister:

Benedetto XVI nel 2011 lo promosse a nunzio apostolico negli Stati Uniti. Il mite papa teologo non poteva certo immaginare, nove anni fa, che l’arcivescovo Carlo Maria Viganò – dal 2016 tornato a vita privata ma tutt’altro che nascosta – l’avrebbe oggi incolpato d’aver “ingannato” la Chiesa intera dando a credere che il Concilio Vaticano II fosse immune da eresie e, anzi, andasse letto in perfetta continuità con la vera dottrina di sempre.
Perché proprio questa è la vetta a cui è arrivato Viganò in questi giorni, in capo a un crescendo martellante di denunce delle eresie della Chiesa di questi ultimi decenni, con alla radice di tutto il Concilio, da ultimo in un botta e risposta con Phil Lawler, direttore di CatholicCulture.org. [qui]
Attenzione: non il Concilio male interpretato, ma il Concilio in quanto tale e in blocco. Nei suoi ultimi interventi pubblici, infatti, Viganò ha respinto come troppo timida e vacua persino la pretesa di alcuni di “correggere” il Vaticano II qua e là, nei suoi testi a loro giudizio più smaccatamente eretici, come la dichiarazione “Dignitatis humanae” sulla libertà religiosa. Perché ciò che deve essere fatto una volta per tutte – ha ingiunto – è “lasciarlo cadere ‘in toto’ e dimenticarlo”.
Naturalmente con la parallela “cacciata dal sacro recinto” di tutte quelle autorità della Chiesa che, identificate come colpevoli dell’inganno e “invitate ad emendarsi”, non si ravvedessero.
Secondo Viganò, ciò che dal Concilio in poi ha snaturato la Chiesa è una sorta di “religione universale di cui fu prima teorizzatrice la Massoneria”. E il cui braccio politico è quel “governo mondiale fuori da ogni controllo” perseguito dai poteri “senza nome e senza volto” che ora piegano ai loro interessi anche la pandemia del coronavirus.
Lo scorso 8 maggio, a un appello di Viganò contro questo incombente “Nuovo Ordine Mondiale” hanno incautamente apposto le loro firme anche i cardinali Gerhard Müller e Giuseppe Zen Zekiun.
Così come a una successiva lettera aperta di Viganò a Donald Trump – da lui invocato come guerriero della luce contro il potere delle tenebre che agisce sia nel “deep state” che nella “deep Church” – ha risposto entusiasta lo stesso presidente degli Stati Uniti, con un tweet divenuto virale.
Ma tornando al temerario atto d’accusa sferrato da Viganò contro Benedetto XVI per i suoi “fallimentari tentativi di correzione degli eccessi conciliari invocando l’ermeneutica della continuità“, è doveroso ridare la parola proprio all’accusato.
L’ermeneutica della continuità – o con più esattezza: “l’ermeneutica della riforma, del rinnovamento nella continuità dell’unico soggetto Chiesa” – è infatti la chiave di volta dell’interpretazione che Benedetto XVI ha dato del Concilio Vaticano II, nel memorabile suo discorso alla curia vaticana della vigilia di Natale del 2005, primo anno del suo pontificato. [fine citazione Magister, Continua qui]


Per quanto mi riguarda ho sentito e condiviso tutti gli interventi di mons. Viganò sopra ricordati ed altri ancora. Ma qui mi soffermo specificamente sul tema dell'ermeneutica della riforma di cui al pluricitato discorso di Benedetto XVI del 2005 [qui].

È un discorso che parte da lontano e va assolutamente riletto per intero perché si torna a parlare - con significative puntualizzazioni - del concilio, del paraconcilio e del tentativo di Ratzinger di porre rimedio ad un supposto "tradimento" del concilio stesso.

