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"Venire a Me come discepolo vuol dire rinuncia di tutti gli amori a un solo amore: il Mio." "(...)Venire a Me come discepolo vuol dire rinuncia di tutti gli amori a un solo amore: il mio. Amore egoista …Altro
"Venire a Me come discepolo vuol dire rinuncia di tutti gli amori a un solo amore: il Mio."

"(...)Venire a Me come discepolo vuol dire rinuncia di tutti gli amori a un solo amore: il mio.

Amore egoista verso se stessi, amore colpevole verso le ricchezze o il senso o la potenza, amore onesto verso la sposa, santo verso la madre, il padre, amore amabile dei e ai figli e fratelli, tutto deve cedere al mio amore se si vuole essere miei.

In verità vi dico che più liberi di uccelli spazianti nei cieli devono essere i miei discepoli, più liberi dei venti che scorrono i firmamenti senza che nessuno li trattenga, nessuno e nessuna cosa. Liberi, senza catene pesanti, senza lacci d’amore materiale, senza neppure le ragnatele sottili delle più lievi barriere.

Lo spirito è come una delicata farfalla serrata dentro al bozzolo pesante della carne, e può appesantirne il volo, o arrestarlo del tutto, anche l’iridescente e impalpabile tela di un ragno: il ragno della sensibilità, della ingenerosità nel sacrificio. Io voglio tutto, senza riserve. Lo spirito abbisogna di questa libertà di dare, di questa generosità di dare, per poter esser certo di non essere impigliato nella ragnatela delle affezioni, consuetudini, riflessioni, paure, tese come tanti fili da quel ragno mostruoso che è satana, rapinatore di anime.

Se uno vuol venire a Me e non odia santamente suo padre, sua madre, sua moglie, i suoi figli, i suoi fratelli e le sue sorelle, e persino la sua vita, non può esser mio discepolo. Ho detto “odia santamente”.

Voi in cuor vostro dite: “L’odio, Egli lo insegna, non è mai santo. Perciò Egli si contraddice”. No. Non mi contraddico.
Io dico di odiare la pesantezza dell’amore, la passionalità carnale dell’amore al padre e madre, e sposa e figli, e fratelli e sorelle, e alla stessa vita, ma anzi ordino di amare, con la libertà leggera che è propria degli spiriti, i parenti e la vita.
Amateli in Dio e per Dio, non posponendo mai Dio a loro, occupandovi e preoccupandovi di portarli dove il discepolo è giunto, ossia a Dio Verità. Così amerete santamente i parenti e Dio, conciliando i due amori e facendo dei legami di sangue non peso ma ala, non colpa ma giustizia.

Anche la vostra vita dovete esser pronti a odiare per seguire Me.
Odia la sua vita colui che, senza paura di perderla o di renderla umanamente triste, la fa servire a Me. Ma non è che una apparenza di odio. Un sentimento erroneamente detto “odio” dal pensiero dell’uomo che non sa elevarsi, dell’uomo tutto terrestre, di poco superiore al bruto.

In realtà questo apparente odio, che è il negare le soddisfazioni sensuali alla esistenza per dare una sempre più vasta vita allo spirito, è amore.

Amore è, e del più alto che esista, del più benedetto.
Questo negarsi le basse soddisfazioni, questo interdirsi la sensualità degli affetti, questo procurarsi rimproveri e commenti ingiusti, questo rischiare punizioni, ripudi, maledizioni e forse anche persecuzioni, è una sequela di pene.

Ma occorre abbracciarle e imporsele come una croce, un patibolo sul quale si espia ogni passata colpa per andare giustificati a Dio, e dal quale si ottiene ogni grazia, vera, potente, santa Grazia di Dio per coloro che noi amiamo. Chi non porta la sua croce e non viene dietro a Me, chi non sa fare questo, non può essere mio discepolo.
Pensateci dunque molto, molto, voi che dite: “Siamo venuti perché vogliamo unirci ai tuoi discepoli”.

Non è vergogna ma sapienza pesarsi, giudicarsi e confessare, a se stessi e agli altri: “Io non ho stoffa di discepolo”.
E che? I pagani hanno a base di un loro insegnamento la necessità di “conoscere se stessi”; e voi israeliti, per conquistare il Cielo, non lo sapreste fare? Perché, ricordatevelo sempre, beati quelli che verranno a Me. Ma piuttosto che venire per poi tradire Me e Colui che mi ha mandato, meglio è non venire affatto e rimanere i figli della Legge come fin qui foste.

Guai a coloro che, avendo detto: “Vengo”, portano poi danno al Cristo essendo i traditori dell’idea cristiana, gli scandalizzatori dei piccoli, dei buoni! Guai a loro! Eppure vi saranno, e sempre vi saranno!

Imitate perciò colui che vuole edificare una torre. Prima calcola attentamente la spesa necessaria e fa i conti del suo denaro per vedere se ha di che portarla a termine, perché, terminate le fondamenta, non debba sospendere i lavori non avendo più denaro. In questo caso perderebbe anche quanto aveva prima, rimanendo senza torre e senza talenti, e in cambio si attirerebbe le beffe del popolo che direbbe: “Costui ha cominciato a fabbricare senza poter finire. Ora può empirsi lo stomaco delle rovine della sua incompiuta fabbrica”.

Imitate ancora i re della Terra, facendo servire i poveri avvenimenti del mondo a insegnamento soprannaturale.
Costoro, quando vogliono muovere guerra ad un altro re, esaminano con calma e attenzione ogni cosa, il pro e il contro, meditano se l’utile della conquista valga il sacrificio delle vite dei sudditi, studiano se è possibile conquistare quel luogo, se le loro milizie, inferiori della metà a quelle del rivale, anche se più combattive, possono vincere; e giustamente pensando che è improbabile che diecimila vincano ventimila, prima che avvenga lo scontro mandano incontro al rivale una ambasceria con ricchi doni e, ammansendo il rivale, già insospettito dalle mosse militari dell’altro, lo disarmano con prove di amicizia, ne annullano i sospetti e fanno con esso trattato di pace, in verità sempre più vantaggioso, tanto umanamente che spiritualmente, di una guerra.

Così dovete fare voi prima di iniziare la nuova vita e di schierarvi contro il mondo. Perché questo è essere miei discepoli: andare contro la turbinosa e violenta corrente del mondo, della carne, di satana.
E, se non sentite in voi il coraggio di rinunciare a tutto per amor mio, non venite a Me perché non potete essere miei discepoli».

Valtorta - Evangelo 281 ed. Cev