Questo è il mio Sangue

Incarcerato negli anni ’80 nelle prigioni comuniste vietnamite, senza un preciso motivo se non l’odio di quel regime per il Benedetto Salvatore ed i suoi Ministri, il Cardinale se ne uscì tredici anni dopo con ancor più Fede di quando entrò.
Tanti altri Sacerdoti hanno vissuto l’esperienza del carcere in questi ultimi 2000 anni di storia cristiana. Ma questa è la storia del Cardinal François.
Astuto come un serpente e pacifico come una colomba, come ci insegnò il Redentore, si industriò per procurarsi del vino per la Consacrazione, dato che il pane e l’acqua erano disponibile, e ci riuscì.
Infatti i suoi amici spedirono del vino in carcere con su scritto: “ Necessario per la salute del vescovo”, o qualcosa di simile.
Il Cardinale potè dunque celebrare il Sacrificio per alcuni anni.
Trascurando il resto della bellissima storia che rimane di facile reperibilità, cosa ci insegna infine la sua vicenda?
Ci insegna che per la Consacrazione non è necessaria una chiesa in muratura.
Che i paramenti non sono necessari.
Che il Messale latino o in qualsiasi altra lingua non è necessario.
Che i fedeli che assistono non sono necessari.
Che i Diaconi non sono necessari.
Che i canti sacri non sono necessari.
Necessarie per la Consacrazione rimangono sempre e solamente le brevissime Parole del Benedetto Salvatore :” Questo è il mio corpo…Questo è il mio Sangue”.
E così fece il Cardinale per oltre un decennio.
Il Concilio di Firenze (1439) dichiara: “Tutti i Sacramenti sono resi perfetti da tre realtà: dagli elementi come materia, dalle parole come forma, e dalla persona del ministro che celebra il Sacramento con l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa: se una di queste manca, non si celebra il Sacramento”.
Non si intende minimamente svilire la bellezza unica di una Messa Solenne in latino, in una splendida Cattedrale con canti gregoriani, incenso e paramenti sacri , ma questa è la storia del Cardinal François, che morì un Lunedì del Settembre 2002.