Dal profeta Daniele: come vivere in questo mondo, nuova Babilonia (insegnamento prezioso)

Dal commento di don Dolindo Ruotolo al libro del profeta Daniele

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I giovinetti scelti tra i figli di Giuda erano quattro, e si chiamavano Daniele, Anania, Misael ed Azaria; Asfenaz, come si usava, cambiò loro il nome, chiamando Daniele Baltazzar, Anania Sadrach, Misael Mesach, ed Azaria Abdenego. Erano nomi di significato idolatrico, posti loro sia per non fare ascoltare nella reggia nomi stranieri, sia per far sentire loro nel nome degl’idoli nazionali il dominio sotto il quale si trovavano.

Stando all’etimologia che oggi si dà di quei nomi, si può dire che Asfenaz li abbia imposti perché colpito dalle speciali prerogative di ciascuno: Daniele doveva essere il più amabile, umile, saggio, ed attrasse la simpatia del capo, il quale volle dargli un nome augurale: Baltazzar: cioè: proteggi la sua vita, o Bel! Anania doveva essere più taciturno, e perciò lo chiamò Sadrach, cioè: comando del dio Aku, che era il simbolo della luna, quasi quella taciturnità pensosa ricordasse il solenne silenzio delle notti lunari.

Misael doveva avere il volto rotondo, e perciò lo chiamò Mesach, cioè: egli è come Aku, come la luna. Infine Azaria doveva stare col volto dimesso per la pena dell’esilio e della lontananza dai suoi cari, e il capo degli eunuchi lo chiamò Abdenego, cioè: adoratore del dio Nabu, quasi quell’atteggiamento mesto gli sembrasse un atto di culto e di preghiera.

Certo, quei giovinetti in quel momento passavano per una prova dolorosa che era per loro una tragedia, e non c’è da stupirsi che Asfenaz, nell’imporre loro un nome nuovo, fosse stato attratto dal loro atteggiamento particolare di bontà, di semplicità, di pena e di angustia. I giovanetti provarono dolore anche nel cambiamento del nome, ma non poterono impedire che chi li dominava li chiamasse a suo modo.

I loro nomi, posti loro dai genitori in un impeto di fede e d’amore a Dio, avevano un’armonia spirituale per l’anima loro: Daniele, significava mio giudice è il mio Dio, Anania, uomo accetto a Dio, Misael, uomo che è di Dio ed Azaria Dio mio aiuto; vedersi cambiati questi nomi soavi in quelli di accento idolatrico fu una grande pena, ma dovettero tacere.

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Daniele e i suoi, andati in Babilonia, ebbero mutati i nomi; avevano nomi santi e dovettero assumere un nome idolatrico; così avviene a chi vive nel mondo e sta nelle aule del male: senza volerlo, si vede rivestito di mondanità, poiché anche le anime più buone si macchiano dell’umana polvere. È necessario seguire l’esempio dei santi fanciulli e, pur dovendo vivere nel mondo, non dobbiamo assorbirne lo spirito. C’è sempre negli usi del mondo qualche cosa d’idolatrico, e chi ci vive corre pericolo di contaminarsi.

Alimentiamoci di penitenza e di mortificazione, e la nostra vita spirituale prospererà; Dio ci darà i lumi della celeste sapienza, e saremo più atti a contemplare le sue grandezze sulla terra e la sua gloria nel Cielo.

Confidiamo in Dio, quando ci troviamo in pericoli spirituali ai quali non abbiamo dato noi pretesto; possiamo stare tra le occasioni più gravi e non cadere nel peccato, perché Dio risponde alla nostra fiducia e ci libera. La fiducia in Dio e l’abbandono alla sua bontà è il mezzo più sicuro e la preghiera più efficace per avere veramente grandi grazie.

Se sapessimo chiudere gli occhi e abbandonarci a Dio, vedremmo grandi miracoli. Andiamo, dunque, avanti nel suo nome, e siamo sicuri che nulla di male può dominarci, quando affidiamo a Lui noi e tutto ciò che ci appartiene.