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XVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) (Mc 6,30-34) Commento di Elena Bolasco. MOSTRATI SIGNORE Mostrati, Signore; a tutti i pellegrini dell'assoluto, vieni incontro, Signore; con quanti si mettono …Altro
XVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) (Mc 6,30-34) Commento di Elena Bolasco.

MOSTRATI SIGNORE

Mostrati, Signore;
a tutti i pellegrini dell'assoluto,
vieni incontro, Signore;
con quanti si mettono in cammino
e non sanno dove andare
cammina, Signore;
affiancati e cammina con tutti i disperati
sulle strade di Emmaus;
e non offenderti se essi non sanno
che sei tu ad andare con loro,
tu che li rendi inquieti
e incendi i loro cuori;
non sanno che ti portano dentro:
con loro fermati poiché si fa sera
e la notte è buia e lunga, Signore.

(David Maria Turoldo)

E tu a che categoria appartieni?

La Chiesa del grembiule: è il ritratto più bello della Chiesa, quello del servizio. La Chiesa che si piega davanti al mondo, in ginocchio; che diventa povera; povera di potere. Pauper (povero) in latino non si oppone a dives (ricco); si oppone a potens (potente). Perché il grembiule è l’unico paramento sacerdotale registrato nel vangelo, per la messa solenne celebrata da Gesù nella notte del giovedì santo, non parla né di casule né di amitti, né di stole né di piviali. Parla solo di questo panno rozzo che il Maestro si cinse ai fianchi.

“Si alzò da tavola”.
Significa prima di tutto che l’eucaristia non sopporta la sedentarietà, ci sollecita all’azione. Ci spinge a lasciare le nostre cadenze troppo residenziali per farci investire in gestualità dinamiche e missionarie il fuoco che abbiamo ricevuto. Ma significa anche che gli atri due verbi “depose le vesti” e “ si cinse i fianchi con l’asciugatoio” hanno valenza di salvezza soltanto se partono dall’eucaristia. Se prima non si è stati “a Tavola”, anche il servizio più generoso reso ai fratelli rischia l’ambiguità, nasce all’insegna del sospetto, degenera nella facile demagogia, e si sfilaccia nel filantropismo faccendiero, che ha poco o nulla da spartire con la carità di Gesù Cristo. Solo così il nostro svuotamento si riempirà di frutti, le nostre spogliazioni si rivestiranno di vittorie, e l’acqua tiepida che verseremo sui piedi dei nostri fratelli li abiliterà a percorrere fino in fondo le strade della libertà.

Sai legare preghiera e azione? La prima sfocia nella seconda? E il tuo agire trova la sua sorgente nella preghiera e nell’eucaristia?

“Depose le vesti”.
Chi sta alla tavola dell’eucaristia deve “deporre le vesti”. Le vesti del tornaconto, del calcolo, dell’interesse personale, per assumere la nudità della comunione. Le vesti della ricchezza, del lusso, dello spreco, della mentalità borghese, per indossare le trasparenze della modestia, della semplicità, della leggerezza. Le vesti del dominio, dell’arroganza dell’egemonia, della prevaricazione, dell’accaparramento, per ricoprirsi dei veli della debolezza e della povertà. Non possiamo amoreggiare con il potere. Non possiamo coltivare intese sottobanco, offendendo la giustizia, anche se col pretesto di aiutare la gente. Gli allacciamenti adulterini con chi manipola il denaro pubblico ci devono terrorizzare.
Quali sono le vesti di cui devi spogliarti?

“Si cinse un asciugatoio”.
Ed eccoci all’immagine che mi piace intitolare “la Chiesa del grembiule”. Essa non totalizza indici altissimi di consenso. Occorre riprendere la strada del servizio, che è la strada della condiscendenza, della condivisione, del coinvolgimento in presa diretta nella vita dei poveri. È una strada difficile perché attraversa le tentazioni subdole della delega: stipendiare i “lavapiedi” perché ci evitino la scomodità di certi umili servizi. Però è l’unica strada che ci porta alle sergenti della nostra regalità. E l’unica porta che ci introduce nella casa della credibilità perpetua è la “porta del servizio”.

(Don Tonino Bello)

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