Le buone cose di perfetto gusto nella liturgia di sempre

di Cristina Siccardi
Forse papa Francesco non è sufficientemente informato di come stanno andando le cose con la liturgia cattolica… o forse sì, e allora continua ad essere allarmato, nonostante le sue reprimende continue, con documenti, azioni e discorsi. Il nuovo Rito, quello di stampo ecumenico, entrato in vigore nel 1969 e degenerato via via negli anni, conosce sempre più defezioni, e con il trascorrere del tempo la questione peggiora perché le “vecchine” di un tempo con il rosario in mano sono sparite… sostituite dalle “vecchine” che sono ex-giovani sessantottine, femministe “cattoliche” che prendono possesso di canoniche e presbiteri e che pretendono di dettar legge in materia di catechesi e nei consigli pastorali.
Con il rito di sempre, la Messa apostolica, che non ha avuto cesure nel corso della storia fino a quando un gruppo di rivoluzionari ha stravolto tutto, le cose vanno assai diversamente e assai bene, nonostante il persecutorio motu proprio Traditionis custodes del luglio di un anno fa. Anzi, proprio con questo documento pontificio, sommato ai due anni di pandemia e alle derive in cui è giunto l’Occidente in politica, cultura, propagande ideologiche e pedagogiche, come per esempio gli infernali Gay pride, di cui abbiamo avuto un orrendo esempio blasfemico in questi giorni a Cremona, nelle chiese dove si è attenti agli arredi e paramenti sacri per una liturgia all’onor di Dio e delle anime si riempiono a vista d’occhio.
Così, invece di prendere delle decisioni correttive per tutelare il gregge dai peccati, dalle menzogne e dalle brutture, il Pontefice bacchetta i sacerdoti che indossano degni paramenti sacri per celebrare degnamente i sacri misteri.
Nel suo ultimo incontro con i vescovi della Sicilia, tenutosi il 9 giugno scorso, il Papa si è rivolto loro con queste parole: «Io non vado a Messa lì, ma ho visto delle fotografie. Io parlo chiaro, eh? Ma carissimi, voi ancora i merletti, le monete …: ma dove stiamo? Sessant’anni dopo un Concilio? Un po’ di aggiornamento anche nell’arte liturgica, nella moda liturgica! Sì, alle volte portare qualche merletto della nonna va, ma alle volte … È’ per fare un omaggio alla nonna, no? Avete capito tutto, no?, avete capito. È bello fare omaggio alla nonna, ma è meglio celebrare la madre, la Santa Madre Chiesa, e come la Madre Chiesa vuole essere celebrata. E che la insularità non impedisca la vera riforma liturgica che il Concilio ha mandato avanti. E non rimanere quietisti».
Papa Bergoglio pensa che ci siano sacerdoti che non si siano aggiornati in più di 60 anni di postconcilio… ciò non solo deve far riflettere, ma pone il rinnovamento conciliare di fronte ad uno specchio, che impietosamente riflette deficienze e pessimi risultati conseguiti; mentre esiste contemporaneamente, fin dall’inizio della rivoluzione (compresa quella liturgica) una resistenza restaurativa cresciuta e irrobustitasi nel tempo.
Oggi le chiese cattoprotestanti si svuotano e si riempiono quelle tradizionali grazie soprattutto al Vetus Ordo e ai suoi “merletti”, un rito mai abrogato e liberalizzato nel luglio del 2007 con il motu proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI. Da nord a sud d’Italia, come in tutti i Paesi del mondo in cui si celebra, chiese e cappelle sono piene di fedeli. Con Traditionis custodes si è cercato di decapitare questa “moda”, ma non si è riusciti: è montante ormai la richiesta per avere questa liturgia che si sposa alla perfezione con la Verità e la Libertà della sana dottrina cattolica, non intossicata dalle idee relativiste.
