..._Beati quelli che piangono..._ *MA COSA SIGNIFICA VERAMENTE? COME POSSIAMO SPIEGARLO TUTTO QUESTO? È DAVVERO NECESSARIA LA SOFFERENZA? HA UN SENSO MISTICO, NASCOSTO ALLA SOLA INTELLIGENZA UMANA?* LA …Altro
..._Beati quelli che piangono..._

*MA COSA SIGNIFICA VERAMENTE? COME POSSIAMO SPIEGARLO TUTTO QUESTO? È DAVVERO NECESSARIA LA SOFFERENZA? HA UN SENSO MISTICO, NASCOSTO ALLA SOLA INTELLIGENZA UMANA?*
LA POSSIBILITÀ DI COMORENDERE IL NUCLEO CI VIENE DATA....
*ASCOLTIAMO DON DOLINDO*

*Beati quelli che piangono, perché essi saranno consolati*

Gesù va ancora più oltre nelle meravigliose rivelazioni sulla realtà della nostra vita intima e *pronuncia una parola che sembrerebbe assurda* , se non l’avesse detta un Dio, *e più assurda perché detta ad un mondo* , che ha maledetto sempre il dolore come al supremo dei mali: *«Beati quelli che piangono, perché essi saranno consolati».* Beati quelli che piangono!
*Ma lo sforzo di tutta la vita umana non è rivolto principalmente a tergere le nostre lacrime?* Non ci sentiamo noi inteneriti, quando vediamo uno che piange? Non lo ricordiamo come un infelice? *Eppure la realtà è molto diversa.*
La felicità della vita sta nella soddisfazione e questa non è effetto che di uno sforzo.
L’ artista, che ha stentato a produrre un oggetto, lo riguarda e se lo gode, dirò così; quegli che senza sforzo lo ha visto uscire da una macchina, lo mette da una parte e non lo osserva neppure. *Se la nostra vita passasse in una maniera uniforme e monotona, come potrebbe l’anima umana apprezzarne i beni e godere?* In una guerra, per esempio, si mette a pericolo la propria esistenza materiale e per questo la si apprezza. Prima il medesimo bene era riguardato come un peso, come un’oppressione e tante volte, forse, veniva il triste pensiero di sopprimere da se stessi la vita: l’uragano di una guerra sterminatrice, come quella che vediamo noi, la fa apprezzare, e per la prima volta si gode di un bene, prima sconosciuto e disprezzato.
Se il godimento sta nel possesso e nella soddisfazione, questa suppone la lotta e l’ansietà, diversamente nulla si possiede; per questo Dio ha voluto che noi avessimo raggiunto il regno dei cieli dopo una prova dolorosa subita in questa valle di lacrime… noi andiamo così nella luce dopo le tenebre e lo godiamo; andiamo nella pace dopo la lotta e ce ne consoliamo; andiamo nella ricchezza infinita dopo la povertà e ce ne sentiamo ripieni!
Ogni dolore, ogni stilla di pianto ha dunque in sé stessa il segreto di una ricchezza in qualunque campo. Se la terra potesse avere intendimento, non dovrebbe piangere, quando è violentemente dissodata? Eppure quell’incomodo, diciamo così, la rende feconda! Le piante, quando sono potate, non piangono quasi? Eppure quel taglio le rende fruttifere. La pietra non geme quando è scalpellata? Non si vede come ridotta in frantumi? Eppure quella prova la rende statua e la colloca in un museo! Vi è un fanciullo che non piange, quando va a scuola, quando fa i suoi compiti, quando magari è castigato? Eppure è per la scuola che diventa qualcosa di grande ed ha la soddisfazione di essersi fatto una posizione! La donna non geme, quando porta nel seno un figlio e quando lo dà alla luce? Eppure questo dolore la rende madre e le nobilita l’affetto materno!
Percorriamo tutte le vie del mondo e troveremo sempre questa mirabile legge, che ci sfuggiva completamente prima che ce l’avesse rivelata Gesù. Le lacrime preparano la consolazione anche nell’anima nostra.
