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gioiafelice
1886
Cardinale Angelo Comastri: "MARTIRI DI ABITENE Sine Dominico non possumus! (senza la Domenica non possiamo vivere!)" 12 febbraio. Domenica, giorno del risorto (mons. Angelo Comastri) Pienezza del tempo …Altro
Cardinale Angelo Comastri: "MARTIRI DI ABITENE Sine Dominico non possumus! (senza la Domenica non possiamo vivere!)" 12 febbraio.

Domenica,
giorno del risorto
(mons. Angelo Comastri)

Pienezza del tempo
o vuoto del tempo?


In occasione del giubileo dell’anno 2000, da più parti venne sottolineato questo paradosso: mentre noi cattolici celebravamo la pienezza del tempo, la società soffriva per una lacerante percezione di vuotodel tempo. Lo scrittore Pietro Citati, facendo riferimento alla situazione della società del benessere, è arrivato a dire che il disagio esistenziale è «come un gas diffuso in ogni angolo dell’Occidente».

Ma già nel 1845 Sören Kierkegaard avvertì che il tempo stava diventando banale. È nota la sua folgorante affermazione: «La nave [cioè la società] ormai è in mano al cuoco di bordo; e le parole che trasmette il megafono del comandante non riguardano più la rotta, ma quel che si mangerà domani». E pochi anni dopo Kierkegaard, Gustave Flaubert confidò: «Mi sento vecchio, usato, mancante di tutto. Gli altri mi annoiano come me stesso. Ciò nonostante lavoro, ma senza entusiasmo e come si fa un compito. Non attendo altro dalla vita che una sequenza di fogli di carta da scarabocchiare in nero. Mi sembra di attraversare una solitudine senza fine, per andare non so dove».

Nel secolo ventesimo questa patologia è diventata una epidemia. Tutti ricordiamo la conclusione alla quale arrivò lo psicologo Vittorino Andreoli, quando fu chiamato a studiare il caso dei giovani piemontesi, i quali, giocando a tirare sassi dal cavalcavia, uccisero una giovane sposa in viaggio di nozze. Andreoli disse: «Questi giovani non sono malati; non sono neppure cattivi. Purtroppo sono vuoti: e quindi incapaci di distinguere il bene dal male». La diagnosi è terribile! Però non dimentichiamo qual è il clima che genera questa deriva.

Victor Frankl ci aiuta a scoprire questo clima. Egli, come è noto, è il fondatore della nuova scuola di psichiatria conosciuta come logoterapia. Tale scuola tende a recuperare il paziente facendogli scoprire che la sua vita ha un senso, una ragione, uno scopo. Frankl ha scritto: «Ogni epoca ha le sue nevrosi e ogni epoca necessita di una sua psicoterapia. In realtà noi oggi non siamo più confrontati, come ai tempi di Freud, con una frustrazione sessuale, quanto piuttosto con una frustrazione esistenziale: cioè un abissale sentimento d’insignificanza della vita, intimamente connesso a un senso di vuoto interiore».1 E, basandosi su fatti e testimonianze concrete, Frankl osserva: «Le statistiche hanno dimostrato che la seconda causa di morte fra gli studenti americani (la prima è costituita dai sempre più numerosi incidenti automobilistici) è il suicidio. Anzi, il numero dei tentativi di suicidio (con esito non mortale) è di quindici volte più elevato. Di recente – continua Victor Frankl – mi hanno consegnato i risultati di un’apprezzata indagine svolta fra sessanta studenti dell’Università dell’Idaho, i quali avevano tentato il suicidio. Per l’85% il motivo dominante era che nella loro vita non riuscivano più a scorgere alcun significato. E di questo 85% un’altissima percentuale, il 93%, non presentava carenze fisiche o psichiche: provenivano da buone famiglie, avevano buona salute, riuscivano ottimamente negli studi, non accusavano particolari conflitti nelle relazioni con gli altri. Non si poteva certo parlare di un carente soddisfacimento dei propri bisogni».2 Eppure hanno tentato il suicidio. Perché? Perché percepivano la loro vita come un fluire di tempo senza senso. I genitori, gli educatori, gli operatori della comunicazione, i responsabili della società non possono sottovalutare questi dati, che rivelano la presenza nel cuore umano di un bisogno primario di luce che dia senso al tempo della vita, rendendola un’avventura bella e quindi degna di essere vissuta: e questa luce – diciamolo pure senza presunzione ma anche senza esitazione – è la religione!

Mario Soldati, scrittore contemporaneo piuttosto libero da appartenenze religiose, ha avuto l’onestà di dichiarare: «Tutto il guaio del mondo, oggi, è proprio questo: il mondo soffre per aver perduto la religione. E quasi tutta la poesia di oggi è, in un modo o in un altro, rimpianto di una religione perduta». E Norberto Bobbio, che si è sempre dichiarato ateo, sulla rivista Micro Mega alcuni anni fa rilasciò questa singolare confidenza: «Siamo circondati dal mistero. Sento di essere arrivato alla fine della vita senza aver trovato una risposta alla domanda ultima [è drammatica ... questa dichiarazione!]. La mia intelligenza è umiliata. E io accetto questa umiliazione». Ma – tutti lo sappiamo bene per personale esperienza – l’umiliazione non è ancora umiltà! E, proprio per questo, la conclusione di Bobbio è veramente amara: «Io accetto questa umiliazione, ma non cerco di sfuggire a essa con la fede». Non voglio esprimere giudizi su questa affermazione; a me sta a cuore sottolineare come in queste parole si percepisca il sentimento della sconfitta della ragione umana staccata dalla fede in Dio. Gli stessi Max Horkheimer e Theodor Adorno, che con Herbert Marcuse sono stati gli esponenti più illustri della Scuola di Francoforte, hanno riconosciuto la sconfitta della ragione che si è proclamata autosufficiente e si è chiusa al mistero. Essi, con disarmante lealtà, hanno dichiarato: «L’Illuminismo, inteso nel senso più ampio di pensiero in continuo progresso, ha perseguito da sempre l’obiettivo di togliere agli uomini la paura e di renderli padroni. Ma [ecco l’amara e ironica confessione!] la Terra interamente illuminata risplende all’insegna di una trionfale sventura».