Fu de Lubac in primis a riconoscere che, in realtà, il cosiddetto 'para-concilio' - detto anche concilio mediatico - ha di fatto influenzato temi quali il primato pontificio e il rapporto della Chiesa con il mondo. Significativi i richiami all'influsso dei soliti noti novatori inopinatamente protagonisti dell'Assise (Chenu, Congar, Rahner) insieme alle menate degli ideologi della scuola di Bologna ed all'azione di fronda dell'“Alleanza europea” (la riconosciuta “Alleanza renana” del discorso del febbraio 2013 di Benedetto XVI). Molti i riferimenti ad aspettative considerate dissolte già all'epoca, in itinere, da altri protagonisti, come Henri de Lubac e Hans Urs von Balthazar, coinvolti, questi ultimi, nel tentativo di Joseph Ratzinger del 1972, di contrapporsi, attraverso la rivista internazionale Communio, a Concilium, su cui scrivevano e diffondevano le loro idee Karl Rahner, Yves Congar, Edward Schillebeeckx. Fu von Balthazar a coniare, nel 1985, l'espressione ottimismo americano:[1] l'ottimismo definito a priori da Bernard Dumont [qui] e l'ottimismo ingenuo secondo mons. Gherardini [2], ormai riconosciuto da tutti gli analisti meno allineati.

Non a caso, fin dai primi tempi dell'attuale pontificato, è stato proprio Concilium e ciò che rappresenta ad assurgere a nuova efficace attualità. Anni fa analizzavamo il fascicolo di febbraio 2014 che titolava: Dall’“anathema sit” al “Chi sono io per giudicare?”, prendendo le mosse dalla famosa frase di Bergoglio sull’omosessualità: «chi sono io per giudicare», detta sull'aereo ai giornalisti, nel luglio 2013. Dalla nuova vulgata ivi esposta - che ormai sostituisce all'ortodossia una prassi sempre innovata e innovatrice - si deduce che le formule e i dogmi non possono comprendere l’evoluzione storica, ma ogni problema va collocato nel suo contesto storico e sociopolitico. Il concetto di ortodossia va superato, o quanto meno ridimensionato, perché, viene utilizzato come “punto di riferimento per soffocare la libertà di pensiero e come arma per sorvegliare e punire”... L'ortodossia è definita come “una violenza metafisica”. Ed è per questo che al primato della dottrina va sostituito quello della prassi pastorale[3].

Sulla posizione di Benedetto XVI che ribadisce la tesi secondo cui un Concilio virtuale, imposto dagli strumenti di comunicazione, avrebbe tradito il Concilio reale, viene richiamato sia il celebre discorso alla curia del 22 dicembre 2005 [qui], sia l’ultimo, non meno significativo, del 14 febbraio 2013 al clero romano [qui, da noi ripreso qui a proposito della Liturgia]. Osservo che è su questa linea che si muove Magister insieme a tutto l'establishment ma che la stessa linea manifesta ogni giorno di più la sua debolezza. E tuttavia c'è chi sostiene che l’opera di revisione storica e teologica avviata negli ultimi anni del pontificato di Benedetto XVI avrebbe aperto una nuova pista storico-ermeneutica.

A suo tempo registravamo, dal fronte francese, la posizione di don Laurent Jestin (Catholica 117/Autunno 2012) che, nel sollevare la questione del Punto morto delle ermeneutiche [qui], riconosce che il discorso di Benedetto XVI ha prodotto effetti liberatori, ma richiede di essere vieppiù precisato e risolto non solo teoricamente perché la posta in gioco è molto alta. Nello stesso tempo dalla FSSPX mons. Gleize traeva le sue conclusioni nella sua qualità di membro della commissione della Fraternità S. Pio X per le discussioni con Roma: Una questione cruciale: il valore magisteriale del Concilio Vaticano II [qui].

A questo riguardo mi sono sempre stupita come mai tanti degli studiosi, da tempo così attenti nelle analisi storiche e anche teologiche, su questo punto continuino ad ignorare una reiterata valutazione, che ritengo una ineludibile chiave di lettura, senza la quale non è possibile comprendere appieno quanto sta accadendo e che ogni giorno si dipana, nuovo e dirompente, sotto i nostri occhi. E dunque ripropongo una riflessione già sviluppata su queste pagine, ma sempre attuale.

