Francesco I
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Il pontificato di Francesco è un dono straordinario della Divina Provvidenza !

Gli osservatori più acuti degli affari vaticani — d’accordo, non esageriamo: anche le persone più tiepide con un pizzico di coscienza — sanno da molti anni che non ci si può aspettare che Papa Francesco, essendo la causa principale dei problemi che tribolano la Chiesa, sia un artefice fondamentale nella loro soluzione. In tutti i casi, compreso quello degli abusi sessuali da parte di religiosi e quello rappresentato dalla morsa mortale esercitata dai prelati progressisti. Ogni mese che passa constatiamo che si tratta semplicemente di ordinaria amministrazione per il pontefice peronista.

Ma come hanno sottolineato molti autori, nonostante tutte le sue pecche, questo pontificato è stato un dono eccezionale che la Divina Provvidenza ci ha offerto. Sì, possiamo affermarlo con certezza, perché Francesco ha messo a nudo al di là di ogni passato e ragionevole (o irragionevole) dubbio — possiamo dire che ha addirittura esasperato — la bancarotta totale del “Cattolicesimo Vaticano II”, con tutta la sua liturgia edulcorata, con la sua opposizione poco seria al mondo, alla carne e al diavolo e con i suoi continui compromessi con le forze dominanti del progressismo.
Tutti sanno a cosa mi riferisco. Un tempo ero uno di quegli studiosi talmudici che cercavano la quadratura del cerchio all’interno di ognuno dei sedici documenti del Concilio. Apprezzavo la loro ortodossia testuale ma biasimavo il fatto che venissero travisati o distorti da sabotatori. Pensavo che una mentalità cattolica fedele facesse cominciare le proprie frasi sempre con “se solo...”: “se solo la nuova liturgia fosse celebrata adeguatamente...”; “se solo tutti fossero concordi nel seguire l’insegnamento del grande papa polacco...” (e, più tardi, “il grande papa tedesco”).

Questo era il mio atteggiamento. In seguito mi sono trasferito in una dimora molto più grande e più bella chiamata Cattolicesimo tradizionale. Ero stanco di vivere nell’edificio eretto dall’unico concilio ecumenico che non ha emanato né definizioni né condanne solenni, un edificio apparentemente più ecologico e a più alta efficienza energetica ma in realtà fragile, pieno di spifferi, fosforescente, infestato dagli insetti e in processo di sbriciolamento. Grazie a studi dettagliati di autori come Wiltgen, Davies, Amerio, Ferrara, De Mattei e Sire mi sono reso conto che i sabotatori non avevano agito dopo il Concilio, ma all’interno del Concilio, dirottandolo verso il progressismo e il modernismo cui anelavano segretamente e piazzando deliberatamente “bombe ad orologeria” all’interno dei documenti: frasi ambigue che potevano essere rigirate in un modo o in un altro, fatto che succedeva puntualmente nel contesto della perenne disputa territoriale tra progressisti e “conservatori” di ogni conio, a ogni livello.

Mi sono reso conto del fatto che il problema era la nuova liturgia in sé, nei suoi libri ufficiali, nei suoi testi e nelle sue regole, e non solo l’ovviamente pessimo modo in cui veniva “celebrata” in tutto il mondo. Nemmeno il nuovo Catechismo, con tutta la sua verbosità e il suo oltrepassare punti difficili come il primato del marito all’interno del matrimonio, era la soluzione magica; in realtà, era stato recentemente degradato allo stato di stagno in cui potesse riflettersi l’immagine del Narciso regnante, il che gli conferisce più o meno lo stesso valore di un’intervista rilasciata su un aeroplano. Soprattutto, mi sono reso conto del fatto che “seguire semplicemente il papa” in qualsiasi direzione si muovesse, per terra, per mare o per i cieli, non solo non è la soluzione, ma gran parte del problema.

E qual è il problema? L’eclisse contemporanea di qualsiasi idea coerente di cosa sia, sia stato e sempre sarà il Cattolicesimo, un’eclisse volontaria, giacché “gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie” (Gv 3, 19).

