Le 24 tesi della filosofia di S. Tommaso d'Aquino (P. Guido Mattiussi, S.I.) San Pio X incaricò nell’inverno del 1914 il padre gesuita Guido Mattiussi di “precisare il pensiero di S. Tommaso sulle …Altro
Le 24 tesi della filosofia di S. Tommaso d'Aquino (P. Guido Mattiussi, S.I.)
San Pio X incaricò nell’inverno del 1914 il padre gesuita Guido Mattiussi di “precisare il pensiero di S. Tommaso sulle questioni più gravi in materia filosofica, e di condensarle in pochi enunciati chiari ed inequivocabili”. Partecipò al lavoro anche Mons. Giuseppe Biagioli, professore di teologia dogmatica presso il Seminario di Fiesole. Nell’estate del 1914 il card. Lorenzelli, Prefetto della ‘S. Congregazione degli Studi’, presentò le XXIV Tesi compilate da Mattiussi e Biagioli a San Pio X, che le approvò il 27 luglio del 1914. Benedetto XV impose a P. Mattiussi di scrivere su La Civiltà Cattolica un ‘Commento delle XXIV Tesi’, che fu poi pubblicato a Roma dall’Editrice Gregoriana nel 1917.
Il 7 marzo 1916 la ‘S. Congregazione degli Studi’ a nome del papa Benedetto XV stabilì che “Tutte le XXIV Tesi filosofiche esprimono la genuina dottrina di San Tommaso e son proposte come sicure (tutae) norme direttive”. Tuttavia «il Papa, pur insistendo “doversi proporre tutte le Tesi della dottrina di san Tommaso quali sicure regole direttive”, non imponeva il dovere di abbracciarle con assenso interno. Evidentemente Benedetto XV non voleva dare alle XXIV Tesi un valore dogmatico, ma un valore di alta importanza disciplinare […], come la dottrina preferita dalla Chiesa». Il Magistero ecclesiastico con papa Benedetto XV, il 7 marzo 1917, decise che «le XXIV Tesi dovessero essere proposte come regole sicure di direzione intellettuale. […] Nel 1917 il ‘CIC’ nel canone 1366 § 2 diceva: “Il metodo, i princìpi e la dottrina di S. Tommaso devono esser seguiti santamente o con rispetto religioso”. Tra le fonti indicate il ‘Codice’ addita il ‘Decreto di approvazione delle XXIV Tesi’». Sempre papa Giacomo Della Chiesa nell’Enciclica Fausto appetente die (29 giugno 1921) insegna: «La Chiesa ha stabilito che la dottrina di S. Tommaso è anche la sua propria dottrina (“Thomae doctrinam Ecclesia suam propriam esse edixit”)». Pio XI nell’enciclica Studiorum ducem (1923) ha ribadito e riconfermato l’insegnamento delle encicliche di Leone XIII, S. Pio X e Benedetto XV. Per cui se per un atto di estrema bontà la Chiesa permette o tollera che si insegni lo scotismo e il suarezismo, è certo che la sua dottrina è quella di S. Tommaso: “Ecclesia edixit doctrinam Thomae esse suam” (Benedetto XV, Fausto appetente die, 1921).
San Pio X incaricò nell’inverno del 1914 il padre gesuita Guido Mattiussi di “precisare il pensiero di S. Tommaso sulle questioni più gravi in materia filosofica, e di condensarle in pochi enunciati chiari ed inequivocabili”. Partecipò al lavoro anche Mons. Giuseppe Biagioli, professore di teologia dogmatica presso il Seminario di Fiesole. Nell’estate del 1914 il card. Lorenzelli, Prefetto della ‘S. Congregazione degli Studi’, presentò le XXIV Tesi compilate da Mattiussi e Biagioli a San Pio X, che le approvò il 27 luglio del 1914. Benedetto XV impose a P. Mattiussi di scrivere su La Civiltà Cattolica un ‘Commento delle XXIV Tesi’, che fu poi pubblicato a Roma dall’Editrice Gregoriana nel 1917.
Il 7 marzo 1916 la ‘S. Congregazione degli Studi’ a nome del papa Benedetto XV stabilì che “Tutte le XXIV Tesi filosofiche esprimono la genuina dottrina di San Tommaso e son proposte come sicure (tutae) norme direttive”. Tuttavia «il Papa, pur insistendo “doversi proporre tutte le Tesi della dottrina di san Tommaso quali sicure regole direttive”, non imponeva il dovere di abbracciarle con assenso interno. Evidentemente Benedetto XV non voleva dare alle XXIV Tesi un valore dogmatico, ma un valore di alta importanza disciplinare […], come la dottrina preferita dalla Chiesa». Il Magistero ecclesiastico con papa Benedetto XV, il 7 marzo 1917, decise che «le XXIV Tesi dovessero essere proposte come regole sicure di direzione intellettuale. […] Nel 1917 il ‘CIC’ nel canone 1366 § 2 diceva: “Il metodo, i princìpi e la dottrina di S. Tommaso devono esser seguiti santamente o con rispetto religioso”. Tra le fonti indicate il ‘Codice’ addita il ‘Decreto di approvazione delle XXIV Tesi’». Sempre papa Giacomo Della Chiesa nell’Enciclica Fausto appetente die (29 giugno 1921) insegna: «La Chiesa ha stabilito che la dottrina di S. Tommaso è anche la sua propria dottrina (“Thomae doctrinam Ecclesia suam propriam esse edixit”)». Pio XI nell’enciclica Studiorum ducem (1923) ha ribadito e riconfermato l’insegnamento delle encicliche di Leone XIII, S. Pio X e Benedetto XV. Per cui se per un atto di estrema bontà la Chiesa permette o tollera che si insegni lo scotismo e il suarezismo, è certo che la sua dottrina è quella di S. Tommaso: “Ecclesia edixit doctrinam Thomae esse suam” (Benedetto XV, Fausto appetente die, 1921).