Attualmente il problema non è solo ermeneutico, è molto più profondo, perché vede di fronte due concezioni diverse del magistero, frutto di una vera e propria rivoluzione copernicana, collegata con una nuova concezione di Chiesa nata dal concilio, che ha spostato il fulcro di ogni cosa dall’oggetto al soggetto. In fondo è una delle molte facce ed espressioni della nuova antropologia introdotta dal concilio, passata dal teocentrismo all'antropocentrismo [Gaudium et spes -qui- un testo di Mons. Gherardini]: un uomo centrato su se stesso e non più fontalmente orientato a Dio con le innumerevoli implicazioni, anche in campo liturgico, sviluppate altrove. Frutto dello storicismo, del personalismo e di ogni altra spinta modernista, che hanno nutrito la Nouvelle Théologie che la sta facendo tuttora da padrona, in una Chiesa non più docente ma dialogante. La nuova concezione emerge anche nell'affermazione del citato discorso del 22 dicembre che contrappone all'ermeneutica della discontinuità «l'“ermeneutica della riforma”, del rinnovamento nella continuità dell'unico soggetto-Chiesa». Una breve premessa e considerazioni conseguenti[4].

1. Il Magistero bimillenario della Chiesa può dirsi ‘vivente’ nel senso di vivo e vitalizzante perché trasmette secondo i bisogni di ogni generazione - curandone l'integrità nella sostanza: eodem sensu eademque sententia - il Depositum fidei della Tradizione Apostolica, fondamento oggettivo, dato per sempre, pur se sempre ulteriormente approfondito e chiarito nelle sue innumerevoli ricchezze.

2. Il magistero attuale si dice invece vivente, in senso storicistico, perché portatore dell'esperienza soggettiva della Chiesa di oggi (che sarà diversa in quella di domani) essendo sottoposta all'evoluzione determinata dalle variazioni contingenti legate alle diverse epoche.


Il ruolo del magistero – ha detto Benedetto XVI oggi Papa emerito – è di garantire la continuità di una esperienza, è lo strumento dello Spirito che alimenta la comunione «assicurando il collegamento fra l'esperienza della fede apostolica, vissuta nell'originaria comunità dei discepoli, e l'esperienza attuale del Cristo nella sua Chiesa». E ancora: «...Concludendo e riassumendo, possiamo dunque dire che la Tradizione non è trasmissione di cose o di parole, una collezione di cose morte. La Tradizione è il fiume vivo che ci collega alle origini, il fiume vivo nel quale sempre le origini sono presenti » [5]. L'enunciato è tratto da una stupenda catechesi; ma il problema sta nel fatto che le cose o parole definite “collezione di cose morte”, nella vulgata modernista vengono riferite al “magistero perenne” che sarebbe diventato “cosa morta” da sostituire col magistero “vivente”, identificato con quello attuale. In tal modo viene conferita al magistero una prerogativa che non gli è propria: quella di essere sempre riferito al “presente”[6], con tutta la mutevolezza e precarietà propria del divenire, mentre la sua peculiarità è quella di essere, nel contempo, passato e presente, trasmettendo una Verità rivelata che, pur inverata nell’oggi di ogni generazione, appartiene all’eternità. Altrimenti cosa trasmette la Chiesa a questa generazione e a quelle future: solo un’esperienza soggettiva? Mentre le è proprio esercitare una funzione sempre in vigore, il cui atto è definito attraverso l'oggetto, ovvero attraverso le verità rivelate e tramandate.

Insomma è cambiato il cardine su cui si fonda la Fede e la sua trasmissione, spostato dall'oggetto-Rivelazione al soggetto-Chiesa/Popolo di Dio[7] pellegrina nel tempo e di fatto trasferito dall'ordine della conoscenza a quello dell'esperienza, evidenziato dal primato del sentimento, o addirittura della sensazione o del sensazionalismo, sull'intelletto. Il cuore umano è diventato sentimento: nulla a che fare con il cuore biblico, cioè con l'interiorità profonda, il 'luogo' delle scelte fondamentali e, oggi, in nome del vangelo tutto diventa sdolcinato sentire, emozione, percezione soggettiva. Da conseguenza a punto di partenza. È il frutto della dislocazione della Santissima Trinità, come illustra 'sapientemente' Romano Amerio:

« Alla base del presente smarrimento vi è un attacco alla potenza conoscitiva dell’uomo, e questo attacco rimanda ultimamente alla costituzione metafisica dell’ente e ultimissimamente alla costituzione metafisica dell’Ente primo, cioè alla divina Monotriade. [...] Come nella divina Monotriade l’amore procede dal Verbo, così nell’anima umana il vissuto dal pensato. Se si nega la precessione del pensato al vissuto, della verità alla volontà, si tenta una dislocazione della Monotriade »[8]. Intuibile il sovvertimento della realtà che ne deriva [qui].

