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EzioB
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La Parabola dei TALENTI

[…] Gesù riprende calmo a esporre con la parabola il suo pensiero:
«Un uomo, essendo in procinto di fare un lungo viaggio e una lunga assenza, chiamò tutti i suoi servi e consegnò a loro tutti i suoi beni. A chi diede cinque talenti d’argento, a chi due d’argento, a chi uno solo d’oro. A ciascuno a seconda del suo grado e della sua abilità. E poi partì.
Ora, il servo che aveva avuto cinque talenti d’argento andò a negoziare con accortezza i suoi talenti, e dopo qualche tempo essi gliene procurarono altri cinque. Quello che aveva avuto due talenti d’argento fece lo stesso e raddoppiò la somma avuta. Ma quello al quale il padrone aveva più dato — un talento d’oro schietto — preso dalla paura di non saper fare, dei ladri, di mille cose chimeriche, e soprattutto dall’infingardia, fece una grande buca in terra e vi nascose il denaro del suo padrone.
Passarono molti e molti mesi e tornò il padrone. Chiamò subito i suoi servi perché rendessero il denaro avuto in deposito.
Venne quello che aveva avuto cinque talenti d’argento e disse: “Ecco, mio signore. Tu me ne desti cinque. Io, parendomi male di non fare fruttare quanto mi avevi dato, mi sono industriato e ti ho guadagnato altri cinque talenti. Di più non ho potuto…”. “Bene, molto bene, servo buono e fedele. Sei stato fedele nel poco, volonteroso e onesto. Ti darò autorità su molto. Entra nella gioia del tuo signore”.
Poi venne l’altro dei due talenti e disse: “Mi sono permesso di usare i tuoi beni per tuo utile. Ecco qui i conti che ti mostrano come ho usato il tuo denaro. Vedi? Erano due talenti d’argento. Ora sono quattro. Sei contento, mio signore?”. E il padrone dette al servo buono la stessa risposta data al primo servo.
Venne per ultimo quello che, godendo della massima fiducia del padrone, aveva avuto dallo stesso il talento d’oro. Lo svolse dalla sua custodia e disse: “Tu mi hai affidato il maggior valore, perché mi sai prudente e fedele, così come io so che tu sei intransigente ed esigente e che non tolleri perdite nel tuo denaro, ma se disgrazia ti incoglie ti rifai su chi ti è prossimo, perché in verità mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso, non condonando uno spicciolo al tuo banchiere o al tuo fattore, per nessuna ragione. Tanto deve essere il denaro quanto tu dici. Ora io, temendo di sminuire questo tesoro, l’ho preso e l’ho nascosto. Non mi sono fidato di nessuno, neppure di me stesso. Ora l’ho dissotterrato e te lo rendo. Eccoti il tuo talento”.
“O servo iniquo ed infingardo! In verità tu non mi hai amato, poiché non mi hai conosciuto e non hai amato il mio benessere perché l’hai lasciato inerte. Hai tradito la stima che avevo posta in te, e da te stesso ti smentisci, ti accusi e condanni. Tu sapevi che io mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso. E perché allora non hai fatto che io potessi mietere e raccogliere? Così rispondi alla mia fiducia? Così mi conosci? Perché non hai portato il denaro ai banchieri, che lo avrei al ritorno ritirato con gli interessi? A questo con particolare cura ti avevo istruito, e tu, stolto infingardo, non ne hai fatto conto. Ti sia dunque levato il talento e ogni altro bene e sia dato a quello che ha i dieci talenti”.
“Ma colui ne ha già dieci, mentre questo ne resta privo…”, gli obbiettarono.
“Bene sta. A chi ha e, su quanto ha, lavora, sarà dato più ancora e fino alla sovrabbondanza. Ma a chi non ha, perché non volle avere, sarà tolto anche quello che gli fu dato. Riguardo al servo disutile, che ha tradito la fiducia mia e lasciato inerti i doni datigli, gettatelo fuori dalla mia proprietà e vada piangendo e rodendosi in cuor suo”.
Questa è la parabola. Come tu vedi, o rabbi, a chi più aveva meno restò, perché non seppe meritare di conservare il dono di Dio. E non è detto che uno di quelli che tu chiami discepoli solo di nome, aventi ben poco da negoziare perciò, e anche fra chi, ascoltandomi solo per accidente, come tu dici, e avendo per unica moneta l’anima, non giungano ad avere il talento d’oro, e i frutti dello stesso anche, che verrà levato ad uno dei più beneficati. Infinite sono le sorprese del Signore, perché infinite sono le reazioni dell’uomo. Vedrete gentili giungere alla Vita eterna e samaritani possedere il Cielo, e vedrete israeliti puri e seguaci miei perdere il Cielo e l’eterna Vita». […]

L’Evangelo come mi è stato rivelato, 281.9

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