La liturgia che ci è stata data da Paolo VI, un regalo dell’Arcivescovo Bugnini e del suo insuperabile Consilium, è veramente una liturgia edulcorata che non può sostenere il peso della gloria di Dio o soddisfare le grandi esigenze dell’anima umana. È l’unica che molte persone — che mi ricordano le fotografie in bianco e nero di gente in fila per una crosta di pane nell’Unione Sovietica — conoscono. Nelle epoche passate, la liturgia della Chiesa non ha offerto questo al suo popolo, bensì un banchetto regale, le delizie del re, uno scampolo di cielo, la compagnia degli angeli e dei santi. Con questo non voglio asserire che la liturgia preconciliare sia sempre stata perfetta — sappiamo tutti che non lo era —, ma che i riti della Chiesa racchiudevano in sé una densità e una bellezza che rendevano sempre possibile e frequentemente raggiungibile una ricca vita liturgica. I cattolici contemporanei che sono tornati alla liturgia tradizionale si chiedono spesso con sorpresa: “Ci avevano privato di tutto questo?!”. Ebbene sì: questa incomparabile scuola di preghiera, questo bastone di appoggio inflessibile per sostenere le nostre debolezze, questa bellezza confortevole che risveglia nelle nostre anime terrene il desiderio del cielo — tutto questo ci era stato tolto da persone che sapevano perfettamente cosa stavano facendo e perché.

Montini con i sei consiglieri protestanti per la riforma della "messa"

Qui sopra ho parlato di “opposizione poco seria al mondo, alla carne e al diavolo”. È questo il marchio del cattolicesimo postconciliare. Opporsi al mondo? No, dobbiamo dialogarci, comprenderlo, simpatizzarci, arrivarci a compromessi, farci causa comune, riciclare la sua immondizia e adottare i suoi slogan. Sono sparite tutte le antiche preghiere della Messa che parlano del combattimento spirituale, dell’inganno del maligno, della necessità di esercitare una violenza ascetica contro la nostra natura decaduta. Tutto è stato smussato per riconoscere la bontà di ogni cosa e di tutti (chi è cattivo lo è solo perché non sa di essere buono).

I potenti esorcismi che esistevano dai tempi apostolici — poiché erano basati sulla verità rivelata della sudditanza del genere umano al regno di Satana dopo la caduta e della necessità dei cittadini del cielo di essere strappati dalla sua influenza — sono stati espunti dal rito battesimale. I giorni di digiuno e di astinenza sono stati aboliti a destra e a manca; le antiche tradizioni, invece di essere rinnovate (come pretendevano i propagandisti), sono state ignorate, tacciate di superstizioni e gettate via. L’unica direzione era verso il basso: dispensare, semplificare, abbreviare, abolire.

Per quanto riguarda il controllo di sé, la morale sessuale del popolo cristiano in tutto il mondo — specialmente nell’Occidente, da cui i documenti e le riforme conciliari sono stati emanati — è al livello più basso di sempre, non solo a causa dell’intensità senza precedenti della rivoluzione anti-autoritaria del 1968, ma ancor più per via di una drammatica perdita di fede nella verità salvifica e nel potere liberatore dei comandamenti di Dio.

Oggi, nel 2018, stiamo mietendo i frutti marci di questa perdita di fede, di questa mancanza di controllo di sé, di questo abbandono di ogni ascetismo e di lotta in difesa della visione cristiana della vita, di questo folle ottimismo che è colato all’interno della Chiesa degli anni Sessanta procreando il rampollo demoniaco del “Cattolicesimo Nietzscheano”. Si è continuato incessantemente a scendere a compromessi con le forze regnanti del progressismo, a svignarsela dai precetti del Vangelo, a sopprimere verità scomode e l’amor di Dio a gloria di Dio Stesso e al di sopra di tutte le cose. Il risultato è la venerazione del nulla, il nichilismo concentrato nell’immagine indelebile di un sacerdote — divenuto più tardi un cardinale di Santa Romana Chiesa — che abusa un ragazzo che risulta poi essere la prima persona che ha battezzato due settimane dopo la sua ordinazione.

Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno combattuto a lungo la buona battaglia contro questa reinterpretazione rivoluzionaria del cristianesimo, ma dopo gli incontri interreligiosi di alto profilo, i baci al Corano, le interviste chilometriche con risposte dialettiche a tutte le domande ed altri sintomi del genere, ho perso la mia fiducia in loro come pastori, per quanto potessi solo ammirare i loro scritti filosofici e teologici (che, comunque la si voglia mettere, non sono il compito principale di un papa). È stato uno shock per il sistema rendersi conto che questi papi, pur essendo animati da buone intenzioni, più che nuotare nell’oceano della Tradizione stavano galleggiando in una bevanda in polvere: l’unica differenza consisteva nel fatto che erano abbastanza forti da non andare a fondo e gridare al cielo chiedendo aiuto di quando in quando invece di affogare e precipitare nel fondo come una pietra miliare con un cardinale legato al collo.

