Fatima.
151

un’Eremita e la Comunione in Mano.

Marco Tosatti

Cerco di spiegare quello che ho capito, ma è successo talmente nel profondo che non so se riuscirò ad essere chiara.
Comunque ci provo.
Dovrò adoperare molte parole ed esempi, mentre la comprensione è stata velocissima, non mediata da ragionamenti o discorsi.
É chiaro che non posso riuscire a trasmettere quell’immediatezza, quindi lo faccio al modo umano, perché non ne ce ne sono altri alla nostra portata.
Se prima mi avessero chiesto le motivazioni per non prendere in mano l’ostia consacrata, avrei detto: perché solo le mani del sacerdote sono consacrate e lui agisce in persona Christi, inoltre i frammenti dell’ostia (anche se infinitesimali quindi non visibili a occhio nudo), che si perdono e cadono per terra, sono il Cristo intero. E queste considerazioni restano validissime anche ora, ma non sono ancora il cuore di tutto, sono motivazioni umanamente comprensibili, poi magari non condivise da tutti, ma accessibili alla ragione.
E su di esse si può discutere all’infinito.
Ma c’è una motivazione, quella che sta alla radice, che parte dall’inizio degli inizi, talmente soprannaturale che su di essa non si può discutere, o la si riceve o la si o rifiuta.
Per riceverla bisogna però avere molto vivo il senso del peccato originale, un senso che oggi manca alla quasi totalità dei cristiani perché, ripeto, occorre avere la percezione profonda del disastro cosmico che il peccato ha prodotto e della tragedia che ha significato per l’uomo e l’intera creazione.
Tutto parte da quel momento, e la Comunione nella mano ha la sua radice proprio lì.

Boccacci, Russo: un’Eremita e la Comunione in Mano.