Nel dolore vediamo la realtà della vita, nel dolore diventiamo sapienti, nel dolore conosciamo noi stessi e ci educhiamo, nel dolore nasce la prudenza, che regola la vita presente, nel dolore si ottengono le due beatitudini precedenti, perché il cuore si distacca da tutto, si rivolge al Cielo, diventa mansueto e si rende equilibrato. Ora tutti questi beni, che nascono dal dolore, sono fonte di beni terreni e di beni eterni e non esiste un gemito solo, che rimanga senza frutto.
Si capisce bene che, quando Gesù ci parla di dolore, non intende parlarci di disperazione e per questo dice: Beati quelli che piangono e non: Beati quelli che soffrono. Il pianto è il segno del dolore sapiente, calmo, rassegnato, sereno anche nella tempesta, poiché chi piange è tutto raccolto in sé stesso e mette a profitto la sofferenza. Il dolore disperato non produce il pianto, l’ira, lo sconvolgimento, ma il disordine e non equivale ad un lavoro di preparazione, ma equivale ad una devastazione!Per farvi approfondire meglio questa grande parola di Gesù, vi porto un paragone. Un povero operaio è rimasto senza lavoro e va in giro per la città, non avendo da fare altro. Camminando s’incontra con un altro operaio, che suda e stenta; egli lo guarda e dice: Beato te, che sudi! L’operaio quasi si offende di questa parola: Come – dice – io sto da questa mattina a stentare e tu mi chiami beato? Non sei piuttosto beato tu, che vai a spasso? Chi ha ragione di questi due? Ha ragione certamente quegli che ha detto beato chi suda, perché quel sudore equivale al guadagno ed al mantenimento della vita. Gesù vede il mondo, che si sforza di gettarsi in una gioia che è ozio spirituale, che è inettitudine e dice a tutti quelli che piangono e lavorano: Beati siete voi, perché sarete consolati, perché le vostre lacrime sono fonte di bene in questa e nell’altra vita. È la parola di un Dio e chi piange rimane già consolato da questa solenne assicurazione, che equivale alla promessa di molti beni; noi che ci sentiamo consolati, quando in una necessità vediamo i grandi della terra che ci promettono il loro aiuto, eppure sappiamo quanto sono ingannatori, non ci sentiremo il cuore dilatato, sentendoci dire da un Dio che il pianto non rimane sterile per noi?
Siamo in una valle di lacrime, la nostra vita non può sottrarsi al dolore ed alla tribolazione, perché, essendo imperfetti, la condizione stessa del nostro pellegrinaggio porta con sé la contraddizione e la pena; il dolore, nobilitato dalla suprema speranza del merito, ha in se stesso qualcosa di sublime; elevato poi dalla fiamma dell’amore divino, diventa una felicità tale che si è incapaci di desiderarne un’altra.
Così quei santi, che domandarono a Dio insistentemente di patire o di morire, di patire sempre, di soffrire e di essere disprezzati ecc., non erano pazzi, ma erano i più sapienti di tutti, perché avevano approfondito, fino nell’intimo del suo significato, le parole di Gesù. E la felicità di queste lacrime dolci sta proprio in questo: si sa che si glorifica Dio con questo pianto, si sa che si diventa grati al suo cospetto, si sa che con le tribolazioni l’anima si apparta da tutto, e questo è consolazione così grande, che può apprezzarla solo chi l’ha provata e chi ha amato il suo Dio!
Beato veramente chi sa capire questa lezione profonda: tanto delle lacrime non potrà mai farsi a meno, anzi quanto più si vogliono evitare, tanto più se n’è sopraffatti! Beato chi, seguendo la parola di Gesù, si mette sulla via della vera felicità, tenendo l’anima scevra da qualunque desiderio disordinato: Beati i poveri di spirito; tenendo la calma in qualunque evenienza: Beati i mansueti; conservandola in pace, anzi allegra nelle medesime pene: Beati quelli che piangono!
(Sac. Dolindo Ruotolo - Servo di Dio)
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