Come (volendo) si sarebbe potuto cambiare il Pater Noster liturgico

Nella Sacra Scrittura ci sono pervenute due versioni del Padre Nostro: quella di San Matteo 6:9-15 nel discorso della montagna e quella di San Luca 11:2-4, molto più breve: mentre Gesù si era ritirato in preghiera, uno dei discepoli presenti gli chiese che insegnasse loro a pregare.
1) La versione secondo San Matteo
a) L'originale in greco
Πάτερ ἡμῶν ὁ ἐν τοῖς οὐρανοῖς· ἁγιασθήτω τὸ ὄνομα σου·
ἐλθέτω ὴ βασιλεία σου· γενηθήτω τὸ θέλημα σου, ὡς ἐν οὐρανῷ καὶ ἐπὶ γῆς·
τὸν ἄρτον ἡμῶν τὸν ἐπιούσιον δὸς ἡμῖν σήμερον·
καὶ ἄφες ἡμῖν τὰ ὀφειλήματα ἡμῶν, ὡς καὶ ἡμεῖς ἀφήκαμεν τοῖς ὀφειλέταις ἡμῶν.
καὶ μὴ εἰσενέγκῃς ἡμᾶς εἰς πειρασμόν, ἀλλὰ ῥῦσαι ἡμᾶς ἀπὸ τοῦ πονηροῦ.
b) La traduzione nella Vulgata di S. Girolamo
"Pater noster qui in cælis es sanctificetur nomen tuum . Adveniat regnum tuum fiat voluntas tua sicut in cælo et in terra panem nostrum supersubstantialem da nobis hodie. et dimitte nobis debita nostra sicut et nos dimisimus debitoribus nostris et ne inducas nos in temptationem sed libera nos a malo.
c) La traduzione in italiano
Padre nostro, che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane supersostanziale
e rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male.
2) La versione secondo di San Luca
a) L'originale in greco
Πάτερ, ἁγιασθήτω τὸ ὄνομα σου· ἐλθέτω ἡ βασιλεία σου·τὸν ἄρτον ἡμῶν τὸν ἐπιούσιον δίδου ἡμῖν τὸ καθ' ἡμέραν·
καὶ ἄφες ἡμῖν τὰς ἁμαρτίας ἡμῶν, καὶ γὰρ αὐτοὶ ἀφίομεν παντὶ ὀφείλοντι ἡμῖν· καὶ μὴ εἰσενέγκῃς ἡμᾶς εἰς πειρασμόν.
b) La traduzione nella Vulgata di S. Girolamo
Pater, sanctificetur nomen tuum adveniat regnum tuum panem nostrum cotidianum da nobis cotidie et dimitte nobis peccata nostra siquidem et ipsi dimittimus omni debenti nobis et ne nos inducas in temptationem.
c) La traduzione in italiano
Padre, sia santificato il tuo nome, venga il
tuo regno, dacci ogni giorno il nostro pane
quotidiano e rimetti i nostri peccati affinché
noi perdoniamo ogni nostro debitore e non ci
indurre in tentazione.
Come si vede in tutte e due le versioni vi è la frase "non ci indurre in tentazioni" ed assolutamente non compare la strana versione che ora la Cei ci vuole imporre e che è mutuata dal quella in uso presso la piccola setta dei valdesi : "e non esporci alla tentazione, ma liberaci dal Male."
Piuttosto, se si voleva fare un'operazione filologicamente corretta, si poteva prendere la versione di San Matteo in cui si parla del "pane supersostanziale".
La frase “dacci oggi il nostro pane quotidiano” non risulta pienamente comprensibile. Strano è l’accostamento dei termini “oggi” e “quotidiano”. Se il pane è “di tutti i giorni” ci viene dato certamente anche “oggi”! Ma poi si tratta di pane materiale o spirituale?
Sicuramente chiediamo il pane spirituale perché per il cristiano non è bene preoccuparsi delle necessità materiali. Infatti, pochi versetti dopo il Padre Nostro, nel Vangelo di Matteo 6:25-26 si afferma: "non affannatevi di quello che mangerete o berrete … guardate gli uccelli del cielo, il Padre celeste li nutre. Non valete voi forse più di loro?”.
Quindi sicuramente il pane che chiediamo è quello spirituale. Ma perché quotidiano?
A questo punto per capirne di più occorre risalire al testo originale in greco. La frase originale in Matteo 6:11 è la seguente: “Dacci oggi il nostro pane supersostanziale (epiousion)”.
Il termine quotidiano quindi deriva da “supersostanziale” (= sopra la sostanza). Il traduttore dalla Vulgata di S. Girolamo (= il testo latino più antico) voleva sottolineare la necessità - richiamata da Paolo - della preghiera quotidiana. La parola quotidiano ha avuto più fortuna di “supersostanziale” (o spirituale).
Dalle testimonianze di San Gerolamo conosciamo che esisteva una versione ebraica del vangelo di Matteo. S. Girolamo riporta che il termine originario ebraico per supersostanziale era “mahar” cioè” di domani”.
Dunque la frase originale sarebbe: “Dacci oggi il nostro pane di domani (o il nostro pane futuro). Cioè, anticipaci oggi le gioie future.
Ed in che modo può anticiparcelo? Semplice, attraverso la Santa Eucaristia.
Questo è probabilmente il vero significato, molto più profondo del semplice “dacci da mangiare anche oggi”.
Queste sono le conclusioni cui giunge Benedetto XVI nel suo libro "Gesù di Nazaret."