Fatima.
126

Per chi può partecipare...

***

gennaio - febbraio 2018, ore 20:45

Chiesa della Madonna della Neve

(Bergamo - via Gabriele Camozzi, 130)

I QUATTRO NOVISSIMI

Incontri di approfondimento con don Maurizio Rota

Prima di ogni incontro, alle ore 20:00, sarà celebrata la Santa Messa nella forma straordinaria del rito romano

CALENDARIO DEGLI INCONTRI:

• venerdì 19 gennaio 2018: La Morte

• venerdì 26 gennaio 2018: Il Giudizio

• venerdì 9 febbraio 2018: L’Inferno

• venerdì 23 febbraio 2018: Il Paradiso

«Bisogna ammettere realisticamente e con profonda e sofferta sensibilità che i cristiani oggi in gran parte si sentono smarriti, confusi, perplessi e perfino delusi, si sono sparse a piene mani idee contrastanti con la Verità rivelata e da sempre insegnata; si sono propalate vere e proprie eresie, in campo dogmatico e morale, creando dubbi, confusioni, ribellioni, si è manomessa anche la Liturgia; immersi nel “relativismo” intellettuale e morale e perciò nel permissivismo, i cristiani sono tentati dall’ateismo, dall’agnosticismo, dall’illuminismo vagamente moralistico, da un cristianesimo sociologico, senza dogmi definiti e senza morale oggettiva. […] Oggi bisogna aver pazienza, e ricominciare tutto da capo, dai “preamboli della fede” fino ai “novissimi”, con esposizione chiara, documentata, soddisfacente». (San Giovanni Paolo II, Discorso al convegno nazionale «Missioni al popolo per gli anni 80», 6 febbraio 1981).

L’appello del Papa non ha perso d’importanza, anzi in un modo pienamente edonista dove l’eterna festa relativista lascia poco tempo alla riflessione delle Verità ultime, il comitato Summorum Pontificum di Bergamo è lieto d’invitarvi ad un ciclo d’incontri con don Maurizio Rota, per ascoltare un insegnamento orale dei principi della religione cristiana. San Giovanni Paolo II ha indicato il percorso di ricostruzione: «ricominciare tutto da capo, dai “preamboli della fede” fino ai “novissimi”». A partire da venerdì 19 gennaio 2018, presso la Chiesa Madonna della Neve (Bergamo), alle ore 20:45, verranno trattati i Quattro Novissimi: MORTE, GIUDIZIO, INFERNO e PARADISO.

***

Parlare oggi della Morte, della propria morte e del destino che ci attende è la cosa più intelligente che possiamo fare. Dal senso e significato che diamo alla nostra morte ne deriva il senso ed il significato della nostra vita. Dopo la Morte c’è il nulla o il tutto? Dalla risposta a questa domanda fondamentale ne deriva uno stile di vita, una scelta di vita. Cosa c’è di più importante?

Nel Catechismo della Chiesa Cattolica leggiamo al numero 1020: «Per il cristiano, che unisce la propria morte a quella di Gesù, la morte è come un andare verso di lui ed entrare nella vita eterna. Quando la Chiesa ha pronunciato, per l’ultima volta, le parole di perdono dell’assoluzione di Cristo sul cristiano morente, l’ha segnato, per l’ultima volta, con una unzione fortificante e gli ha dato Cristo nel viatico come nutrimento per il viaggio, a lui si rivolge con queste dolci e rassicuranti parole:

«Parti, anima cristiana, da questo mondo, nel nome di Dio Padre onnipotente che ti ha creato, nel nome di Gesù Cristo, Figlio del Dio vivo, che è morto per te sulla croce, nel nome dello Spirito Santo, che ti è stato dato in dono; la tua dimora sia oggi nella pace della santa Gerusalemme, con la Vergine Maria, Madre di Dio, con san Giuseppe, con tutti gli angeli e i santi. […] Tu possa tornare al tuo Creatore, che ti ha formato dalla polvere della terra. Quando lascerai questa vita, ti venga incontro la Vergine Maria con gli angeli e i santi. […] Mite e festoso ti appaia il volto di Cristo e possa tu contemplarlo per tutti i secoli in eterno»
».

***

La nostra morte sarà il momento della verità, nel quale non si può ingannare né il Giudice divino né se stessi. Dallo stato in cui si viene trovati al momento della morte avremo il Giudizio di Dio, giusto e misericordioso, che decide la nostra sorte eterna: il Paradiso con Dio, gli Angeli ed i Santi o l’infinita sofferenza dell’Inferno, in compagnia di Satana, dei demoni e dei dannati.

Dal Catechismo della Chiesa Cattolica, numero 1021: «La morte pone fine alla vita dell’uomo come tempo aperto all’accoglienza o al rifiuto della grazia divina apparsa in Cristo. Il Nuovo Testamento parla del giudizio principalmente nella prospettiva dell’incontro finale con Cristo alla sua seconda venuta, ma afferma anche, a più riprese, l’immediata retribuzione che, dopo la morte, sarà data a ciascuno in rapporto alle sue opere e alla sua fede. La parabola del povero Lazzaro e la parola detta da Cristo in croce al buon ladrone così come altri testi del Nuovo Testamento parlano di una sorte ultima dell’anima che può essere diversa per le une e per le altre».