La bellezza nella liturgia è una realtà intrinseca al rito della Messa, in quanto è tenuta a rispettare la bellezza divina e, allo stesso tempo, a rendere gloria a Dio attraverso il gusto di ben allestire gli altari e di vestire il sacerdote con paramenti adeguati al suo eccelso ministero. L’amica di nonna Speranza con «le buone cose di pessimo gusto» di Guido Gozzano non c’entrano nulla: quelle cose che un tempo arredavano le case e guarnivano i colletti erano semplicemente legate al loro tempo, mentre le manifestazioni liturgiche, fatte di parole, gesti, corredi d’altare, paramenti sacri, appartengono ad un modo di essere sacerdoti (identità) e di essere della Santa Messa (dono di Dio), perché, a differenza del Novus Ordo, che è un prodotto studiato a tavolino da una Commissione liturgia che volle simpatizzare con i riti protestanti, il Vetus Ordo, con il corrispettivo vestiario, è un capolavoro che è proseguito senza soluzione di continuità, cesello dopo cesello, gemma dopo gemma, come una cattedrale magnificente dove è evidente l’ispirazione divina discesa nella ragione e volontà umana per realizzare un’Opera di Dio.
Nessun omaggio, quindi, a nonna Speranza, ma il desiderio di utilizzare tessuti impreziositi dal lavoro umano per nobilitare gli atti di Grazia dei sacramenti, che non sono realtà umane, ma realtà celesti compiute da uomini ontologicamente divenuti superiori ai comuni mortali in virtù dell’ordinazione sacerdotale. Altrimenti sarebbe inutile la Messa e inutili i sacerdoti, come accade nel protestantesimo, dove il soprannaturale è stato cancellato per dare unicamente spazio all’orizzontalità del sociale… Ecco, allora, che molti uomini di Chiesa veterocomunisti sono vecchi, noiosi, stanchi, proprio come le «vecchie cose di pessimo gusto», quel gusto rivoluzionario che pauperizza e sminuisce ciò che è alto e imponente, ciò che troneggia e s’innalza: la Maestà divina, di fronte alla quale si è tenuti ad avere comportamenti idonei e a vestirsi bene, compresi i fedeli.
Il Vaticano II e il sessantotto hanno voluto schiacciare, mettere da parte, fare a meno della Maestà di Dio per sostituirla con i “diritti” antropocentrici, sganciandosi dai sacri doveri verso la Santissima Trinità. Tuttavia la Verità è viva e rimane perché è eterna, con buona pace dei suoi detrattori.
Il corretto e di buona fattura corredo sacerdotale, che comprende amitto, camice, cingolo, stola, pianeta, cotta, dalmatica, velo omerale e piviale, rispetta innanzitutto Nostro Signore, rispetta la casa di Dio (la chiesa) e rispetta il dovere di stato del prete, trasmettendo nel contempo ai fedeli, piccoli e grandi, il giusto rispetto che va mantenuto quando si tratta di vivere in concreto il proprio Credo.
Nella Santa Messa si celebra Cristo che si va vittima sull’altare e non la Chiesa. È la Chiesa, attraverso il sacerdote, che celebra il Sacrificio di Cristo. I sacerdoti compiono l’Atto più Santo che possa esistere su questa terra e chi serve questo sublime Atto, ovvero i chierichetti, deve essere anch’egli adeguato, nell’abito, alla divina azione. Molti giovani hanno compreso tutto ciò. È sufficiente assistere ad una Santa Messa apostolica, ben diversa nei contenuti e nella forma da quella moderna, per accorgersi subito che non solo gli adolescenti, ma gli stessi bambini tacciono dall’inizio alla fine, rapiti dalla giusta liturgia, dagli idonei paramenti sacerdotali, dalle talari e dai rocchetti, dall’organo e dal coro… perciò tutto concorre ad elevare gli spiriti verso la bellezza celeste. È l’eterna giovinezza della tradizione della Chiesa che sa guardare, comunicare e toccare le anime, come sempre è avvenuto e come sempre avverrà, fino alla fine dei tempi.FacebookTwitterEmail

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