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Summorum pontificum: note a margine di un naufragio

“Pensiamo che la medicina della Verità non possa essere disgiunta dalla benevolenza: per questo vi scriviamo oggi, chiedendo di riflettere sull’attualità ecclesiale e di scegliere la via stretta dell’affermazione della Verità cattolica tutta intera, senza infingimenti e senza manomissioni. Questa scelta comporta una SEPARAZIONE, una DISLOCAZIONE dei cattolici di oggi in piccoli gruppi che si sforzino e combattano per mantenere un cattolico e vandeano “RITORNO AL BOSCO”, nell’attesa di poter tornare nelle Chiese oggi occupate dal culto dell’Uomo e delle sue passioni piuttosto che dal Culto divino”.

(Dalla “Lettera ai conservatori perplessi” pubblicata su Radio Spada il 23 ottobre 2015)

di Piergiorgio Seveso, presidente SQE di Radio Spada

Lo sapete, scrivo poco su Radio Spada per il semplice e ribadito motivo che la sua redazione è così ricca di talenti e di penne puntute che io posso aggiungere assai poco.

Oltretutto la mia posizione teologica (da sempre sedevacantista) mi rende forse poco adatto a commentare, anche perché poco incline ad appassionarmi a queste “terre mediane”, a queste case costruite in mezzo al guado (e al fiume) ma in questi giorni “storici” debbo vergare almeno due righe di commento alla pubblicazione del documento “pontificio” “Traditionis custodes”, aggiungendomi alla saggia intervista al Guelfo Rosa già pubblicata su questo sito il 27 maggio 2021 cui vi rimando.

Questi non sono certamente i momenti adatti per le ipocrisie, per le espressioni di circostanza da funerale, delle parole tutte uguali e tutte vuote che spesso si sentono pronunciare attorno ai feretri (siano esse tradizionalisti o modernisti).

Radio Spada non è stata mai amica del c.d. “Summorum pontificum”, beninteso è stata sempre amica delle singole persone che erano nate o cresciute in quel mondo, ma non ha mai speso parole di elogio, di stima, di accettazione per questo documento bavaro del 2007.

Un documento esiziale e funesto che ha cercato di mescolare, giustapporre, incardinare insieme in maniera subdola e intellettualistica e al contempo fantasiosa, il Sacro e il profano, il diavolo e l’acquasanta, il rito montiniano e la Messa romana, l’opera di mani umane e l’Opus Dei (e non riferisco certamente a quel club di privati fondato da un “santo” spagnolo).

L’abbiamo combattuto senza mezzi termini, abbiamo cercato di fare capire ai lettori e ai cattolici ferventi o resistenti, perplessi, incerti che era né la scelta morale, né la strategia e nemmeno la tattica giusta quella di creare piccole cappelle laterali con la Messa romana all’interno della gelida, vuota e aberrante cattedrale modernistica, pregna di ammorbante pulito d’ammoniaca.

In fondo la nostra lettera ai “conservatori perplessi” ai tempi di “Amoris laetitia” era scritta proprio per loro, per questi nostri amici (e mai parola è scritta con maggiore convinzione) che sbagliavano (a fidarsi e a affidarsi) e forse per questo ancora più cari.

Siccome non vivo in un mondo parallelo, fatto di ignavia autocefala e autoreferenziale, posso dirvi di aver incrociato sguardi, speranze, pensieri di molto di quel mondo giovanile che gravava intorno al c.d “Summorum pontificum”.

Accanto alle pose (fortemente) estetizzanti di alcuni, all’ossequio formale e politico di altri, alla tracotanza insensata da “primi della classe” (partendo dal penultimo banco) di pochi, vi era in molti altri ancora la meraviglia sincera e grata di aver “scoperto” la Messa romana, di aver lambito (magari confusamente e a volte con palesi inserti eterodossi) un mondo di Verità e di Fede cattolica sino ad allora sconosciuto.