Gli ultimi cinque anni non sono una catastrofe improvvisa, nata dal nulla; sono il succo concentrato degli ultimi cinquant’anni, l’ultimo atto di una tragedia che è aumentata di proporzioni fino ad arrivare al momento attuale. Bergoglio è il distillato delle peggiori tendenze di Roncalli, Montini, Wojtyła e Ratzinger, senza nessuna delle loro qualità positive; è un modernista impenitente. Così come in politica il movimento conservatore è un progressismo al rallentatore, nella fede il cattolicesimo postconciliare è un modernismo al rallentatore. Quanto prima ci se ne accorgerà, tanto prima si potrà respingere il tortuoso e pestilenziale esperimento di aggiornamento in favore di un’adesione inequivoca alla Fede Cattolica nella sua liturgia plurisecolare e perennemente giovane, nella sua dottrina maestosamente armoniosa e completa, nella sua morale che redime la vita esigendo uno sforzo totale.

Non dimentichiamo che tanto Giovanni Paolo II quanto Benedetto XVI hanno partecipato agli incontri di Assisi; che nessuno dei due ha mai messo in questione la legittimità dell’“abbattere i muri”, del “volgersi al mondo” e dell’adesione alla modernità che è stata il tratto distintivo del Vaticano II; che entrambi da una parte hanno incoraggiato il femminismo [1] e dall’altra hanno cercato di frenarlo; e che, soprattutto, hanno ordinato e promosso molti dei catastrofici vescovi e cardinali sotto la cui autorità stiamo oggi patendo, come mostra questo grafico:

Prelato
Ordinato vescovo da
Ordinato cardinale da

Theodore McCarrick
Paolo VI
Giovanni Paolo II
Angelo Sodano
Paolo VI
Giovanni Paolo II
Tarcisio Bertone
Giovanni Paoli II
Giovanni Paolo II
Pietro Parolin
Benedetto XVI
Francesco
William Levada
Giovanni Paolo II
Benedetto XVI
Marc Ouellet
Giovanni Paolo II
Giovanni Paolo II
Lorenzo Baldisseri
Giovanni Paolo II
Francesco
Ilson de Jesus Montanari
Francesco
--
Leonardo Sandri
Giovanni Paolo II
Benedetto XVI
Fernando Filoni
Giovanni Paolo II
Benedetto XVI
Dominique Mamberti
Giovanni Paolo II
Francesco
Francesco Coccopalmerio
Giovanni Paolo II
Benedetto XVI
Giovanni Lajolo
Giovanni Paolo II
Benedetto XVI
Vincenzo Paglia
Giovanni Paolo II
--
Edwin O’Brien
Giovanni Paolo II
Benedetto XVI
Renato Raffaele Martino
Giovanni Paolo II
Giovanni Paolo II
Donald Wuerl
Giovanni Paolo II
Benedetto XVI
Paul Bootkoski
Giovanni Paolo II
--
John Myers
Giovanni Paolo II
--
Kevin Farrell
Giovanni Paolo II
Francesco
Seán O’Malley
Giovanni Paolo II
Benedetto XVI
Oscar Rodríguez Maradiaga
Giovanni Paolo II
Giovanni Paolo II
Blase Cupich
Giovanni Paolo II
Francesco
Joseph Tobin
Benedetto XVI
Francesco
Robert McElroy
Benedetto XVI
--
Edgar Peña Parra
Benedetto XVI
--
John Nienstedt
Giovanni Paolo II
--
Jorge Bergoglio
Giovanni Paolo II
Giovanni Paolo II

(Fonte: Unam Sanctam)

Non è tutta colpa di Francesco, il quale, anche se sta buttando giù molto di quanto i suoi due predecessori hanno costruito, sta tristemente mietendo quanto essi hanno seminato. Alla fine, i responsabili del fatto che un conclave di cardinali abbia potuto votare per Bergoglio sono solo due: Wojtyła e Ratzinger. Più in generale, sono loro i responsabili del fatto che l’episcopato di tutto il mondo sia costituito da un’esigua minoranza di vescovi tradizionali (termine con cui alludo a vescovi che credono, pregano, insegnano e mettono in pratica la Fede Cattolica così come è stata insegnata, inter alia, dal Concilio di Trento) e da una vasta maggioranza di progressisti feroci, conservatori inefficaci e burocrati pennaioli. Se Giovanni Paolo II avesse dedicato meno tempo a fare la trottola per il mondo e a scrivere encicliche chilometriche, dense e oggi perlopiù dimenticate (con la brillante eccezione della Veritatis Splendor) e più tempo a tutti i suoi impegni più importanti — quello di controllare accuratamente le credenziali dei vescovi e di sceglierli in base a un’ortodossia dottrinale, una probità morale e una dedizione per la sacra liturgia provate, vescovi che non possedessero la benché minima macchia di progressismo o di lassismo —, oggi la Chiesa si troverebbe in una situazione molto meno drammatica. Lo stesso dicasi dell’amato ma assolutamente inefficiente professore diventato pontefice Benedetto XVI. È a causa della sua schiva personalità che una stravaganza perdonabile sia diventata un incubo l’11 febbraio 2013.

