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Strasburgo: “No a sanzioni per chi espone simboli religiosi” 15/01/2013 Strasburgo: “No a sanzioni per chi espone simboli religiosi” STRASBURGO. LA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO La Corte europea …Altro
Strasburgo: “No a sanzioni per chi espone simboli religiosi”

15/01/2013

Strasburgo: “No a sanzioni per chi espone simboli religiosi”

STRASBURGO. LA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO
La Corte europea dà ragione a una donna sottoposta a misure disciplinari perché voleva indossare una croce durante il lavoro
ALESSANDRO SPECIALE
ROMA

Dopo quasi sette anni, si è conclusa con un successo la battaglia legale di Nadia Eweida, dipendente della compagnia aerea British Airways. La Corte europea dei diritti umani ha riconosciuto oggi che la donna era stata discriminata quando le era stato proibito di portare al collo una croce sul posto di lavoro.

Il Regno Unito è stato giudicato colpevole di non aver protetto il diritto di Eweida alla “libertà di pensiero, di coscienza e di religione”, protetto dall'articolo 9 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, e dovrà rimborsare alla donna 2mila euro per danni morali e 30mila euro per le spese processuali.

Ma quello della dipendente della compagnia aerea britannica è stato l'unico dei quattro casi di presunta violazione dei diritti dei cristiani discussi dalla corte di Strasburgo a venire accolto. Il tribunale ha infatti respinto il ricorso di Shirley Chaplin, un’infermiera, riconoscendo il diritto dell’ospedale in cui lavorava d’impedirle d’indossare il crocifisso per motivi di “salute e sicurezza”.

La Corte ha anche respinto due ricorsi sul trattamento delle coppie omosessuali, entrambi presentati da dipendenti cristiani che avevano perso il lavoro perché si erano rifiutati di svolgere mansioni che ritenevano una forma di approvazione delle unioni tra persone dello stesso sesso.

Gary McFarlane, un terapista di coppia, si era rifiutato di curare una coppia gay che si era rivolta a lui, mentre Lillian Ladele, un'impiegata comunale a Londra, non aveva voluto celebrare unioni civili. Sia Chaplin che McFarlane hanno annunciato ricorso contro la sentenza alla Grande Chambre della corte di Strasburgo.

Per la Corte, che ha discusso in un'unica tornata i ricorsi dei quattro contro le sentenze sfavorevoli ricevute dai tribunali del lavoro britannici, “ogni differenza di trattamento a base di orientamento sessuale non può essere giustificata se non da ragioni particolarmente forti e che la situazione delle coppie omosessuali è paragonabile a quella delle coppie eterosessuali per quanto riguarda il bisogno di riconoscimento di tutela giuridica e protezione delle loro relazioni”.

Nel caso di Eweida, la sentenza del tribunale di Straburgo ha messo in evidenza “l’importanza della libertà di religione, elemento essenziale dell’identità dei credenti e fondamento, tra altri, delle società democratiche pluraliste”. Allo stesso tempo, la Corte ha messo in guardia dai casi in cui la “la pratica religiosa di un individuo sconfina sui diritti altrui”: in quei casi, “essa può essere oggetto di restrizioni”.

La British Airways aveva cambiato nel 2007 i propri regolamenti per permettere ai dipendenti di indossare simboli religiosi – e da allora Eweida, una cristiana copta, ha potuto indossare il crocifisso senza problemi.

Anche se il verdetto sul caso della dipendente della British Airways era di gran lungo il più atteso dei quattro, nel complesso la Corte ha ribadito la possibilità di limitare il diritto di affermare la propria identità religiosa sul posto di lavoro quando questa viene a ledere i diritti altrui. Ai datori di lavori e alle aziende viene lasciato un margine relativamente ampio di discrezionalità nello stabilire i propri regolamenti interni per i dipendenti, che sono poi tenuti a rispettarli.

Il primo ministro David Cameron ha accolto con favore la sentenza, perché “le persone hanno il diritto di non venire discriminate a causa delle loro convinzioni religiose”. Per l'arcivescovo anglicano di York, John Sentamu, “i cristiani e i seguaci di altre religioni dovrebbero essere liberi d’indossare i loro simboli senza subire discriminazioni”.