Ora che la Storia, crudele e giustiziera, pone la parola fine a questa illusoria parentesi, a questo colossale inganno “sotto l’apparenza di bene”, ora che siamo accanto al cadavere sgozzato del “Summorum pontificum” portemmo dire legittiamente “abbiamo vinto”, potremmo ancor più legittimente metterci a danzare ma non riusciamo a provare la gioia pur legittima dell’aver avuto ragione, del veder spazzate via molte delle nebbie dell’equivoco.

E non ci riusciamo anche perché vediamo, oltre al sincero dolore e allo stordimento di molti, nuovi rischi appalesarsi. Al popolino confuso e disperso del Summorum Pontificum, possono essere offerte nuove tisane ipnotiche dai volenterosi carnefici del cattolicesimo integrale. Quali?

Anzitutto quella della cavillazione giuridica volta a salvaguardare la propria “confort zone” lisergico-liturgica. Si troverà sempre un “buon vescovo” disposto a farsi blandire o ammansire, pronto a tollerare benevolmente, a fornire il mazzo di chiavi di qualche chiesuola, a dischiudere qualche nuova “riserva indiana” magari più raccolta, magari più dimessa, magari più periferica ma, “Vivaddio, la Tradizione è ancora viva” e che lo spettacolo possa continuare, In secondo luogo quella tutta lagrimevole e sospirosa dell’accettazione supina degli eventi, lanciando al cielo ampi lai di “Fino a quando o Signore?” ma sostanzialmente senza combinar nulla: il tutto assistendo ogni domenica col fazzoletto in mano al teatro della morte di Tadeusz Kantor “Montini”.

In terzo luogo quella, tutta teoretica (da teoreti da salotto con caminetto crepitante) e intellettualoide (che fa rimpiangere il “culturame” scelbiano) che suggerisce che in realtà non sia cambiato nulla, che il grande totem ratzingeriano sia rimasto inscaldito da così grande procella, dagli assalti, pugnale tra i denti, del bucaniere argentino. Nulla di più falso, di più ingannevole e anestetizzante.

Pur non addentrandomi in analisi che compiranno sul “Motu proprio” redattori più dotti di me, è ben evidente che quello che prima era permesso e a suo modo incoraggiato (pur nell’ottica sincretista e relativista che abbiamo sempre stigmatizzato), oggi è puramente tollerato e solo in funzione pedagogica e riabilitativa per i fedeli, non ancora avvezzi al “Nuovo corso”.

E’ quindi ora di prendere la bisaccia e partire, senza rimpianti, senza (troppi) timori, senza volgersi indietro per non essere trasformati in pietra, è ora di trasformarsi da Domini canes in Domini lupi, anche se questo può avere costi umani e personali molto elevati.

Ovviamente grava su chi (sia esso laico ma ancor più religioso) debba accogliere i figli di questo naufragio un’enorme responsabilità: chi è stato tradito e ingannato ha diritto a non essere nuovamente “venduto”, ha diritto di ricevere non delle indigeste melasse pietistiche ma la Verità tutta intera, un’ecclesiologia cattolico romana, sanata e ri-sanata, dopo tanti anni di Sacrosanctum concilium, Dignitatis humanae e Lumen Gentium ma anche da tante dubbiezze antipapali e antiromane, propalate a piene mani in questi anni per giustificare riserve mentali, laissez faire pratici e strapuntini di mera sopravvivenza ecclesiale.

Ha diritto anche a ricevere una liturgia purificata da ogni cascame riformistico bugniniano, da OGNI riduzionismo prodromico alla rivoluzione del 1969.

Ha infine diritto a trovare amorevole accoglienza senza dover subire angherie contro i revenantes dover osservare il mesto spettacolo del neotribalismo tradizionalista e/o integrista, oggi abbastanza in voga.

Radio Spada, senza tralignare dal suo specifico ambito, svolgerà, indomita, impavida e sprezzante di ogni cautelosità umana e di ogni critica malevola, il suo Proprium, il suo compito, la sua Missio. Statene certi.