Questi due papi erano anche a conoscenza — come sappiamo ormai in modo sempre più dettagliato — di comportamenti malvagi nelle alte sfere e raramente hanno preso misure severe ed efficaci per sradicarli. Bergoglio esalta il vizio contro natura, ma i suoi predecessori lo hanno tollerato. Bergoglio promuove sfacciatamente quei nemici del cattolicesimo che i suoi predecessori avevano troppa paura di combattere.
* * *

Possiamo quindi dire, in conclusione, che in generale i cattolici credenti e praticanti si sono svegliati dal loro sonno dogmatico?

Speriamo sia vero. Purtroppo l’abilità della mente umana di ignorare la realtà anche quando ci sbatte il muso è sin troppo reale, e la capacità di bendare gli occhi e tappare le orecchie che le ideologie possiedono è non meno conosciuta. Ma per quanti hanno occhi per vedere e orecchie per intendere, la verità è venuta alla luce: la Fede Cattolica così come era creduta e vissuta dai nostri antenati; la Fede Cattolica che un immenso numero di testimoni hanno conosciuto e amato; la vera Fede Cattolica è qualcosa di completamente differente rispetto a quella oggi spacciata per autentica dal Vaticano. Quel che il nuovo regime offre è effimero, fragile, auto-contraddittorio e viene mantenuto in piedi con la forza.

Anche l’alternativa è chiara: la religione complessa ma internamente coerente insegnata dai Padri e dai Dottori della Chiesa; assaporata da monaci e mistici; autorevolmente proclamata da grandi concili; unanimemente codificata in centinaia di catechismi; e, soprattutto, incarnata luminosamente e con esultanza nei grandi riti liturgici d’Oriente e d’Occidente, il retaggio comune di tutti i cristiani ortodossi che venerano la tre volte santa Trinità nella catena ininterrotta della Tradizione.

Questo, e nient’altro, è il cattolicesimo. Non cercatelo dove non può essere trovato. Non vi sforzate e non vi rompete la testa cercando un modo di far coincidere le novità con la tradizione, perché è impossibile farlo. Non filtrate il moscerino mentre ingoiate il cammello. Prestate di nuovo orecchio all’unica vera Fede che le missioni hanno diffuso in tutto il mondo durante la Vecchia Evangelizzazione.

Di cosa c’è bisogno per liberare fino all’ultimo cattolico dall’ultima illusione a proposito della presunta “nuova primavera” del Vaticano II? Non lo so. Può darsi che solo la morte riscatterà alcuni dalle grinfie gelose del nuovo paradigma, ma esistono certamente molti segni del fatto che l’incantesimo — o forse è meglio dire il miraggio — stia svanendo, nella misura in cui molti tornano alla divina religione di Cristo.

L’era del Vaticano II che era ufficialmente cominciata nel 1962 è ufficialmente terminata nel 2018 con l’affaire McCarrick e col Viganògate. Cinquantasei anni di vita a tratti sfrenata e a tratti pigra hanno fatto venire il mal di cuore a questo simulacro umano della Chiesa e lo hanno fatto morire di arresto cardiaco. Seppelliamolo in suolo non consacrato, col vivo auspicio che possa rimanere nel silenzio della tomba e non sorgere mai più.
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[1] Per esempio, facendo sì che il Catechismo non contenga alcun riferimento al ruolo di guida del marito, nonostante il fatto che nel Nuovo Testamento ciò sia insegnato più frequentemente di molte altre dottrine della nostra fede, approvando l’uso del servizio delle donne all’altare, o preservando l’abitudine di far loro proclamare le letture durante la Messa, venendo meno a duemila anni di tradizione universale di retaggio apostolico nella chiesa.

Fonte: teologo tomista Peter Kwasniewsky
ISTRUZIONE CATTOLICA


La chiesa dello "squilibrio":