Anche Giuseppe Prezzolini, al pari di Bobbio, al termine della sua lunga vita dichiarò: «Eccomi qui solo, disperato, senza verità, senza appoggio, senza nessuna voce che mi risponda a queste domande: dove sono? dove vado? da dove vengo? Non so chi interrogare». E quasi afferrato da un sussulto e da un sospetto di speranza, aggiunse: «È mai possibile che la cara persona che lavora accanto a me e le immagini di coloro che ho incontrato non siano altro che accidenti meccanici [cioè fenomeni che accadono meccanicamente] di un mondo che si svolge senza requie e senza scelte in un silenzio spirituale assoluto, dove nulla conta, nulla vale, nulla ha senso?».

Questi interrogativi feriscono noi credenti in quanto credenti, cioè in quanto portatori di una meravigliosa risposta (la bella notizia!) che è la risposta riguardo al senso della vita: la risposta che hanno cercato Bobbio e Prezzolini. Da una parte, infatti, percepiamo che questa è un’epoca favorevole al Vangelo, perché oggi è letteralmente esplosa una domanda di senso della vita. Dall’altra parte, però, la nostra risposta non riesce a intercettare la domanda. Questo dramma deve diventare il pungolo che continuamente ci spinge a rivedere e a purificare la nostra pastorale e, di conseguenza, ci spinge a rivedere e a purificare la nostra vita personale e comunitaria: la pastorale, infatti, non è un piano d’azione sganciato dalla vita delle persone, perché non c’è apostolato quando ci sono i progetti d’apostolato ma non ci sono gli apostoli! Ricordiamolo bene!

Termino questa prima parte della mia relazione proponendo una pagina di Friedrich Nietzsche. Il filosofo della «morte di Dio» testimonia, suo malgrado, che è proprio la «morte di Dio» che conduce inesorabilmente alla «morte dell’uomo», cioè allo smarrimento di significato della vita umana. E così Nietzsche conferma quanto da più parti viene osservato ai nostri giorni.

Nel Frammento 108 de La gaia scienza Nietzsche con la consueta e sprezzante sicumera scrive: «Dio è morto, ma, per come sono fatti gli uomini, ci saranno, forse ancora per millenni, caverne in cui si mostrerà la sua ombra. E noi, dobbiamo vincere anche la sua ombra».3 Però, dopo poche pagine, nel Frammento 125, lo stesso filosofo ci consegna una confidenza sofferta e sanguinante, nella quale l’ateismo non è più presentato come una conquista ma come un altissimo dramma. Egli scrive: «Non avete sentito parlare di quell’uomo folle che nel chiaro del mattino accese una lanterna, corse al mercato e si mise a gridare senza posa: “Cerco Dio! Cerco Dio!”? Poiché proprio lì si trovavano radunati molti di quelli che non credevano in Dio, la sua apparizione suscitò grandi risate. “Qualcuno l’ha forse perduto?”, disse uno. “Si è smarrito come un bambino?”, disse l’altro. “O se ne sta nascosto? Ha paura di noi? Si è imbarcato sulla nave? È emigrato?”, così gridavano e ridevano fra loro. Ma l’uomo folle piombò in mezzo a loro e li trapassò con lo sguardo. “Dov’è andato Dio?”, esclamò. “Voglio dirvelo! Noi lo abbiamo ucciso, voi e io! Noi tutti siamo i suoi assassini! Ma come abbiamo fatto? Come abbiamo potuto bere il mare? Chi ci ha dato la spugna per cancellare tutto l’orizzonte? Che cosa abbiamo fatto quando abbiamo sciolto questa terra dalla catena del suo sole? In che direzione essa si muove adesso? In che direzione ci muoviamo noi? Via da tutti i soli? Non precipitiamo continuamente? E all’indietro, ai lati, in avanti, da tutte le parti? C’è ancora un sopra e un sotto? Non vaghiamo come attraverso un infinito nulla? Non alita su di noi lo spazio vuoto? Non si è fatto più freddo? Non viene continuamente la notte e più notte? Non bisogna accendere lanterne di mattina?”».4

Sono interrogativi brucianti e laceranti. Sono interrogativi ai quali Dio ha risposto e risponde con il dono di Gesù Cristo. Ma come arriva oggi a questo mondo il dono di Cristo? Arriva attraverso noi cristiani, chiamati ogni domenica a rinnovare l’esperienza del tempo pieno di Dio, per raccontarla a tutti con una vita riempita di risurrezione.

Un giorno per ricuperare
il senso di tutti i giorni

La domenica, infatti, è il giorno in cui noi cristiani celebriamo e facciamo esperienza della pienezza del tempo, cioè del tempo riempito di significato da Dio attraverso la morte e risurrezione di Gesù. La morte e risurrezione di Gesù ci dicono che il tempo va verso un oltre, va verso un compimento, va verso una pienezza. www.dehoniane.it/…/200511281a.htm