Il problema della continuità, vista nell'unico soggetto-Chiesa e non nell'oggetto-Rivelazione inverato dalla Chiesa di ogni tempo, appare in tutta la sua gravità, proprio decriptando l'assunto del fondamentale discorso del 22 dicembre 2005. Occorre, invece, portare l'eternità in ogni presente della storia e non sottrarre la storia all'oggettiva feconda pregnanza della Verità eterna, che è da sempre e per sempre e non si evolve, ma ci è data perché siamo noi a doverci evolvere.

Ed è proprio da qui che nasce e per questo rischia di continuare - senza esiti (finora, tranne che per il dibattito innescato da mons. Viganò) - il dialogo tra sordi, perché gli interlocutori usano griglie di lettura della realtà diverse: il Vaticano II, cambiando il linguaggio [qui], ha cambiato anche i parametri di approccio alla realtà. E capita di parlare della stessa cosa alla quale, tuttavia, si danno significati diversi. Tra l'altro la caratteristica principale dei gerarchi attuali è l'uso di affermazioni apodittiche, senza mai prendersi la briga di dimostrarle o con dimostrazioni monche e sofiste. Ma di dimostrazioni non hanno neppure bisogno, perché il nuovo approccio e il nuovo linguaggio hanno sovvertito tutto ab origine. E il non dimostrato dell'anomala pastoralità priva di principi teologici definiti è proprio ciò che ci toglie la materia prima del contendere. È l'avanzata del fluido cangiante dissolutore informe, in luogo del costrutto chiaro, inequivocabile, definitorio, veritativo: l'incandescente perenne saldezza del dogma contro i liquami e le sabbie mobili del neo-magistero transeunte.

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1. 30 giorni: “Viaggio nel post-concilio”, a cura di A. Scola, Edit, Milano 1985
2. Brunero Gherardini, Il Vaticano II. Alle radici di un equivoco, Lindau 2012, pag.195 [qui]
3. Concilium, 2/2014, p. 11
4. Maria Guarini, La chiesa e la sua continuità. Ermeneutica e istanza dogmatica dopo il Vaticano II, Ed. DEUI, 2012 - Estratto dal punto 3. Cap.4.
5. Benedetto XVI, La comunione nel tempo: la Tradizione, Catechesi del 26 aprile 2006 [qui]. Citato da don Michel Gleize, membro della commissione della Fraternità S. Pio X per le discussioni con Roma. In: Una questione cruciale: il valore magisteriale del Concilio Vaticano II [qui]
6. Vedi anche l'affermazione del papa attuale: «Il Vaticano II è stato una rilettura del Vangelo alla luce della cultura contemporanea» (Intervista rilasciata a La Civiltà Cattolica/sett.2013. Pensiero ripreso, tra l'altro, anche per le implicazioni riguardanti il disprezzo per il Rito Antico qui)
7. Questa definizione, generica, – di conio tutto Conciliare e dal sapore vetero-testamentario – di “popolo di Dio”, tende a sostituire quella più forte, specifica e identitaria di “Corpo mistico di Cristo”.
8. Romano Amerio, Iota unum. Studio delle variazioni della Chiesa cattolica nel secolo XX [qui], Lindau 2009, pag.315
Maurizio Muscas
Che delusione la normalizzazione del Magister
Miles - Christi
È davvero un peccato. Preghiamo per lui, affinché non si lasci vincere dalla correttezza politica
Miles - Christi
Per maggiori informazioni sulle innumerevoli eresie e blasfemie di Francesco, si può consultare i libri: L’impostura bergogliana: I. Cronache di un empio e L’impostura bergogliana: II. La misura è colma!, pubblicati dalle Éditions Saint-Remi in quattro lingue (italiano, inglese, francese e spagnolo): saint-remi.fr/fr/35-livres - www.amazon.fr/Boutique-Kindle-Miles-Christi/s