Ed al numero 1022 ribadisce: «Ogni uomo fin dal momento della sua morte riceve nella sua anima immortale la retribuzione eterna, in un giudizio particolare che mette la sua vita in rapporto a Cristo, per cui o passerà attraverso una purificazione, o entrerà immediatamente nella beatitudine del cielo, oppure si dannerà immediatamente per sempre».

***

L’Inferno, escluso purtroppo dalla predicazione dei nostri tempi da chi si scandalizza della giustizia di Dio e della libertà dell’uomo, svigorito da fantasie teologiche per le quali sarebbe vuoto, è una verità di fede imprescindibile. L’Inferno scandalizza chi non ha fede, perché sembra in contrasto con l’infinita misericordia di Dio. In realtà esso è la suprema manifestazione dell’infinitudine dell’amore di Dio, che ama talmente l’uomo da lasciarlo assolutamente libero, essendo così disposto a ratificare – pur a malincuore – il rifiuto volontario e cosciente che i malvagi Gli oppongono. Il dogma dell’Inferno rivela quindi il carattere altamente drammatico della libertà umana, ed è al contempo un «appello alla responsabilità» ed un «pressante appello alla conversione».

Così il Catechismo della Chiesa Cattolica al numero 1035: «La Chiesa nel suo insegnamento afferma l’esistenza dell’inferno e la sua eternità. Le anime di coloro che muoiono in stato di peccato mortale, dopo la morte discendono immediatamente negli inferi, dove subiscono le pene dell’inferno, «il fuoco eterno». La pena principale dell’inferno consiste nella separazione eterna da Dio, nel quale soltanto l’uomo può avere la vita e la felicità per le quali è stato creato e alle quali aspira».

***

Il Paradiso è il cuore stesso di Dio, per il quale Egli ci ha creati; è l’amore eterno, la felicità e realizzazione piena della creatura. In Paradiso quella sete di felicità che mai si compie appieno nemmeno nelle cose più belle e più vere, e che spesso viene cercata nelle soddisfazioni sensuali e peccaminose, trova la sua perfetta estinzione. È un rapporto d’amore con Dio e tra di noi rappresentato dalle immagini bibliche del banchetto di nozze, nel quale si beve il vino nuovo e si mangiano cibi succulenti, serviti da Cristo. La gioia del Paradiso può essere già parzialmente sperimentata su questa terra quando si è in intimità con Gesù e in grazia di Dio, nelle azioni e nelle intenzioni (Gv 15,11).

Leggiamo cosa scrive il Catechismo della Chiesa Cattolica al numero 1023: «Coloro che muoiono nella grazia e nell’amicizia di Dio e che sono perfettamente purificati, vivono per sempre con Cristo. Sono per sempre simili a Dio, perché lo vedono «così come egli è» (1 Gv 3,2), «a faccia a faccia» (1 Cor 13,12):

«Con la nostra apostolica autorità definiamo che, per disposizione generale di Dio, le anime di tutti i santi morti prima della passione di Cristo […] e quelle di tutti i fedeli morti dopo aver ricevuto il santo Battesimo di Cristo, nelle quali al momento della morte non c’era o non ci sarà nulla da purificare, oppure, se in esse ci sarà stato o ci sarà qualcosa da purificare, quando, dopo la morte, si saranno purificate, […] anche prima della risurrezione dei loro corpi e del giudizio universale – e questo dopo l’ascensione del Signore e Salvatore Gesù Cristo al cielo – sono state, sono e saranno in cielo, associate al regno dei cieli e al paradiso celeste con Cristo, insieme con i santi angeli. E dopo la passione e la morte del nostro Signore Gesù Cristo, esse hanno visto e vedono l’essenza divina in una visione intuitiva e anche a faccia a faccia, senza la mediazione di alcuna creatura
».

Ancora, al numero 1024: «Questa vita perfetta, questa comunione di vita e di amore con la Santissima Trinità, con la Vergine Maria, gli angeli e tutti i beati è chiamata «il cielo». Il cielo è il fine ultimo dell’uomo e la realizzazione delle sue aspirazioni più profonde, lo stato di felicità suprema e definitiva».

Infine, al numero 1028: «A motivo della sua trascendenza, Dio non può essere visto quale è se non quando egli stesso apre il suo mistero alla contemplazione immediata dell’uomo e gliene dona la capacità. Questa contemplazione di Dio nella sua gloria celeste è chiamata dalla Chiesa «la visione beatifica»:

«Questa sarà la tua gloria e la tua felicità: essere ammesso a vedere Dio, avere l’onore di partecipare alle gioie della salvezza e della luce eterna insieme con Cristo, il Signore tuo Dio, […] godere nel regno dei cieli, insieme con i giusti e gli amici di Dio, le gioie dell’immortalità raggiunta
».

Comitato Summorum Pontificum di Bergamo